"OCCHI PUNTATI SU...", Luciano Zauri e quello strano concetto di sportività
"Quello che andrete a leggere non è un atto d’accusa a Zauri né tantomeno un tentativo subdolo di colpevolizzare un professionista per il quale nutriamo stima e considerazione. E’ solamente una riflessione sulla nemesi della vita che prima ti dà, poi ti toglie o viceversa…scegliete voi. "
Avremmo voluto intitolare…”Lettera aperta a Luciano Zauri” e dialogare liberamente con lui, magari dandogli del lei, come si fa quando la conoscenza è ancora allo stato embrionale. Facciamo una piccola premessa per raccontare, a quei pochissimi che non lo ricordano, chi è Luciano Zauri. Nato calcisticamente nelle giovanili dell’Atalanta, è considerato un Jolly difensivo con propensione per il ruolo di terzino che ricopre con profitto da più di 10 anni. Chievo e Lazio le altre due squadre che compongono la carriera professionistica del “nostro”, più la Nazionale azzurra con la quale ha collezionato 5 presenze. Si può, quindi, evincere come Zauri sia un giocatore di rodata esperienza, anche internazionale, e lo conferma il fatto che insieme a Mutu e Gilardino era uno dei tre che, sugli undici viola in campo a Lione, aveva già assaggiato l’erba della Champions League.
Il nome di Luciano Zauri era famoso ai più, oltre che per la dignitosa carriera che abbiamo fin qui sunteggiato, anche per l’episodio del fallo di mano che lo vide protagonista il 22 maggio 2005 con la maglia della Lazio. Teatro del misfatto l’Olimpico di Roma dove si presenta, in un pomeriggio assolato, una Fiorentina alla disperata caccia dei punti salvezza e che ebbe la ventura di passare subito in vantaggio con un gol di Maresca. Immediato il pareggio di Siviglia per la Lazio e assalto viola culminato con un tiro di Jorgensen destinato ad insaccarsi sotto la traversa. Ma, si sa, le cose non vanno mai come vorremmo soprattutto se il destino non ci da una mano. Purtroppo la mano ce la dette Zauri, però al contrario, visto che Luciano s’improvvisò portiere e tolse il pallone dalla rete con l’arto galeotto. Nessuno vide, nessuno si accorse…o meglio, tutti videro, tutti si accorsero, meno che l’arbitro ed assistenti vari sparsi (non si sa a fare cosa) per il rettangolo verde. Il buon Zauri non negò ne ammise, si limitò a tacere, spalleggiato dal compare Giannichedda che giurò e spergiurò che la palla era stata deviata con la testa e quindi in modo regolare.
E siamo ai giorni d’oggi, più precisamente a ieri sera, allo Stade de Gerland di Lione. Traggo testualmente dalle dichiarazioni di Zauri: “Sul capitolo fair-play abbiamo sempre dato l'esempio, buttando fuori la palla per primi. Nel mio caso l'arbitro dice che non mi ha visto, anche se sui colpi alla testa sarebbe responsabilità sua intervenire. Non se ne è accorto neanche il guardalinee. Se ci fossimo trovati nella situazione opposta? Serve buonsenso…”. L'episodio a cui fa riferimento è il gol, contestatissimo, dell'1-2 del Lione, ma ahimè, Fairplay e buonsenso sono parole che, dopo quanto abbiamo raccontato, non hanno diritto di cittadinanza. “…Non se ne è accorto nemmeno il guardalinee…”, esattamente, aggiungiamo noi, come 3 anni fa quando a parti invertite il fairplay ed il buonsenso brillarono per la loro assenza nei pressi dello stadio Olimpico di Roma. E’ stato anche sfortunato il terzino viola; “scherzato” a più riprese dal fenomeno Karim Benzema durante tutto il primo tempo (Luciano mette sul piatto, comunque, il cross perfettamente eseguito per il primo gol di Gilardino), l’allenatore francese Puel lo risparmiava nella ripresa spostando al centro il fuoriclasse franco algerino. Nonostante questo al 73’ lo scontro al centro dell’area è proprio fra Zauri e Benzema con il viola che con la sua involontaria presenza a terra, tiene in gioco lo stesso attaccante lionese sull’azione che porterà al gol dell’1-2. Come se non bastasse, l’infortunio si rivela più grave del previsto (c’era di mezzo la testa, non c’è da scherzare) e Zauri sarà costretto ad uscire in evidente stato confusionario. Una serataccia, come ne capitano tante nella vita.
Come abbiamo premesso, l’intento non è di accusare chicchessia (non ne abbiamo i titoli né il diritto), bensì di porre in evidenza (come disse Foscolo) “l’alterna onnipotenza delle umane sorti”, un modo forbito per dire “Oggi a te, domani a me”, con la certezza che alla fine, nella vita come nel calcio, torti e vantaggi si pareggiano. Sta a noi spostare la bilancia dalla nostra parte, magari professando quel buonsenso del quale parlava Zauri qualche ora fa.