S. MEINI, Ecco come ho coronato il mio sogno
Un certo Steve Jobs diceva che “l’unico modo di fare un ottimo lavoro è amare quello che fai”. Per Sara Meini, eccellenza del giornalismo sportivo fiorentino, è proprio così. Fin da piccola coltiva la passione per il calcio, palesatasi più volte e in modalità differenti. Perché il calcio lo si può amare giocandolo e raccontandolo, meglio ancora se entrambe le cose puoi conciliarle, come nel caso di Sara Meini. E se scappi da scuola per andare a vedere gli allenamenti della tua squadra e quando ci sei giochi con i tuoi amici, vuol dire che quel pallone non ti lascerà mai. Al contrario di Meini, perché lei, per il calcio, un fidanzatino l’ha lasciato sul serio. Aveva la convinzione che la sua Sara preferisse la dolce compagnia alle partite del calcio del week-end, l’illuso. Tutto questo tocca il suo apice con Sara che veste la maglia del Firenze. Una centrocampista alla Rui Costa, per intenderci. Arrivava in anticipo al campo per tentare di “rubare” qualcosa alle giovani promesse della Fiorentina, altro dettaglio non di poco conto. Ma Sara Meini, come detto, il calcio non lo ha soltanto vissuto in prima linea con il pallone tra i piedi. Ha saputo e sa raccontarlo in maniera egregia. Dopo l’immancabile gavetta, già dalla maggiore età lavora per radio e siti internet, vedi calciomercato.com. Poi il nuovo esordio (perché come seconda voce è presente già dal 2012) in Rai come radiocronista nella storica trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”, era il 2 maggio del 2015. Si affrontavano Livorno e Lanciano. A darle il benvenuto in trasmissione Riccardo Cucchi, da poco ritiratosi dalle scene: “Trasferiamoci a Livorno, per Livorno-Lanciano. Benvenuta in tutto il calcio a Sara Meini”. Queste le prime parole riservate alla terza donna nella storia della trasmissione radiofonica sportiva italiana per antonomasia, dove Meini è stata preceduta solo da Nicoletta Grifoni e Gabriella Fortuna. Passa il tempo e la talentuosa Sara cresce sempre di più. La competenza della sua voce è una certezza assoluta, tanto che Riccardo Cucchi – quello del “ma c’è il contrattacco di Milito…” poi tramutatosi in gol nella vittoriosa finale Champions dei meneghini del 2010 contro il Bayern Monaco – decide di puntare su di lei, affiancata dal collega Giuseppe Bisantis, in occasione di Fiorentina-Juventus, non una partita qualunque per i fiorentini. Il dodici marzo, invece, nuovo esordio, stavolta in solitaria, per commentare Fiorentina-Cagliari. Il sogno che si realizza per una cresciuta a pane e calcio. Nel curriculum di Sara Meini non mancano nemmeno i momenti thrilling, come quando si ritrova erroneamente in mezzo a centinaia di tifosi a petto nudo del Basilea prima di una partita di Europa League della sua Fiorentina. Evitabile, in effetti. Però quando fai le prove di una radiocronaca davanti a tua figlia e ti dice che sei la migliore, tutto il resto passa in secondo piano. Ecco le sensazioni di Sara Meini e del suo turbinio di emozioni lontano dai microfoni, o se preferite… nel periodo non collegato.
Sara, le soddisfazioni per te continuano. Sensazioni e stato d’animo?
«Ogni volta un’emozione diversa, ma non smetto di essere felice e di sognare proprio come facevo quando ero agli inizi. Ogni nuovo esordio è uno scalino in più, una soddisfazione in più, una gioia da condividere con chi mi vuole bene, soprattutto con i miei genitori, e che mi ripaga dei tanti sacrifici fatti negli anni».
Raccontaci gli inizi della tua passione.
«Ero piccola, i miei non erano per niente interessati al calcio, ma io ero un maschiaccio e quindi a scuola giocavo tutto il giorno a pallone con i miei amici maschi. Da lì è nata la passione vera per questo gioco. Poi dall’addio di Antognoni in poi non ho più smesso di andare allo stadio, prima per passione e poi per lavoro. Anche se a volte dovevo rinunciare perché a calcio giocavo anche io e quindi spesso giocavamo in contemporanea. Per quello che riguarda invece il mestiere di giornalista: a 14 anni andavo ogni fine settimana a seguire una squadra di dilettanti e scrivevo per CalcioPiù. A 18 anni ho cominciato a lavorare per Lady Radio e per calciomercato.com, poi da lì è stato tutto un crescere. Fin quando sono entrata alla Rai, due anni a Campobasso, qualche mese e Cagliari, poi a Roma e poi finalmente nella mia Firenze, dalla quale non mi muoverei per nessuna cosa al mondo».
Dolci ricordi d’infanzia. Raccontaci qualche aneddoto che ti porti sempre dietro, legati al calcio.
«Quando scappavo da scuola con i padri salesiani che mi cercavano ovunque. Io prendevo un autobus e andavo a Coverciano dove si allenava la Fiorentina. Per me assistere agli allenamenti era bellissimo. Poi vi racconto questa che è ancora più clamorosa: avevo un fidanzatino che mi voleva frequentare nel fine settimana. Ebbene ci siamo lasciati perché io il sabato e la domenica preferivo seguire le partite di calcio che stare con lui. Se lo sapesse, ancora oggi non me lo perdonerebbe. Poi quando ho cominciato a giocare a calcio, avevo la fortuna che prima di noi donne si allenava il settore giovanile della Fiorentina. Vi confesso che arrivavo prima al campo per palleggiare con le giovani promesse. Una su tutte: Riccardo Taddei che poi ha esordito in A, ma ha avuto tanta sfortuna. Eravamo amici del cuore e quanto mi ha insegnato. Che tecnica aveva! Se non si fosse infortunato 6 volte al ginocchio sarebbe stato uno dei migliori giocatori italiani».
Riccardo Cucchi, Francesco Repice. Generazione irripetibile?
«Ce ne sono tanti bravi che non avete citato e che io ho la fortuna di avere al mio fianco spesso. Cucchi e Repice sono due fuoriclasse, ma vi garantisco che a Radio Uno ci sono professionisti di livello dai quali si può solo imparare».
Tu hai avuto o hai attualmente un modello a cui ti ispiri?
«Non ho questa pretesa (ride, ndr), magari potessi ispirarmi a qualcuno. Dico solo che dopo aver fatto la giornalista sportiva da quando avevo 14 anni, mi sono ritrovata a 30 a imparare un altro mestiere, quello della radiocronista. Un mestiere difficilissimo. Diciamo che non ho un modello, ma da tutti i professionisti con cui lavoro cerco di apprendere qualcosa. È dura, ma ci provo e mi piace talmente tanto che non ho nessuna intenzione di smettere di imparare».
Quanto mancano personaggi come Nando Martellini ed Enrico Ameri?
«E Ciotti? Così come tanti altri. Tutti quelli che sentivo quando la domenica pomeriggio ero in macchina con mio babbo e andavamo in giro. Noi ci mettevamo ad ascoltare le partite e guai a cambiare frequenza. Tutto il calcio minuto per minuto si doveva ascoltare per forza, sentivamo gli interventi e poi commentavamo. Nessuno di noi due avrebbe mai pensato che un giorno avrei potuto farlo anche io. Capite che è davvero un sogno realizzato».
Avresti mai pensato un giorno di arrivare ad essere la prima donna a commentare una partita della Fiorentina dal Franchi di Firenze per Tutto il Calcio, trasmissione storica?
«Sinceramente non lo avrei mai nemmeno potuto sognare, ma neanche nel sogno più bello. Comunque l’esordio come seconda voce è avvenuto al Franchi nel 2012, adesso ho avuto anche questo privilegio di essere voce unica, sinceramente non posso chiedere di più. Mi auguro soltanto di continuare a crescere, di migliorarmi e di far parte ancora per tanto tempo della squadra di Tutto il Calcio minuto per minuto».
Perché non ci sono molte ragazze che fanno questo mestiere e che consigli ti senti di dare?
«Le ragazze sono in aumento e io sono molto contenta. Non servono veline, non servono tacchi, non serve essere belle per forza, se poi una lo è meglio, ma servono in primis passione e interesse. E soprattutto essere se stesse senza snaturarsi mai. Io sono nata maschiaccio e morirò maschiaccio. Chi è innamorata del calcio non deve aver paura. Le donne sono davvero competenti. Ci applichiamo anche di più, siamo curiose, vogliamo conoscere tutte le regole, certamente non dobbiamo aver timori di un mondo ancora troppo maschilista. Certo, questo è un mestiere che si impara negli anni e quando abbiamo più di 30 anni e scegliamo di farci una famiglia è davvero difficile far conciliare tutto. Io ci ho provato, adesso ho una figlia di 4 anni che si chiama Maddalena, ma che il sabato e la domenica non può mai stare con la sua mamma. Spesso mi fa domande, alle quali trovo difficilmente risposta. Ma sono sicura che appena sarà più grande capirà. Anche lei tira già calci al pallone, chissà che non segua le passioni della mamma».
Qual è la frase che sogni di dire in una tua radio cronaca?
«Il cielo è viola sopra Firenze…. (e scoppia a ridere, ndr)».