BRANCHINI, Era noto Vlahovic non volesse rinnovare
Ospite di Sky Sport 24, il noto agente Giovanni Branchini ha detto la sua sulla vicenda legata al futuro di Dusan Vlahovic: “La verità fino in fondo è difficile saperla, io credo che ci sia una cosa estremamente positiva e civile. Che a ottobre ci sia una chiarezza: personalmente, noi del settore l’avevamo già da tempo, che non vi fosse un interesse particolarmente forte, a livello sportivo, del calciatore di rimanere a lungo a Firenze e di rinnovare il suo contratto era cosa abbastanza nota. Poi le parti si confrontano, la Fiorentina ha avuto una fase di mercato in cui ha trattato la cessione di questo giocatore, come è normale che sia. Il calciatore oggi prende delle decisioni... Io non credo che vi siano motivi solo economici alla base di una scelta finale, penso che vengano usati per alzare una barriera invalicabile e interrompere una trattativa che non si vuole portare a termine. Però credo che questo faccia parte del gioco e sia giusto che il club pensi a proteggere il proprio investimento, ma ritengo che sia anche lecito che un calciatore decida in maniera diversa. Trovo meno lecito fare determinate richieste, ammesso e non concesso che sia vero, anche se queste spesse richieste spesso vengono proposte dagli stessi club. Una determinata condizione contrattuale non può essere lecita solo quando la propone il club e illecita quando la propone il suo agente. Ci vorrebbe più chiarezza su queste pratiche: ho letto di una percentuale sulla vendita del calciatore, cosa vietata da tutte le norme, ma che purtroppo spesso riscontriamo con la benedizione dei club, che accettano cose non consentite dai regolamenti. Ci vorrebbe più fermezza, più attenzione da parte di tutti”.
Fino a qualche tempo fa, andare a scadenza di contratto era più raro e c’era una sorta di ostracismo verso i calciatori a cui accadeva. Cosa sta cambiando?
“Credo sia importante ricordare come questa fosse una consuetudine molto italiana, in giro per il mondo questo non accadeva e non accade. Penso che sia un passo avanti, tra professionismi nessuno si inalbera o grida allo scandalo quando un club decide di non rinnovare un calciatore o non tenerlo nelle proprie fila. Come è dovere del calciatore dare il massimo fino all’ultimo giorno di contratto, penso sia normale per un club fare la stessa identica cosa. Abbiamo visto il Bayern Monaco farlo con Alaba la scorsa stagione, pur avendo tentato fino all’ultimo di rinnovare il contratto del calciatore. Non c’è stata possibilità di raggiunger l’accordo, anche lì per motivi sportivi perché la proposta del Bayern era molto interessante. Il calciatore non voleva rinnovare e così è accaduto”.
Lei ha vissuto l’esperienza con Montolivo, giocare a scadenza a Firenze è facile?
“Dipende. Forse diventerà difficile, perché sembra che le colpe siano del calciatore e del suo agente. Io non posso dare un giudizio, ma ripeto: nel mercato si sapeva che l’intenzione del calciatore era di non rimanere. È contento di rimanere a Firenze per uno o due anni, ma non per fregare la Fiorentina: vede la sua crescita ancora possibile lì e pensa magari che fra un po’ di tempo possa avere un mercato migliore e poter avere voce in capitolo sulla scelta. In questa analisi, è evidente che c’è un conflitto d’interessi ed è normale che sia il club che il calciatore facciano le loro decisioni. Montolivo ha giocato fino all’ultimo con gran parte della stampa e del pubblico contro, ma l’ha fatto sempre bene, con prestazioni che hanno suggerito agli allenatori di turno di schierarlo”.
Cosa pensa del decreto crescita?
“Il decreto crescita è stato una sciagura, moltissimi club hanno preferito i calciatori stranieri. Se n’è parlato poco, veniamo da Euro 2020 ma il nostro calcio ha bisogno di talenti e hanno bisogno di giocare per diventare tali. C’è l’impegno da parte della Federazione, ma non si è ancora riusciti a differenziare nel decreto crescita il ruolo per i calciatori nazionali e chi proviene dall’estero. Secondo me non dovrebbe essere applicato ai calciatori, se non a una tipologia che può essere per età o per compensi: in molti Paesi la normativa dipende dall’entità del contratto del calciatore. Va trovata una formula che non penalizzi, come accaduto, i giovani italiani”.
Tanti giocatori senza contratto. Come mai? Chiedono ingaggi al rialzo?
“Tutti fanno fatica a prendere le cifre che prendevano in passato. I giocatori non sono sprovveduti e gli agenti neanche. Non bisogna sottovalutare che la volontà di non rinnovare può dipendere dall’appeal che ha un potenziale nuovo club. Io sono convinto che se Brozovic viene avvicinato da un club di metà classifica inglese che gli offre il doppio rispetto all’Inter non sarebbe interessato. Mentre se si avvicinasse il Real Madrid e gli facesse un’offerta uguale, potrebbe avere il desiderio di cambiare e cimentarsi in realtà diverse. Non va sottovalutato questo, in molti casi l’ago della bilancia può essere spostato dalla caratura del club che si avvicina al giocatore in scadenza, non è solo un fatto economico. Dal lato delle società, si tratta di scelte da fare. Magari confermare un giocatore importante ti impedisce di fare due-tre innesti che possono avere un impatto maggiore. Raramente il calciatore determina in assoluto, ci sono situazioni in cui le squadre hanno necessità di rinnovamento e allora preferiscono distribuire il proprio potenziale economico”.