I RACCONTI DELLA FIESOLE, "Ecco la mia verità sul gemellaggio col Verona"

Storie di vita, storie di tifo, storie che nascevano nella curva Fiesole degli anni 70' e 80'. Ce le racconta un protagonista dell'epoca, Simone, quando andare in curva significava orgoglio, passione e senso di appartenenza.
12.10.2008 01:35 di  Stefano Borgi   vedi letture
Fonte: Simone Giuliani, tifoso della curva.

Nel codice non scritto degli ultras le cose bisogna specificarle senza superficialità: innanzitutto, il titolo da scoop giornalistico dell’articolo scorso non è farina del mio sacco ma del valente mèntore che mi permette di esprimermi su questo sito. I veronesi sono senza dubbio un gruppo che ha fatto storia ed il gemellaggio con loro ha avuto ed ha un senso anche profondo; il fatto grave da parte nostra è l’essersi appiattiti troppo su di loro e sul loro modello, una volta venuto meno il ricambio generazionale. Quei pischelli viola viziati ed inetti che si sono presentati l’anno della B a Livorno con le sciarpette gialloblu passando sotto la Nord, e che all’invito dei labronici di toglierle o fare dei leali testa-testa hanno risposto piagnucolando e chiedendo loro pietà, avrebbero dovuto subire le nostre cinghie. Invece tutti a lamentarsi dei livornesi, che peraltro avevano tenuto un atteggiamento più che corretto (ve lo immaginate veder caracollare sotto la Fiesole diciottenni idioti dall’aria strafottente con i vessilli della juve?!).

 

Altra precisazione che mi preme fare: è chiaro il mio orientamento politico ma questo non vuol dire assolutamente mancanza di obiettività. Ad esempio, penso che la migliore tifoseria vista a Firenze negli ultimi 15 anni siano stati gli ascolani in notturna sempre l’anno della nostra B. Compatti, validi esteticamente, numerosi; veramente un gruppo di notevole spessore. Per quanto riguarda i pisani, sono una realtà che ha fatto passi da gigante da quando si asserragliavano sotto i sedili degli autobus dell’Ataf in piazza Conti in un derby dell’84. A tutt’oggi, lo ripeto, sono una delle pochissime realtà ultras a tutto tondo d’Italia soprattutto perché hanno forza e dignità e cercano di trasmettere la loro etica ed il loro credo anche ai più giovani. E questo in modo assolutamente indipendente dai risultati della squadra. Sono una spanna sopra anche a quei già citati e tanto decantati livornesi, i quali hanno dimostrato scarsa mentalità nel continuo lamentio vittimistico per diffide e cazzi vari che tutti in Italia hanno comunque dovuto subire in questi anni. Come dire: sono stati più interessati al lato estetico della faccenda e questo a me ha molto deluso.

 

Una provocazione finale sulla quale riflettere: ma è proprio così necessario portarsi appresso tutte queste ragazzette con i loro gridolini isterici? Ve le immaginate truccate e con le loro stupide macchine fotografiche digitali nella nostra trasferta di Pescara di inizio anni 90; trecento in treno, pietre scagliateci addosso dalla stazione (non quella centrale) allo stadio Adriatico, carica nostra sotto la loro tribuna e ritorno alle 4 di notte? Quante di loro frequentano la curva A di Napoli o quella di Catania?
A proposito: un saluto a quei vecchi Rangers del Pescara, uno dei più grandi gruppi mai esistiti, che venivano a Firenze a fine anni 70 a prendere lezioni di tifo.