LA VERA STORIA DI "CAVALLO PAZZO"

Il pretesto sono i 65 anni di Luciano Chiarugi. L'occasione, invece, è buona per spiegare da dove nasce la storia di "Cavallo pazzo" che da sempre lo accompagna, e perchè allo stesso Luciano quel soprannome non piaccia, se ne discosti, quasi lo rifiuti. Partiamo dalla metà degli anni '60, quando il ragazzo di Ponsacco imperversa sui campi di calcio italiani, dopo una gavetta a suo modo gloriosa nella Fiorentina "ye-ye". Luciano è un estroso, è riconoscibile, è un dribblomane veloce dinamico, infiamma le platee con quel suo modo di giocare, divide il tifo in chiarugiani ed anti chiarugiani. Insomma, è un talento mancino e per questo difficile da gestire. Un giornalista dell'epoca, evidentemente appassionato di cow-boy, di indiani, che a casa aveva la collezione completa di Tex Willer, pensa bene di soprannominarlo "Cavallo Pazzo" prendendo spunto dal capo Sioux "Crazy Horse" (Tashinka Uitko nella lingua madre) che nasce dalle parti di Ripid Creek intorno al 1841. "E' una storia curiosa - confessa Luciano - e non ho mai saputo chi abbia avuto l'idea di questo soprannome. So che questo capo indiano era un estroso, uno di grande personalità, un pò come me, al quale piaceva vincere le battaglie da solo. Io, per il mio gioco, ero un individualista, un accentratore, ma non per egoismo bensì perchè seguivo le mie caratteristiche. Era lo stesso allenatore che mi chiedeva di cercare l'uno contro uno, di trovare il fondo, di puntare l'uomo, ma la mia azione non era mai fine a se stessa. Magari scartavo l'avversario due-tre volte, lo ricercavo,lo riscartavo, ma allo stesso tempo guardavo a centro area se c'era un compagno da servire. Io giocavo sempre per i compagni, è che a volte davo l'impressione di giocare da solo, come "Cavallo Pazzo" il capo Indiano. Da quì il soprannome..." Ma le piaceva? "Da giocatore non mi dispiaceva - prosegue Luciano - semmai mi ha dato noia da allenatore perchè quando uno guida dei ragazzi, li allena, deve dimostrare maturità, ed io in verità sono sempre stato una persona posata, equilibrata. E lo sono stato anche da allenatore, però quel soprannome a volte mi toglieva un pò di credibilità. Dicevano... Come fa uno che in gioventù è stato un "cavallo pazzo" ad insegnare la disciplina, a far diventare uomini i nostri ragazzi? La storia, invece, ha detto il contrario perchè dalle mie squadre sono usciti grandi giocatori (Flachi, C.Zanetti, Amoroso, Vigiani...) e ragazzi eccezionali. Quindi il soprannome "Cavallo Pazzo" non vuol dire niente..."
Chiudendo il discorso sul capo Sioux "Crazy Horse" diciamo che (caratteristica rara negli indiani) egli era riccioluto e di colore chiaro. Anche da qui l'accostamento con Luciano Chiarugi. E poi "Cavallo Pazzo" diventò ben presto un grande capo guerriero delle tribù di Toro Seduto e Nuvola Rossa, la storia gli attribuisce grandi doti carismatiche, addirittura alcuni istruttori di scuola militare americana considerano "Cavallo Pazzo" il più grande stratega indiano mai esistito. Insomma, a parte le credenze e le dicerie popolari, un personaggio niente male. Comunque, volente o nolente, Luciano Chiarugi, per tutti, sarà per sempre "Cavallo Pazzo", il ragazzo che, nato e cresciuto nelle giovanili viola, ha contribuito (e che contributo! Ricordate il gol decisivo a Torino contro la Juventus dell'11 maggio 1969? Ricordate il giro di campo che ha fatto storia?) come pochi altri alla gloriosa epopea viola, prima con la nascita della Fiorentina ye-ye, poi con il fantastico tricolore del 1969. Luciano Chiarugi, il ragazzo di Ponsacco, Cavallo Pazzo...fate voi, per noi sarà per sempre un caro, vecchio, cuore viola.
Testata giornalistica Aut.Trib. Arezzo n. 2/07 del 30/01/2007
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