BUFFON A FV, Marchetti del Cagliari ha un grande futuro
Gordon Banks, Lev Yashin e Gianluigi Buffon. Si gioca sul filo di lana, tra questi tre monumenti della storia del calcio, la palma del miglior numero uno della storia. Difficile scegliere, difficile optare per qualcuno. Epoche diverse, per ritmo, preparazione, atleticità. Ognuno il migliore della sua epoca, ognuno di questi lascerà un ricordo indelebile nella mente degli appassionati. Al futuro, intanto, ci pensano i preparatori della Nazionale italiana Bordon e Castellini, coadiuvati dal tecnico dell'Under 19 Rocca e da Pazzagli. A Coverciano, infatti, si sta tenendo uno stage per giovani portieri nati tra il '90 ed il '93 al quale oggi si è presentato anche Gianluigi Buffon per regalare ai suoi presunti futuri eredi preziosi consigli sull'essere numeri uno. Intervistato in esclusiva da Firenzeviola.it, si è soffermato su molti temi riguardanti la scuola italiana ed il sempre più alto numero di stranieri che popola pali e traverse del Belpaese. Allo stage presenti anche i viola Seculin ed il '93 David.
Partiamo dalle sue condizioni fisiche: Juventus e Italia sono ormai pronte a riabbracciarla a braccia aperte...
"A disposizione tornerò a gennaio, ma tra dieci giorni riprenderò a correre. Intanto ho voluto dare un'occhiata a questi giovani talenti qui a Coverciano..."
Prima di concentrarci su questo, però, è duopo uno sguardo al campionato.
"Credo che la Juventus possa andare in scia all'Inter per lo Scudetto e sperare nel sorpasso alla fine. Credo che la mia squadra sia comunque più avvantaggiata in Champions, sulla gara secca, piuttosto che in Serie A, dove serve anche continuità di rendimento".
Piccola parentesi di mercato: andrà al Manchester City?
"Al fantacalcio pensavo quando ero giovane, ora mi piace pensare solo a quello giocato...".
Anche perché, qualora lasciasse l'Italia, qui le grandi resterebbero tutte, o quasi, affidate a numeri uno stranieri...
"Ho un'idea su questa "globalizzazione" del mio ruolo. A volte si esagera nell'affidarsi a portieri stranieri, ma alcuni di loro, come i brasiliani, hanno dimostrato di essere degni delle maglie che vestono. Penso a Rubinho nel Genoa, Doni nella Roma e Julio Cesar nell'Inter. Questi, però, hanno fatto la loro gavetta in Italia e sono stati aiutati dalla nostra scuola di preparatori prima di affermarsi".
Il percorso inverso l'ha fatto il Milan: fuori Dida e dentro Abbiati.
"I rossoneri hanno sofferto di brasilianite, ma ora Abbiati è tornato e questo è l'esempio che anche i grandi club possono commettere degli errori di valutazione".
Come si spiega, però, che nelle big gli italiani fatichino così tanto ad affermarsi?
"Quello del portiere è un ruolo di grandissima responsabilità. Gli italiani, forse, sono meno impermeabili alle critiche, soprattutto quando vestono le maglie delle grandi squadre. Gli stranieri, invece, non sono cresciuti con il blasone delle varie Inter, Juventus e Milan sulle spalle e si adattano più facilmente".
La Nazionale, intanto, pare che fatichi a trovare un suo erede.
"Non è vero, in Italia ci sono comunque dei buonissimi portieri. Penso ad Amelia del Palermo, ma anche Curci che sta facendo un bel campionato a Siena. Oppure Marchetti: ha grandi prospettive e lo seguivo anche la scorsa stagione quando era in B con la maglia dell'Albinoleffe".
A questi giovani che si stanno preparando con gli occhi sognanti a Coverciano, che consiglio si sente di dare?
"La cosa che conta di più, per un portiere, oltre ai mezzi tecnici e fisici, è la personalità. Si deve essere sbruffoni e arroganti, questo permette di sopravvivere più a lungo agli errori che in un ruolo come questo sono più elevati ed evidenti".