L’udinese un’illusione, Parma la dura realtà: questa Viola è da serie B. I confronti interni una presa in giro, la lentezza sull’affare Paratici una costante. Almeno gli garantiranno piena autonomia?
Si può saltare a piè pari il commento della gara di ieri, sia perché non aggiungerebbe niente di nuovo a quanto già detto e scritto negli ultimi 4 mesi, sia perché di calcistico da commentare c’è ben poco. Almeno per chi non si accontenta di qualche occasione o non era rimasto strabiliato dal trionfo su un’Udinese mai realmente scesa in campo. Ancora una volta la Fiorentina trasmette soprattutto disinteresse, come se la classifica fosse un problema altrui, e come se per salvarsi non servisse affrontare ogni duello come fosse l’ultimo. Ovvio, vedere il mondo viola - leggere alla voce dirigenza - restare inerme a osservare il naufragio in tribuna non aiuta il gruppo, ma cosa va commentato in una squadra che ancora una volta sbaglia atteggiamento e infila la decima sconfitta stagionale?
La presa in giro dei confronti interni
Sarà stato il successo di domenica, il ritorno alla vittoria, o ancora la boria di chi sventolava la cinquina all’Udinese come il segnale della guarigione, fatto sta che in settimana non sono andate in scena chiacchierate nello spogliatoio, con la conseguenza che a Parma la Fiorentina è ancora in preda ai suoi fantasmi. I famosi confronti interni che tanta unità avrebbero dovuto regalare restano teorici, perché in campo nessuno aiuta nessuno e, anzi, Kean diventa l’emblema dell’egoismo di una squadra nella quale tutti si sopravvalutano, pensando di poter risolvere da soli il match. Lo specchio di una società che si considera tutt’oggi incolpevole per non dire invulnerabile, alla faccia delle solite migliaia di tifosi che in un sabato festivo invadono Parma e si ritrovano di nuovo presi in giro.
La conferma di Vanoli non cancella le preoccupazioni
In uno scenario del genere, in cui ancora una volta solo la tifoseria viola salva la faccia, andrà considerato anche l’impatto ininfluente di Vanoli. Ora che le gare sotto la sua guida tecnica sono in tutto 10, con 2 sole vittorie (con Dinamo Kiev e Udinese) 2 pareggi e 6 sconfitte, il giudizio non può che essere negativo, anche perché neppure sotto il profilo tattico è risultata sufficiente la chiave di lettura di un Parisi più alto per spingere il modulo verso il 4-3-3 ibrido. Considerato che anche sul piano mentale il tecnico non è parso capace di farsi seguire più di tanto (basti pensare alle tante vicende di Reggio Emilia) la sua conferma dopo il k.o. di ieri può persino preoccupare, perché fino ad ora la sua mano non solo non si è vista, ma la regressione viola prosegue ininterrotta
Affrettare l’ingresso di Paratici e garantirgli massima autonomia
Il problema è che d’ininterrotta non c’è solo la caduta della squadra, ma la reticenza della società a prendere atto di una situazione che sta precipitando. Non si spiega altrimenti non solo l’immobilismo in cui versa l’arrivo di Paratici, ma pure il fatto che al Viola Park (dove la novità del ritiro è durata pochissimo) si pensi più a difendere poteri, ribadendo la catena di comando attuale, piuttosto che correre ai ripari. Ci sarebbe bisogno di di uno stravolgimento generale, nella squadra certo, ma anche nella dirigenza ridotta all’osso, la stessa nella quale già si rivendica la scelta (comunque tardiva) d’inserire una nuova figura con maggiori competenze. Di certo c’è da augurarsi che se e quando Paratici arriverà gli venga garantita piena autonomia, perché per l’attuale management parla da solo un 2025 che si chiude nel peggiore dei modi, pur sempre in linea con il declino evidente di tutto il club accelerato dalle dimissioni di Palladino quando ancora da Bagno a Ripoli, prima dell’estate, dai vertici si ribadiva solo come all’interno del centro sportivo regnasse la più assoluta unità. Una caduta senza freni che nessuno pare aver voglia d’interrompere. Dai calciatori, all’allenatore fino ai dirigenti e ovviamente alla proprietà.
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