11 maggio 1969, 29° e penultima giornata del campionato 68-69. Fiorentina di scena a Torino, dove conquisterà il secondo scudetto della sua gloriosa storia. Chiarugi e Maraschi i goleador e nella mente dei tifosi viola resta indelebile quella int
Oggi è un tranquillo signore di 61 anni che allena in C2 il Poggibonsi, ma la sua vita è trascorsa con il giglio sul petto, da quando faceva il raccattapalle al “Comunale” di Firenze a quando si è messo a forgiare il carattere di giovani campioncini del futuro. Flachi, Zanetti, Amerini…tutti prodotti della primavera viola, guidata da Luciano Chiarugi. Incontriamo “Cavallo pazzo” nella settimana di Juventus – Fiorentina ma Luciano ci stoppa subito: ”Guardi, a me il soprannome Cavallo pazzo non è mai piaciuto. Non mi rappresenta. Io le posso dire che ho sempre avuto la testa sulle spalle. Certo correvo, correvo tanto e veloce”.
Come quel giorno a Torino, l’11 maggio 1969 per la precisione, e quella corsa intorno al campo dopo il gol che voleva dire “scudetto” (la Fiorentina vinse per 2-0 ed era il secondo dopo quello del 56’) rimarrà per sempre nella memoria dei tifosi viola. Luciano, a cosa pensava mentre correva? “Pensavo alla maglia che portavo, a Firenze, pensavo che un’emozione simile la auguro a chiunque si avvicini a questo sport. Pensavo che stavamo facendo qualcosa di grande”. Sono passati quasi 40 anni da quel giorno e per uno strano gioco di incastri la Juventus è entrata in modo indelebile nel destino di Chiarugi, nel bene e nel male. Abbiamo detto dello scudetto, ma c’è anche una finale del “Viareggio” malamente perduta contro un giovanissimo Del Piero nel 94’. Oppure quelle maledette cinque partite che conclusero il campionato 92-93, dopo una sconfitta per 3-0 contro i bianconeri che esonerò di fatto Agroppi e consegnò il timone della squadra alla coppia Antognoni – Chiarugi, che però non riuscirono ad evitare la retrocessione in serie B. “Anche quando fui ceduto al Milan (nel 1972), la Juventus mi fece un brutto scherzo. Eravamo primi all’ultima giornata e perdemmo clamorosamente per 5-3 a Verona. La Juve battè la Roma all’Olimpico con un gol al 90’ e ci sorpassò… roba da non credere”.
Torniamo allora a sorridere. Luciano, ci racconti del voto di Ferrante: “Beh, fu una scommessa che ci portò fortuna. Ugo promise che si sarebbe tagliato i capelli se avessimo vinto lo scudetto, e così... Ricordo che dopo quella vittoria non tornammo subito a Firenze perchè fummo ospiti della “Domenica Sportiva”, e lì si consumò il famoso taglio, ma mi lasci dire una cosa; arrivammo a Firenze circa alle 5 del mattino e trovammo ancora tanti tifosi ad aspettarci, nonostante l’ora. Ci raccontarono di una grande festa e avevano ancora gli occhi lucidi per la felicità”. L’ultima domanda è un ponte fra passato e presente. Esiste nel calcio di oggi un altro Luciano Chiarugi? “No, sono altri tempi. In passato mi hanno accostato a Donadoni, recentemente a Chiesa, io però ero più forte sulla velocità, sull’allungo. E poi non mi piacciono i paragoni, ognuno è figlio del suo tempo, ed io ho nostalgia dei miei anni. A proposito, fosse per me si tornerebbe a vestire i numeri classici sulle maglie, dal due all’undici. Oggi non ci si capisce più niente…”. Grazie Luciano, vecchio cuore viola.