SPERIAMO NON SIA FINITA LA BENZINA. FIORENTINA STANCA, MANCA BRILLANTEZZA. ITALIANO FACCIA GIOCARE SOLO CHI CE LA FA. PRAGA ANCORA POSSIBILE, CI SI DEVE CREDERE. JOVIC, TERZIC, AMRABAT… IL VIZIETTO DEI SOCIAL

13.05.2023 10:10 di  Mario Tenerani   vedi letture
SPERIAMO NON SIA FINITA LA BENZINA. FIORENTINA STANCA, MANCA BRILLANTEZZA. ITALIANO FACCIA GIOCARE SOLO CHI CE LA FA. PRAGA ANCORA POSSIBILE, CI SI DEVE CREDERE. JOVIC, TERZIC, AMRABAT… IL VIZIETTO DEI SOCIAL
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Ci sono due facce della stessa medaglia. C’erano quelli che non pensavano al Basilea, la loro concentrazione era solo su Praga. Biglietti, organizzazione viaggio, tour della città, per altro bellissima, impagabile nel suo antico fascino. Più o meno sono gli stessi che adesso dicono: “E’ finita, la Fiorentina è fuori”. Ma è così tanto difficile misurarsi con la realtà attraverso un grammo di equilibrio? Il Basilea non era e non è un ostacolo facile da superare, ma la partita qualificazione è ancora aperta. Niente è perduto, magari compromesso un po’, certo, ma gli svizzeri se la devono guadagnare la prima finale nella storia europea di quella nazione. Tocca ai viola rendere loro la vita facile oppure no, buttandoli fuori dalla Conference a casa loro. Non esiste neppure più la regola, meno male (era obsoleta), del gol in trasferta che vale doppio. Con lo 0-1 la squadra di Italiano va ai supplementari. Davvero crediamo che sia un’impresa titanica arrivare al novantesimo con questo risultato? Via, siamo seri. 

Ora vogliamo pesare la Fiorentina, tutta, nessuno escluso. Ora è interessante capire il temperamento di questo gruppo davanti al primo vero impedimento della stagione in Conference. Nessuno si offenda perché il percorso fino da oggi dei viola in Europa è stato bellissimo, ma Twente a parte - la Fiorentina in Olanda rischiò l’osso del collo - quale avversario è sembrato ostico? Il Basilea, cliente della semifinale, si è presentato come il primo all’altezza della Fiorentina. La calma olimpica di Vogel in panchina, la classe di Diouf - giocatore sublime, ha già le valigie per la Premier -, la velocità a tutta fascia di Ndoye (visto che deve fare un esterno?) -, la contraerea della difesa elvetica guidata da Nuhu -, sono state le linee guida di una squadra, non trascendentale, ma quadrata, spigolosa, esperta a livello internazionale, molto più della banda di Italiano. Niente a che vedere con scozzesi, irlandesi, turchi, lettoni, portoghesi e polacchi. La salita per la Fiorentina si è fatta ancora più aspra quando ha capito di non poter contare su uomini fondamentali come Amrabat (autonomia di mezz’ora), Mandragora, Gonzalez, Bonaventura e Ikonè. Difesa alta, sì, ma protetta zero dalla mediana. C’è stato un calo, netto. Se ne sono accorti tutti.

L’ultimo squillo della Fiorentina è stato il 17 aprile con l’Atalanta quando il pareggio sarebbe potuto essere una vittoria. Dopo abbiamo visto poco. Sconfitta con Poznan e Monza, quest’ultima arrivata dopo i primi 20 minuti giocati a mille e dopo luce spenta. Lo zero a zero con la Cremonese, il minimo sindacale per sbarcare in finale di Coppa Italia. La manita alla Samp non conta perché i blucerchiati erano ormai retrocessi nella testa. Quindi tre gol presi dalla Salernitana e la battuta d’arresto del Maradona contro una squadra ormai in vacanza. Insomma, c’erano stati indizi pesanti circa la perdita da parte dei viola di quella brillantezza che aveva caratterizzato la marcia della Fiorentina dalla metà di febbraio a quella di aprile. Può succedere, anzi, accade a tutti. Chi prima chi dopo. Prendete l’Inter: oggi i nerazzurri fanno paura nella loro esposizione muscolare di potenza, tecnica e classe. Il primo aprile, quando furono sconfitti dai viola a San Siro, erano ancora pallidi parenti di quelli che hanno demolito il Milan in Champions. Se staranno ancora così il 24 maggio servirà una Fiorentina pazzesca per riportare a casa la Coppa Italia dopo 22 anni. Ma ci sarà modo di parlarne. 

Ora conta solo Basilea, giovedì prossimo. Domani con l’Udinese ci sarà bisogno di turn-over. E in Svizzera? Toccherà a Italiano fare la differenza. Chiariamo un concetto: se la Fiorentina nella stagione scorsa è arrivata settima e in questa è in finale di Coppa Italia ed è a lottare ancora per quella di Conference, è perché il gioco di Italiano, anche con i suoi difetti, ha pagato in termini di punti, risultati ed estetica. Ma questo non significa che sia migliorabile e che Italiano - chi scrive lo stima molto - sia esente da critiche. Con il Basilea non ha centrato la formazione e i cambi probabilmente dovevano essere fatti in anticipo perché già negli ultimi minuti del primo tempo i segnali di cedimento erano evidenti. Anche questa è esperienza. Italiano è al terzo anno di serie A e al primo nelle coppe, cerchiamo di ricordarlo sempre. Così come la società, al debutto assoluto in Europa. Si cresce tutti insieme, sbagliando sul campo. Con quantità copiose di umiltà e di autocritica. Se il problema è un serbatoio vuoto, diventa arduo riempirlo in pochi giorni. Ci sono solo soluzioni alternative. Intanto sfruttare al meglio i litri rimasti. Poi fare affidamento sulla forza dell’adrenalina che dovrà scorrere nelle vene dei viola in Svizzera. E infine indovinare le turnazioni. Perché una cosa è chiarissima: qualcuno che ha tirato la carretta fino ad oggi deve accomodarsi in panchina. Quanti cambi? Deciderà Italiano ci mancherebbe altro, ma se Gonzalez o Ikonè stanno così vale la pena insistere? E’ un esempio. Può riguardare Amrabat e Mandragora: Castrovilli è più fresco, magari Duncan. Barak può sostituire Bonaventura

Mentre uno dei pochi a resistere è Cabral perché ha realizzato il gol numero 16 in stagione. Arturone non è un fenomeno, ma ce la mette sempre tutta e piano piano le reti arrivano. Non si può dire lo stesso di Jovic che forse è più attratto dai social. E’ stata una brutta storia, dentro ci è finito anche Terzic. Di cosa si lamentano di due calciatori? Delle scelte di Italiano? Dimostrino sul campo di essere migliori di chi gioca al posto loro. Hanno chiesto scusa nel pomeriggio dopo che per ore era rimasto a galleggiare quel post. Che ricordava quello fatto da Amrabat nell’ultimo giorno di mercato di gennaio, quando il marocchino si sentiva già a Barcellona. Il vizietto dei social ha colpito ancora. Nell’era della comunicazione blindatissima dei club, le maglie si allargano improvvisamente e arriva il gol che non ti aspetti, quello che imbarazza i dirigenti. Cose dei tempi moderni quando tutto dovrebbe essere controllato e dove invece i giocatori fanno come vogliono. Si sono scusati, benissimo. Speriamo che trovino parole convincenti anche per il loro allenatore. Perché nello spogliatoio è tutto più duro. Poi a giugno si vedrà.