UNA FACCIA DELL'ITALIA E' GENNY IL CAMORRISTA... L'ALTRA E' FIRENZE, CON LA SUA GENTE ARMATA DI AMORE E SENSO CIVICO. PRADE' HA RAGIONE: I DELLA VALLE POTREBBERO STUFARSI. INTANTO VIA ALLE STRATEGIE: MERCATO AVANTI TUTTA, RITIRO, TOURNEE ...
"Non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono...". Giorgio Gaber è immortale perché i suoi versi erano attuali ieri, lo sono oggi e domani lo saranno ancora, scommettete pure. Chiunque sia dotato di buon senso e abbia a cuore la civicità, non può essersi sentito italiano sabato sera all'Olimpico. Con il calcio, uno spaccato della nostra Italia - sia chiaro a tutti -, sotto schiaffo di nuovo. Perché è l'Italia ad essere sotto schiaffo.
Non interessa se ci sia stata trattativa o meno con il figlio di un camorrista, vestito con una maglietta intrisa di vergogna. Conta solo che istituzioni e un giocatore, inviato dalla sua società - nonostante i dettami della Lega vietino assolutamente relazioni tra club ed estreme del tifo-, siano andati a parlare con un pregiudicato, detto "Genny la Carogna", condannato in passato per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti. Oltre da un provvedimento di Daspo, ma quest'ultimo è una camomilla in confronto al resto...
E' stato Genny a dettare le condizioni, mentre le sue milizie scatenavano una pioggia di bombe-carta sui malcapitati in quella zona, compresi i vigili del fuoco. Tanto che uno è rimasto ferito. Ma questi petardoni come hanno fatto ad entrare in curva...?
La faccia di Genny - e poi diteci come si fa a non rivalutare le fatiche di Cesare Lombroso - è il volto malato di un Paese che è uguale in ogni settore: la perdita di valori, la mancanza di educazione, il concetto di impunità, sono diventati stelle polari di una sconfitta (che tristezza le parole del presidente De Laurentiis in sala stampa: una difesa a spada tratta, la sua, del comportamento di certi ultrà e del dialogo con questi).
Possiamo processare il calcio quanto vogliamo, ma se non abbiamo forza o voglia (forse entrambe le cose) di difenderlo, e questo può farlo solo lo Stato, non risolveremo mai il problema. Eppure gli inglesi e la Tatcher dovrebbero aver insegnato tutto... Noi no, per carità, ci mancherebbe altro: qualcuno potrebbe sentenziare che i provvedimenti sono troppo duri... E allora tenetevi Genny, lui sì che sa come applicare la legge, la sua, però...
L'altra faccia dell'Italia è Firenze e anche stavolta non c'è niente di casuale: se il Rinascimento ha prosperato per secoli a questa latitudine, qualcosa vorrà dire. Trentamila anime viola che non hanno sgarrato, ma tifato come si deve. Chi era all'Olimpico aveva una responsabilità, rappresentare una città in trasferta; l'esame è stato superato a pieni voti. La sconfitta, di fronte ad una serata di tregenda, diventa un dato secondario. Amore e senso civico. Anche quei 5mila che ieri hanno applaudito la squadra di Montella alla prima uscita in allenamento dopo la finale di Coppa Italia, sono la faccia di come si possa ripartire creando un modello di calcio migliore.
Attenzione, però, alle parole di Pradè: i Della Valle, che da anni si impegnano per produrre un pallone virtuoso nei conti economici e nei comportamenti, di fronte a fatti come quelli dell'Olimpico potrebbero stufarsi. "Sta a noi - ha spiegato il diesse viola - procurarli entusiasmo". Bene, speriamo sia così, ma i Della Valle dovranno essere aiutati anche dal calcio a non farsi passare la voglia.
Intanto loro, il presidente Cognigni, Pradè e Macia, dopo questa partita, accenderanno le micce del mercato: il riscatto di Cuadrado, l'arrivo di un paio di difensori - uno potrebbe davvero essere Samuel -, l'acquisto di un centrocampista e magari di un attaccante di scorta per Gomez e Rossi, saranno i punti principali. Poi la società porterà avanti i programmi nel settore del marketing e chiarirà le date del ritiro e della tournée.
Il primo obiettivo sarà tagliare il traguardo del quarto posto: con il tonfo dell'Inter nel derby, ai viola basterà battere domani il Sassuolo per avere la matematica certezza della quarta piazza in classifica. Coraggio, manca davvero poco.
Mario Tenerani
Il giornale