ELETTROSHOCK SOUSA: UNA RIVOLUZIONE FRETTOLOSA?
Nessuna sentenza, ci mancherebbe altro. Settembre non è certo il mese dei giudizi. Troppo presto per valutare il lavoro di un allenatore arrivato soltanto 3 mesi fa a Firenze dopo una guida tecnica con ideali solidi e marcati. Lungi da noi, quindi, addentrarci in facili sentenze dettate dalla delusione di un risultato negativo. Analizzare e riflettere su quanto visto fino ad ora, è però un dovere.
Partiamo da un assioma: qualcosa è cambiato (cit.). La Fiorentina di Sousa, proprio come il misantropo razzista interpretato da Jack Nicholson nella celebre pellicola del ’97, sembra ripudiare spudoratamente gli ideali e la filosofia di quella di montelliana memoria. Una strada netta, delineata e tracciata fin dalle prime uscite, in campo e non solo. Approcci praticamente opposti a qualsiasi ambito, che sia tecnico, comunicativo o gestionale. Un cambiamento radicale. Un elettroshock vero e proprio che ha rivoluzionato la Fiorentina in tutto e per tutto.
Spesso, in estate, abbiamo fatto riferimento a questi cambiamenti con accezione più che positiva. L’apertura mediatica di squadra e tecnico, il gioco più accorto e “cattivo”, l’inedito cinismo mostrato nelle prime giornate. Tutti elementi che sono mancati negli anni scorsi e che tutti abbiamo sempre evidenziato come i limiti della Fiorentina di Montella. Come detto però, riflettere è doveroso e alla luce della brutta prestazione di ieri sera e soprattutto delle facce alterne e schizzofreniche mostrate dalla Fiorentina in questo avvio di stagione, pensare ad un processo di cambiamento troppo frettoloso e radicale non è eresia.
Dal tiki-taka al catenaccio. Così molti quotidiani hanno aperto stamattina. Concetto forte, probabilmente esasperato, ma sarebbe da miopi non aver notato le nette differenze che mostra la Fiorentina a pochi mesi dall’avvicendamento Montella-Sousa. Dalla debacle di Siviglia, dove i viola avevano continuato a far gioco anche dopo il vantaggio degli andalusi, alla sconfitta interna col Basilea suggellata dalle parole dell’ex Pescara Bjarnason che si è detto sorpreso di aver visto una Fiorentina chiusa in difesa dopo il momentaneo vantaggio (LEGGI QUI). 10 uomini dietro la linea della palla, pronti a ripartire in cerca del giusto contropiede. Il 1° comandamento dell’uno, inserito nel libro del “cattivo allenatore” dell’altro. Un cambiamento rivoluzionario, radicale, impegnativo. Ecco sì, impegnativo.
Nessuno, come già ribadito più volte (giusto farlo per evitare facili malintesi), può permettersi di sentenziare sul lavoro di Sousa, diamogli tempo e sicuramente otterrà i risultati cercati sul piano del gioco e su quello degli obiettivi, ma una domanda dovremmo forse porcela: un processo del genere, non aveva forse bisogno di un po’ più di tempo? O meglio, non sarebbe dovuto avvenire per gradi? Domande legittime, frutto di una notte europea che ha mostrato una faccia preoccupante della Fiorentina.
Dopo 3 anni ad alti livelli, con un gioco collaudato e probabilmente unico (almeno in Italia), apportare modifiche così radicali e tentare di inculcare ideali praticamente agli antipodi a giocatori scelti e allenati proprio per quella filosofia di calcio, risulta ad oggi essere forse un azzardo. Il modello Allegri in questo dovrebbe fare scuola, un tecnico chiamato a sostituire Conte sulla panchina dei pluri campioni d’Italia, che è riuscito addirittura a superare gli incredibili risultati del suo predecessore. Lucidità e intelligenza nel capire i punti di forza della squadra, umiltà nel riconoscere l’ottimo lavoro lasciatogli in eredità e capacità tecniche nel migliorarlo.
Nessuno imputa a Sousa di essere presuntuoso o geloso della sua idea di calcio ma, forse, col senno di poi, possiamo dire che un cambiamento del genere aveva bisogno di qualche step in più.