Spesi 92 milioni e nessun acquisto fa la differenza. Pioli ha sbagliato a sopravvalutare la rosa e se stesso, ora ritrovi praticità. Ma da 6 anni è il solito film: tante colpe agli allenatori, poche ai dirigenti. A Pisa il bivio è già decisivo

Spesi 92 milioni e nessun acquisto fa la differenza. Pioli ha sbagliato a sopravvalutare la rosa e se stesso, ora ritrovi praticità. Ma da 6 anni è il solito film: tante colpe agli allenatori, poche ai dirigenti. A Pisa il bivio è già decisivoFirenzeViola.it
Oggi alle 00:00L'editoriale
di Angelo Giorgetti

Ci aspettavamo molto di più da Pioli e non da un gruppo dirigenziale che è qui da 6 anni, le strategie precedenti ci raccontano la realtà meglio di qualsiasi giudizio preconcetto. Le grandi spese estive però inchiodano alle sue responsabilità anche l’allenatore, che ha dichiarato di aver condiviso ogni mossa (lamentandosi solo per una rosa troppo ampia, ma qui torniamo alle scelte fatte in passato dal management).

I problemi sono tanti e sul piano pratico il principale probabilmente è questo: Pioli ha sottovalutato la difficoltà di ribaltare l’idea di gioco, spingendola verso la ricerca di qualità senza avere interpreti in grado di raggiungerla, almeno non così in fretta senza meccanismi imparati bene, digeriti, strutturati. E come può essere riuscito un club a spendere più di 90 milioni - per essere esatti 92, ha specificato Pradè con un certo orgoglio - e aumentare un monte ingaggi già alto senza aggiungere un titolare in grado di incidere in un reparto perennemente rivoluzionato dal 2019, cioè il centrocampo?

A occhio sembra più complicato alzare la qualità in quel settore se si pesca in squadre che hanno lottato per la retrocessione, oppure sono retrocesse, a meno che non ci si auguri che l’allenatore sia in grado di creare un’alchimia rigenerativa per partire forte. Finora è successo esattamente l’opposto e - a parte gli errori di valutazione che Pioli ha certamente commesso - continuiamo a credere che un club davvero in grado di interpretare il calcio dovrebbe avere sistemi di connessione molto più ampi, in modo da prevenire quello che stiamo vedendo. Nessuna avvisaglia? Zero segnali di fragilità, vivendo ogni giorno dentro il Viola Park e seguendo gli allenamenti, parlando con i giocatori, valutandone gli umori, intercettandone le eventuali perplessità?

Ci dispiace davvero per Pioli e qui non stiamo a ripetere che è una persona per bene innamorata di Firenze, questo lo sappiamo e abbiamo accolto con favore la scelta della società definendola sorprendentemente ‘funzionale’ dopo il clamoroso addio di Palladino, ma poi è l’allenatore che deve fare la differenza e mostrare sul campo le proprie capacità. Pochi guizzi per ora. Perfino il cambio di modulo contro il Como non è stato secondo di noi un segnale particolarmente positivo, nel senso che alla scossa iniziale è seguita una costante sfioritura e le inutili sostituzioni hanno peggiorato la situazione, allargando la crisi all’impatto zero della panchina. Può infatti essere un problema, se dopo 4 giornate di campionato siamo a mettere in discussione un assetto provato per due mesi. Non stiamo parlando della rinuncia alla linea a tre in difesa, resa in realtà ibrida dalle posizioni di Dodo e Gosens, ma della ripetuta incapacità di organizzare un gioco ambizioso senza esporre la squadra alle sbandate.

Pongracic ci sembra il simbolo di una squadra che punta sui duelli personali, essendo in realtà capace di vincerne pochi, almeno contro i più forti. Lasciamo perdere il Napoli che non fa testo, ma ripensiamo alle sfide personali fra i giocatori viola e quelli del Como: quante ce ne sono state a favore della Fiorentina?

Continua poi a resistere l’equivoco dell’attacco con Kean meno devastante, non abbiamo capito quanto convinto di dividere gli spazi. ‘Eh, ma in Nazionale con Retegui c’è riuscito…’, dirà qualcuno. Con tutto il rispetto per Estonia e Israele, pensiamo che il Napoli e il Como abbiano fasi difensive più solide e allora è (anche) questione di categorie. La piccola rivoluzione del 4-4-2 con Fazzini in un ruolo alla Bove non è servita per innescare un reparto indubbiamente capace, dove però la sintonia fra Kean e Piccoli è emersa solo nel taglio incrociato che l’ex Cagliari ha fatto per liberare Moise al tiro di sinistro, poi alto. Ci sono dunque troppe cose che non quadrano e i 2 punti dopo 4 giornate sono lo specchio di una ricerca di identità che ha sbattuto contro un muro.

I dati sono questi: la Fiorentina è senza identità e probabilmente Pioli ha sperato di moltiplicare il valore della rosa, si è fidato troppo di se stesso in qualità di allenatore capace di plasmare l’anima della squadra. Se l’idea era quella di ribaltare il concetto di gioco della Fiorentina, per ora siamo lontanissimi dall’equilibrio che serve per generare forza e continuità. Le espressioni dei giocatori in campo raccontano di una difficoltà generale, gli sguardi non mentono e neanche il linguaggio del corpo: Pioli deve in fretta recuperare praticità, servono punti e non progetti triennali di qualificazione in Champions, perché purtroppo il dominio in campo non si costruisce a tavolino e neanche con le frasi motivazionali appese nel centro sportivo.

Nel frattempo è ripresa la contestazione della curva è questa è una notizia che certifica l’esaurimento del già declinante bonus-Pioli, dato ampiamente prevedibile considerati i due punti in classifica in quattro partite.

E’ ripartita sui social la bambola della caccia all’allenatore, film già ampiamente visto negli ultimi anni attraverso il Web. In vista del derby con il Pisa, che rischia di essere già decisivo, dopo Italiano e Palladino anche Pioli è già entrato nel mirino,  mentre da 7 anni resiste la zona di parziale comfort per i dirigenti che disegnano strategie e scelgono gli allenatori. E’ questo un grande spettacolo che deve avere una logica, anche se a noi onestamente sfugge.