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Unità la parola d’ordine, ma da sola (giocando così) non basta per salvarsi. E ora a Vanoli è legittimo chiedere qualche cambio tattico

Unità la parola d’ordine, ma da sola (giocando così) non basta per salvarsi. E ora a Vanoli è legittimo chiedere qualche cambio tatticoFirenzeViola.it
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di Tommaso Loreto

La scena è da collezionare nella galleria della storia viola, o comunque in quella di quest’ultima gestione a stelle e strisce, ma quel che più conta è cosa si porta dietro. L’immagine di Dzeko che si confronta con i tifosi al termine della gara con l’Atalanta ha il potere di allontanare divisioni che in un momento del genere risulterebbero deleterie, e cancella l’uscita di giovedì scorso dopo il k.o. con l’AEK, ma testimonia anche una condizione di difficoltà generale che non può non preoccupare.

L’appello all’unità
In uno scenario del genere continuare a infierire su una società ridotta ai minimi termini avrebbe poco senso. Sotto questo profilo raccogliere l’invito del bosniaco alla maggior compattezza possibile diventa quasi un obbligo, per tutti, fermo restando che quando poi le acque dovessero calmarsi (speriamo presto) sarà bene ricordare come e quanto società e dirigenza siano risultati assenti anche nei momenti più complicati, o più semplicemente dopo le sconfitte. Inevitabile pensare che determinate richieste come quelle girate da Dzeko ai tifosi non dovrebbero arrivare dalla squadra ma da una dirigenza in grado di affrontare le difficoltà del momento, altrettanto però che ribadire certe mancanze in questo momento non cambia le cose.

Compattezza interna
Anche per questo in casa viola adesso l’obiettivo è quello della compattezza tra tutte le varie componenti. Dalla dirigenza ai calciatori le parole nel dopo gara di Bergamo vogliono raccontare la piena consapevolezza del club e dei suoi interpreti della delicatezza del momento. Un concetto filtrato anche ieri, all'indomani della sconfitta con l'Atalanta, che segni un nuovo tentativo di ripartenza. Una sensazione cui aggiungere una forte dose di umiltà (fino ad oggi merce rarissima al Viola Park) e pure la certezza che solo con la piena unità di ogni componente la Fiorentina possa tirarsi fuori da questa situazione.

Sforzo di realismo
Intanto però, anche a Bergamo, la Fiorentina ha mostrato lacune e timori evidenti. Al netto delle occasioni sprecate da Kean e Piccoli (alcune delle quali arrivate comunque a gara virtualmente chiusa dopo il raddoppio atalantino) l’atteggiamento della squadra in campo è stato nuovamente dimesso, timido, ben rappresentato da come Piccoli ha concluso su Carnesecchi la prima grande occasione della partita piuttosto che sfondare la rete come sarebbe stato auspicabile vista la posizione in area. Insomma nessuno nega che sia un bene che squadra, società e tifosi siano uniti nella salvezza, ma sarà altrettanto bene ricordare che l’unità in questione, continuando su questo piano sportivo, rischia di non essere sufficiente per salvarsi.

Le aspettative su Vanoli
Perché dopo 4 gare in cui Vanoli ha cercato di lavorare più sul piano psicologico che non su quello tattico (leggi qui) il dubbio che proseguire sulla strada del 352, o su quella delle due punte o dell’adattamento di Fagioli al ruolo di regista di centrocampo, non sia più così conveniente si fa forte. Non che siano necessari stravolgimenti, tanto più se il gruppo continua a essere convalescente e quindi bisognoso di pochi accorgimenti ma chiari, ma pur sempre ritocchi che possano scuotere il gruppo e farlo rendere diversamente nelle prossime decisive sfide. A cominciare da una registrazione difensiva che porti la linea davanti a De Gea a quattro. Perché che la Fiorentina e i suoi tifosi siano disposti a stringersi per uscire insieme da queste sabbie mobili è un bellissimo concetto, ma da solo non garantisce la permanenza in serie A