La Conference sia un punto di partenza, non una dimensione. Bene la conferenza stampa a caldo con tutti i dirigenti: ci aspettiamo un rilancio. La classifica delle 10 priorità per ripartire dallo "zoccolo duro" richiesto da Palladino

La Conference sia un punto di partenza, non una dimensione. Bene la conferenza stampa a caldo con tutti i dirigenti: ci aspettiamo un rilancio. La classifica delle 10 priorità per ripartire dallo "zoccolo duro" richiesto da PalladinoFirenzeViola.it
Oggi alle 09:40L'editoriale
di Angelo Giorgetti

Bisogna intendersi sul valore degli obiettivi e ognuno ora tira l'acqua al proprio mulino, capiamo però che il sesto posto con 65 punti (miglior risultato degli ultimi 10 anni) sia un buon motivo per attribuire a questa stagione un valore ascendente.

In effetti qualcosa è stato migliorato. E anche sprecato, in un finale in cui la Fiorentina si era avvicinata alla Champions rischiando poi di restare fuori da tutto.

Il problema è che la Conference dopo 4 anni deve essere un punto di partenza, non una dimensione. Chi scrive ammette che sia meglio quella dello zero assoluto, anche se a livello estetico le partite della fase a gironi appartengono alla categoria degli spettacoli calcistici evitabili, bisognerebbe forse trovare un modo per accedere direttamente agli ottavi di finale. Del resto la Fiorentina è quella che ha il maggior numero di partite giocate nella storia di questa competizione, magari potrebbe chiedere una deroga (scherziamo, ma mica tanto).

In fondo il problema è: dimostrare di saper crescere sul serio nonostante la Conference.

A parte il "meritiamo di più" cantato a Udine dai tifosi viola alla fine della partita, è proprio il sentimento di disillusione diffuso fra la maggioranza silenziosa che dovrà essere combattuto: la proprietà dovrà puntare verso il salto di qualità che tutti le chiedono per rianimare i sogni. L’unica certezza che avevamo, a prescindere dal risultato finale, è che il gruppo dirigenziale non sarebbe cambiato, almeno non per volontà del proprietario: Commisso ha ampiamente dimostrato di rispettare le persone di cui si fida, quindi figuriamoci ora dopo il finale che ha rimesso in sesto una parte delle aspirazioni.

Quindi ascoltiamo chi c’era, c’è e probabilmente resterà fino a quando sarà Commisso il detentore del bene sportivo di Firenze. Il fatto che fra poche ore prendano la parola proprio i dirigenti viola è una buona notizia, la volontà sembra quella di fortificare il sesto posto e spingerlo nel futuro. Il fatto che il presidente Commisso sia collegato dagli Stati Uniti aggiunge valore, perché è appunto quello che tutti vorrebbero capire: che intenzioni ha la proprietà dopo 6 stagioni che l’hanno condotta tre volte ai margini della vittoria di un trofeo, senza convincere del tutto per i compromessi in fase di campagna acquisti/cessioni e conduzione tecnica?

Sul conto di Palladino, siamo certi di una cosa: non potrà che migliorare. Sia detto senza ironia, perché gli ultimi mesi avrebbero temprato perfino Mourinho e figuriamoci un giovane allenatore come lui.

Gli auguriamo di saper trasformare in gioco almeno il 10% del cinismo che la squadra ha mostrato quando era con le spalle al muro, ma anche nelle fasi più felici per i risultati contro le big; gli auguriamo anche di saper ottenere sempre il massimo da giocatori obiettivamente rivitalizzati, di cui Kean rappresenta lo spot assoluto. Infine gli auguriamo di avere più coraggio quando serve davvero, perché la possibilità di fare un salto verso l’Europa League o addirittura la Champions deve ricevere l’energia delle migliori formazioni, non come quelle viste in campo a maggio contro Roma, Betis e Venezia, scelte dei cambi comprese

Ripartire da uno zoccolo duro di 10-12 giocatori, questo ha chiesto con chiarezza Palladino. Ci permettiamo di elencare in modo del tutto personale una classifica delle priorità. Al numero 1 Kean, prodigioso e decisivo anche nelle ultime due partite (anche se dovrebbe rassegnarsi ad avere una concorrenza, o almeno un’alternativa nel ruolo, perché ripetere un’altra stagione con un solo centravanti sarebbe voler sfidare il destino). Al numero 2 di questa classifica mettiamo Gosens, perfino commovente per impegno, risultati e contributo per fortificare il gruppo. Sul podio anche De Gea, decisivo per quattro quinti di stagione e solo "normale" nel finale, ma comunque tanta roba. Al quarto posto Comuzzo, perché sarebbe un bel segnale. Poi al quinto Dodo, perché si parla tanto (troppo) di lui nonostante abbia un contratto non esattamente vicino alla scadenza, cioè nel 2027. Fagioli arriva a ruota dei primi e non ci saranno problemi, visto che l’acquisto diventerà obbligatorio. Ranieri è un altro tipo da "zoccolo duro", soprattutto se riuscirà a convogliare l’aggressività eccessiva di alcuni atteggiamenti in energia da condividere con i compagni. C’è posto in questo gruppo anche per Mandragora (ottavo), insieme a Cataldi (nono). Adli (decimo) ci piace assai, anche se la continuità non è stata il suo forte. Meriterebbe una conferma anche Pablo Mari (undicesimo). Quanto vorremmo trovare posto anche per Gudmundsson, magari al numero 12, anche se capiamo che i dubbi sono tanti e quello maggiore, purtroppo, dipende da una vicenda extracalcistica. Ma prepariamoci ad ascoltare i dirigenti, dai quali ci aspettiamo un rilancio con forza e umiltà. Quella non guasta mai, speriamo che il passato abbia insegnato qualcosa.