Tra scuole di pensiero e battibecchi sul dischetto. Da Berna a Gud: quando il penalty è un caso
Sembrava una semplice domenica mattina, quando è stato Albert Gudmundsson a sollevare l’ennesimo polverone di polemiche in casa Fiorentina. L’islandese è uscito allo scoperto sui social network, sbugiardando Vanoli sul caso del rigore contro il Sassuolo, quando il tecnico aveva dichiarato d’essere stato proprio il numero 10 a rifiutarsi di calciare il tiro dal dischetto. Gudmundsson ha prontamente smentito l’allenatore, mettendolo sicuramente in difficoltà in vista della conferenza stampa che terrà mercoledì (quando gli verrà certamente chiesta una spiegazione) al Viola Park, alla vigilia del match con la Dinamo Kiev. In un momento caotico come quello attuale, un’altra questione spinosa da risolvere non aiuta certamente il lavoro dell'allenatore. Eppure, la problematica rigori era già venuta fuori negli ultimi anni in casa Fiorentina.
Da Bernardeschi a Mandragora: lista lunga
Prima di arrivare al battibecco tra Kean e Mandragora di sabato scorso, il primo ricordo che balza alla mente di chi tifa Fiorentina da non troppi anni va alla stagione 2016/17, quando in un match casalingo contro il Palermo furono Bernardeschi, Kalinic e Ilicic e fiondarsi sul dischetto e a discutere davanti a tutti su chi dovesse incaricarsi della battuta. A spuntarla fu il primo, che realizzò il penalty ma lasciò ampi argomenti di cui parlare nei giorni successivi. Altri casi analoghi, se pur non riguardanti diverbi in campo, si riscontrano nelle più recenti gestioni tecniche dell’era Commisso: l’ultimo anno di Italiano, infatti, la Fiorentina visse una fase di “mal di rigore” con cinque errori su sei tra gennaio e marzo 2024 ad opera di più giocatori, da Ikoné a Bonaventura fino a Biraghi e Beltran, senza un rigorista fisso designato a calciare. Mentre con Palladino ci fu il tiro dagli undici metri fallito da Kean contro il Milan, nel campionato scorso, che fece dibattere vista la contemporanea presenza in campo di Gudmundsson, il quale aveva dato ampie garanzie (doppietta con la Lazio) sui tiri dal dischetto.
Precedenti di Gudmundsson e diverse scuole di pensiero
Nell’ultimo episodio elencato, fu lo stesso Palladino a chiarire in conferenza stampa: "Le gerarchie le ho stabilite io: il primo rigorista è Gudmundsson, il secondo è Kean. Ma oggi è stato Albert a cedere il pallone a Moise". Una spiegazione lucida e che potrebbe essersi ripetuta due giorni fa a Reggio Emilia, almeno stando a quanto riferisce Gudmundsson rispetto alle dichiarazioni di Vanoli. D'altra parte, va anche detto che lo stesso islandese era già stato protagonista in passato di alterchi sul dischetto, come quelli con Retegui contro Salernitana e Monza ai tempi del Genoa. Tornando a questa stagione, invece, si sono visti calciare rigori in maglia viola dall’ex Genoa, da Kean e da Mandragora, con una gerarchia che l’allenatore avrebbe stabilito in favore del primo ma con i dati di fatto che la mettono inevitabilmente in discussione (anche contro il Bologna, nonostante la presenza di Gudmundsson, il secondo rigore l’ha calciato Kean). Tra gli allenatori non esiste una linea di pensiero continua, c’è chi designa un rigorista fisso e chi invece lascia liberi i protagonisti di decidere sul momento - trend che però, restando tra gli esempi recenti in casa viola, continua a pagare poco -. Resta il fatto che in una fase a dir poco confusionaria come questa, per Vanoli c’è un’altra gatta da pelare di cui avrebbe fatto volentieri a meno in vista delle prossime interviste e conferenze stampa verso le gare con Dinamo Kiev e Verona.
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