Proviamo a far giocare 10 partite a Gud. Forse la chiave è la fiducia totale: lui è Kean la soluzione migliore

E’ passato anche l’infortunio alla caviglia. Già col Como Gudmundsson era in panchina. Poi Pioli non lo ha inserito perché probabilmente non era ancora al cento per cento. Adesso, però, ci siamo. La pazienza è finita e il discorso non riguarderebbe solo l’ex attaccante del Genoa. Ma vogliamo concentrarci su di lui perché crediamo che spetti ai calciatori di maggior talento e fantasia aiutare la squadra a fare la differenza.
Non si può più aspettare - L’islandese è arrivato da oltre un anno a Firenze, ma ancora, salvo taluni sprazzi, non è riuscito ad incidere. Sicuramente i guai fisici non lo hanno aiutato, ma anche lui ci ha messo del suo. Non è mai stato quello di Genova. L’islandese in rossoblu era determinante per gol e assist. Sembrava libero e allegro per il campo. Dove per altro faceva quello che l’istinto gli dettava. Deve tornare ad essere quel calciatore.
Questione fiducia - Per rivivere quei momenti felici ha bisogno di sentire sulla pelle la fiducia totale del suo allenatore. Con qualche differenza, ma la situazione è simile a quella vissuta da Kean. Moise è esploso a Firenze perché per la prima volta in carriera ha ricevuto in dono la maglia con la promessa che nessuno gliel’avrebbe sfilata. Non si girava nemmeno a guardare la lavagna luminosa perché sapeva che ad uscire sarebbe stato un altro. A gennaio, poi, Palladino e dirigenza per renderlo ancora più sereno evitarono di prendere anche una banale riserva per mettersi al sicuro. Kean ha ripagato tutti con gli interessi. Con Gudmundsson Pioli potrebbe ripetere l’operazione. Tra l’altro il rapporto con questo allenatore è diverso e migliore rispetto al precedente. Tutti pretendiamo di più, tanto di più, da Gud, ma oltre ragionevole dubbio, serve una scossa. La frustata potrebbe manifestarsi con una maglia sicura per almeno 10 partite consecutive. Al termine di questo mini percorso arriverebbe la sentenza, senza più alibi o attenuanti. Prandelli fece così quando arrivò a Firenze nella stagione in corso 20/21. Gli bastò un allenamento per capire che Vlahovic era pronto per esplodere. Ci parlò e lo tranquillizzò dicendogli che per diverse partite il serbo sarebbe stato titolare, ma lui avrebbe dovuto dare risposte forti sul campo. Vlahovic decollò, grazie a questa iniezione di fiducia e grazie anche a Renato Buso che lo prese in consegna spiegandogli tutti i movimenti dell’attacco.
Con Kean coppia giusta - Pioli ha provato l’assetto con due punte, Kean e Piccoli, ma per adesso non pare funzionare. Dzeko è indietro e forse può servire più nei finali di partita. Moise e Gud, così diversi come caratteristiche, alla fine sono i più complementari. L’estro dell’islandese può e deve innescare il centravanti viola. E soprattutto può lasciare spazio in avanti a Kean. Moise si esalta quando è da solo a lottare contro due-tre difensori. Sembra il suo terreno di caccia ideale. Se Pioli tornerà alla difesa a tre, potrà cercare l’equilibrio con una mediana formata di cinque uomini. Davanti un trequartista nomade come Gudmundsson al servizio di Kean.
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