PRANDELLI, Gli occhi di Cesare in un Franchi 'hot'
Cesare Prandelli entra in campo, guarda la Fiesole, la Tribuna, la Ferrovia, la Maratona. Annuisce, alza e abbassa le braccia. Carica lo stadio e si emoziona. Dagli occhi, dallo sguardo, si legge chiaramente che avrebbe pagato per essere lui in campo insieme ai suoi ragazzi. Già, perché l’«Artemio Franchi» ieri era una bolgia, una ‘torcida’ bollente. Chiamare fischi il frastuono assordante al quale erano costretti i giocatori del Lione a ogni accenno di fraseggio, a ogni sospiro, a ogni azione, è quasi riduttivo.
«Henry portiere, Frey centravanti», scrive la Curva Fiesole. La ‘Francia ladrona’ contro la quale sono stati puntati gli indici inquisitori di tutta Europa, fa proseliti anche a Firenze. Soprattutto qua, ci mancherebbe. Perché in riva all’Arno, memoria europea insegna, la ‘Juventus di Francia’ ha già abituato i tifosi gigliati a episodi alquanto discutibili.
In principio fu il gol del Lione, scorsa edizione di Champions League, con Zauri a terra, in barba al fair play. Ultimo eclatante episodio, l’espulsione di Gilardino nella gara d’andata. Perché, di fatto, quella gomitata era lieve e non certo volontaria, sicuramente non punibile col rosso diretto. La Uefa corresse la decisione del direttore di gara, riducendo di un turno la squalifica del centravanti, ma intanto la trasferta d’Oltralpe era andata e compromessa e anche la presenza di Gila contro il Liverpool in casa.
PRANDELLI ieri allo stadio si è girato a 360 gradi, prima del fischio d’inizio. A dispetto di alcune delle ultime gare in casa, dove molti settori del «Franchi» erano terra deserta, ieri di spazi vuoti ce n’erano decisamente meno. Una Curva Ferrovia così ricolma di tifosi e d’affetto si era vista solo contro i Reds, poi tocca andare indietro nel tempo per ricordarla così caliente e piena. Prima dell’inizio della sfida, campeggiavano anche due striscioni formato gigante: una maglia viola e una scritta, «al tuo fianco sempre resterò». Non serviva ribadirlo, soprattutto a Prandelli. I suoi occhi, durante l’inno della Champions, parlavano da soli.