Chissà perché capitano tutti a me? Perché a Firenze arrivano solo imprenditori poco interessati a far calcio?

Chissà perché capitano tutti a me? Perché a Firenze arrivano solo imprenditori poco interessati a far calcio?FirenzeViola.it
Oggi alle 00:00L'editoriale
di Stefano Prizio

L’Italia calcistica ha perso identità poiché da paese che badava al sodo puntando in primis al risultato ed alla solidità, ha iniziato ad addentrarsi per le insidiose strade della ricerca del bel gioco (concetto sempre relativo) ed è invece finita impantanata lontano dai mondiali, senza giovani talenti che possano riscattarla in breve prospettiva, condannata alla marginalità perdurante. E così pare andare anche per la Firenze calcistica che ha perso l’identità di città eroica ed  ironica la quale rifuggiva l’idolatria. Ed è invece diventata città prona e calcisticamente acritica verso i potenti proprietari di turno del club viola.

E una volta smarrita l’identità è del tutto normale che finisca per attirare sempre lo stesso tipo di imprenditore il quale a tutto è interessato fuorché a fare calcio fra le amene colline laddove scorre il fiume che era d’argento ed ora è marrone come lo sterco.

Infatti una volta il progetto si chiama ‘cittadella viola’, un’altra è l’ abbinata stadio e centro sportivo, anche se a Commisso ne è riuscito solo uno su due.

E la prova provata del nove dell’identità perduta e dell’inquadramento nello status di città servile, saranno le prevedibili reazioni ad un articolo come questo, reazioni che diverranno un’apologia delle buone intenzioni del padrone narrato come un’opera pia e non come un imprenditore il quale, anche giustamente, mira al proprio tornaconto. E nel contempo il crucifige per l’estensore del pezzo e per chiunque osi mettere in dubbio le qualità assolute di colui che ci usa la carità di manutenere la Fiorentina, fosse anche nel più squallido anonimato.

In tale clima prono cedevole e sottomesso può pure accadere che a Radio FirenzeViola (giovedì scorso a ‘Garrisca il vento’) si forniscano i numeri di bilancio che certificano come minimo il danno economico che il club viola ha patito a causa dei lavori al Franchi e poi il dg Ferrari sul dorso fiorentino di un noto giornale nazionale rappresenti tale danno ancora più gonfiato: ’Solo di biglietti perdiamo 5 milioni l’anno’, e tutto senza che chi lo intervista muova un ciglio. E di ciglia non ne battono neppure in queste ore quando ancora Ferrari, Dg di un club ultimo in classifica, si lamenta che l’amministrazione non abbia ‘aiutato’ il club per lo stadio come se il compito di una municipalità fosse quello di agevolare un multimiliardario nello sviluppo delle sue aspirazioni immobiliari, il dg viola cita il caso Milano laddove la giunta di centro sinistra ha ormai trasformato il capoluogo meneghino in una città per milionari ed ha favorito gli interessi di due fondi di investimento come Redbird e Oaktree in nome del pallone con la discutibile operazione S.Siro.

Del resto questa tediosa vicenda dello stadio qualcuno l’ha già lucidamente chiamata ‘arma di distrazione di massa’.

A Firenze così è se vi pare. Mesto è il destino di una piazza calcistica di una città senz’altro bella, ma di una bellezza immobile, non rinnovata da mezzo millennio e adagiata sull’ingegno dei suoi avi e incapace di mutare, città che sembra aver perso il piglio ribelle che la connotava.

Una città calcistica che, come quelle povere fanciulle aduse ad essere riempite di botte da uno snaturato genitore, ricercano e trovano la violenza e la subalternità quali perno di ogni loro successivo rapporto sentimentale.

E infatti anche alla Fiorentina calcistica capita sempre lo stesso tipo di proprietario che più bistratta il gioco del calcio e più viene adulato senza che alcuno possa dissentire.

In futuro, presto o tardi chissà, potremo cambiare proprietario ancora una volta, ma finché non ritornerà la mentalità orgogliosa di una piazza che viene cantata come fiera, anche se non lo è da un pezzo, mentalità che si riverberi un po’ anche sulla capacità critica di tifoseria e stampa, accoglieremo sempre come salvatore qualunque nuovo proprietario senza domandarci quali interessi lo muovano, censurando anzi o attaccando chiunque tenti di illuminarci in proposito. Il sonno della ragione genera mostri per dirla come il pittore spagnolo Francisco Goya.