LA VITTORIA DEL SORRISO E DELLA QUALITA’, CON CASTRO IN VERSIONE ROBERTO BOLLE. IL BRACCINO FINALE FIGLIO DI NAPOLI, MA LA SQUADRA E’ IN CRESCITA
Una vittoria pesante, che diventa addirittura pesantissima se si mette in conto la sofferenza finale, chiusa con l’abbraccio della squadra in campo e con quello a Rocco Commisso in tribuna. Contava vincere e scuotersi dopo il tonfo di Napoli, il come è secondario. E allora è giusto godersi questo sospiro di sollievo, con la Fiorentina che gira a 21 punti (esattamente come un anno fa) e a +7 dal Torino, guarda caso prossimo avversario viola in campionato.
Venerdì sarà un’altra battaglia, ma intanto va sottolineato come questa vittoria sia assolutamente meritata, figlia della qualità del centrocampo viola (che bello vedere Castro giocare così), della grinta messa in campo, del genio di Ribery e del gol di Vlahovic, il settimo del centravanti, che in attesa dei regali (giovedì farà 21 anni) si gode il suo piccolo primato in carriera e soprattutto fa rialzare la testa a una squadra che rischiava di essere schiacciata dalla tensione. Ottimo anche Bonaventura, e non solo per il gran gol d’esterno destro.
In partite così, la tecnica e la capacità di inventarsi la giocata fa la differenza, e infatti Prandelli ha fatto benissimo a far giocare sia lui che Castrovilli, liberandoli nella costruzione dell’azione e lasciando il Crotone in continua apnea in mezzo. Il 10 poi era in serata da ballerino, palla al piede è stato un piccolo Roberto Bolle, sempre elegante, sempre palla al piede, a testa alta e determinato a fare la giocata giusta per incidere sulla partita. Il suo ruolo è quello: Castro ama partire dal centrosinistra, ama portare palla e duettare con Ribery. Il gol di Vlahovic, una gemma per la bellezza dell’azione e il tocco delicato di Franck, è la dimostrazione che questa Fiorentina non c’entra nulla con la bassa classifica, ma che per rendere al meglio ha bisogno di giocare con leggerezza e mettendo gli uomini nei propri ruoli. Castro mediano insomma, anche no.
Prandelli a proposito arriva al giro di boa con un bottino di 13 punti in 12 partite, decisamente poco rispetto alle attese, ma con una squadra (Napoli a parte) comunque in crescita, come capacità di stare in campo e numero di occasioni create. Perché è vero, il gol di Simy ha rischiato di scombussolare tutto e mandare all’aria il sabato viola, ma nella sofferenza finale, figlia anche del “braccino” causato dalla scoppola partenopea e della paura di non farcela, la Fiorentina non ha mai perso equilibrio e, anzi, non ha lasciato occasioni nitide ai pur modesti avversari.
Il rammarico viola semmai devono essere i gol sbagliati, decisamente troppi, anche perché arrivati nei momenti che sarebbero potuti essere perfetti per evitare il thrilling. Vlahovic si è mangiato almeno due-tre contropiede, due dei quali condotti male per la continua volontà di liberare il suo sinistro. Dusan è in evidente crescita, ma per diventare un attaccante completo ha bisogno di usare anche il destro, per diventare meno leggibile per le difese e più concreto sotto porta. Un plauso anche ai subentrati Pulgar e Borja, entrati col piglio giusto per aiutare l’inesauribile Amrabat e utilissimi alla causa: è la prova che il gruppo c’è, che gli schiaffi sono stimoli e non alibi per cadere. Avanti così, senza mollare un centimetro: più avanti, se la classifica migliorerà ancora, sarà anche giusto chiedere di cambiare assetto e di non giocare con due terzini sulle fasce. Intanto però si va avanti con l’elmetto in testa, in attesa di Kokorin, il bad boy che a Firenze si gioca l’ultima carta della sua carriera. Il talento ce l’ha tutto, se avrà anche il fuoco dentro potrebbe non essere un acquisto così banale. Pradè comunque andrà a caccia di un esterno destro e magari di un altro centrocampista, mentre Rocco è atteso a Palazzo Vecchio per la questione stadio. Ci aspetta un’altra settimana tosta, ma come dice Commisso, siamo abituati.