"AMARCORD", Kurt Hamrin e Stefan Schwarz, due svedesi che 'accesero' Firenze
“C‘è un’ala al mio paese che non ha rivali in Europa. Si chiama Kurt Hamrin. Il giorno che metterà piede in Italia, farà stravedere". La frase è di Nils Liedholm, “grande vecchio” del calcio svedese e del Milan, e risale alla metà degli anni Cinquanta. Non ce n’era bisogno, ma questa dichiarazione rende omaggio una volta di più al “Barone”, e fa capire lo spessore del personaggio, competente ma anche dissacratore con i suoi modi ironici e gentili. All’epoca Kurt Hamrin ha poco più di vent’anni e una fama ancora acerba fuori dai confini svedesi. In patria tuttavia è già qualcosa più di una promessa: frequenta infatti la Nazionale, da quando si è rivelato precoce talento nelle file dell’AIK Solna, squadra di un sobborgo di Stoccolma (per inciso l’ultima avversaria svedese dei viola, successe nei sedicesimi di Champions League 1999). Vola leggero come un "uccellino" (e questo diventerà in Italia il suo soprannome), tanto il suo dribbling è leggero; quando però si tratta di colpire, la sua efficacia è micidiale. La Fiorentina del presidente Befani lo acquista nel 1958 dopo che lo svedese aveva militato in due riprese nella Juventus e nel Padova. Arriva da vice-campione del mondo, titolo conquistato nei mondiali appena conclusi, di Svezia appunto, dove, insieme a Liedholm, era stato battuto in finale dal fantastico Brasile di Pelè. L’effetto-Hamrin fu dirompente e basta il dato numerico della sua prima stagione a sintetizzarlo: 26 gol in 32 partite. Stupiva soprattutto, del nuovo idolo di Firenze, la leggerezza soave con cui levitava sulla partita, una sorta di foglia sospinta dal vento sempre nella stessa direzione: il gol. Dribbling fulminante, tiro implacabile dopo il classico zig-zag in area che ubriacava i difensori disorientando il portiere. Kurt, idolo della folla, capace di cancellare l’ombra malinconica di Julinho l’asso della fantasia e del primo scudetto del 1956. Kurt Hamrin restò inafferrabile pilota dell’attacco fino al 1967, cogliendo tra l’altro un prestigioso primato. Accadde nel campionato 1963-64: seconda giornata di ritorno, a Bergamo la Fiorentina superò l’Atalanta con un eclatante 7-0 e ben 5 reti portavano la firma dell’inafferrabile Kurt, che diventava (e rimane tuttora) primatista assoluto delle reti segnate in trasferta in una sola partita. Arrivarono poi i tempi della Fiorentina ye-ye ed Hamrin fu considerato vecchio. Lasciò Firenze con lo score di 289 presenze e 151 gol (record assoluto, anche questo, di reti in maglia viola), solo recentemente battuto dal "Re Leone" Batistuta con 152 (ed effettivamente era una lotta impari fra il re della foresta ed un piccolo volatile). Lo rivolle Nereo Rocco, suo ex scopritore al Padova, nel Milan dove vinse ancora (scudetto, coppa Italia e Coppa Coppe in due anni). Nella Fiorentina vinse invece due coppe Italia (1961 e 1966), una Coppa delle Coppe (1961 ed una Mitropa Cup (1966). Quindi l’ultimo trasferimento, a Napoli. Lasciò il Vesuvio per tornare a Firenze, la sua patria di elezione, con la sua attività economica (esportazione di lampadari in Scandinavia) e contatti inevitabili col mondo del calcio.
Hans Jürgen Stefan Schwarz nasce a Malmö l’8 aprile 1969. Centrocampista "di forza", inizia a giocare nelle giovanili del Bayer Leverkusen per poi essere comprato dal Malmö FF. Si ritira il 4 marzo 2003 all'età di 34 anni, dopo una stagione negativa della sua squadra, il Sunderland, ultimo nella Premier League. Dichiara di voler diventare allenatore, tornerà in Portogallo nel paese natale della moglie per cercare di ottenere la licenza UEFA da allenatore, ma per il momento è un "football agent". Schwarz ha indossato la maglia della nazionale Svedese a Euro 92, e nelle coppe del mondo del 1990 e 1994. Il suo ricordo più bello è sicuramente quello del 3° posto nella coppa del mondo del 1994 in USA e la nomina di "Miglior giocatore Svedese dell'anno" nel 1999 grazie al suo essenziale contributo alla qualificazione della Svezia nell'europeo. Arriva in maglia viola nel 1995 voluto dall’allora DS della Fiorentina Oreste Cinquini che, di concerto con l’allenatore dell’epoca Claudio Ranieri, puntava ad un centrocampo “muscolare” con Bigica, Cois e Piacentini a far da corollario, illuminati dalla fantasia e dall’eleganza di Rui Costa. Rendimento altissimo, professionalità ai massimi livelli, Stefan non tradisce le attese e si attesta, nella categoria dei mediani di rottura, ai primissimi posti della storia viola. Mancino puro, dotato comunque di un tiro potente ancorché poco preciso, terminerà la sua militanza in viola con lo score di 78 presenze e 2 gol in serie A, vincendo la storica Coppa Italia del 1996 e la Supercoppa Italiana nella medesima stagione. Nell’ultima stagione sarà capitano, nonostante il modulo di Malesani lo penalizzasse, relegandolo spesso all’esterno come centrocampista di fascia. Nessuna polemica comunque e Schwarz, secondo una consumata tradizione dei giocatori svedesi, se ne andò in punta di piedi come se ne era venuto.