Pioli o Vanoli, è cambiato poco: serve una proposta di calcio nuova, la squadra è prigioniera. Il patto con la Curva non basta: il Viola Park apra le porte a Firenze
Serve un’idea di gioco per salvarsi, altro che un patto con la Curva. E se l’idea di Vanoli è la stessa di Pioli, con l’aggiunta sonora di un po’ di decibel urlati dalla panchina, la Fiorentina avrà poche speranze di uscire dal gigantesco problema in cui si è cacciata.
Ci si aspettava di più da Vanoli? Per ora 0,50 punti di media in 4 partite (Pioli ne aveva messi insieme 1.14 di media in 14 partite) e non è solo una questione aritmetica, perché un nuovo allenatore insieme all’adrenalina del cambio deve aggiungere gradualmente anche la sua idea di gioco. Le fette di una torta riuscita male sono da suddividere e non si può ancora parlare di 'colpe', però è stato riproposto il vecchio 3-5-2 con l’unica e parziale novità di due punte poco abituate a giocare insieme e altrettanto mal servite da un centrocampo che continua a essere il reparto più debole della squadra.
Era difficile aspettarsi miracoli, ci sembrava scontato però che Vanoli aggiungesse almeno alcune delle sue proposte di gioco e nuove soluzioni per combattere la piattezza del gioco. Movimenti, automatismi, idee. E invece Fagioli di nuovo play, ruolo che già aveva indossato senza convinzione con Pioli, più Sohm piatto e senza posizione insieme al dispersivo Mandragora: tutti senza un filo conduttore, perché? E’ vero, non ci sono esterni di attacco per cambiare il modulo e questo è il risultato di un mercato estivo condiviso da Pioli con il club: l’idea - semplifichiamo - era quella di riproporre l’impostazione dell’Inter, con la differenza che la Fiorentina non ha Calhanoglu, Barella, Mkhitaryan, Frattesi e Barella. Non ha un esterno a tutta fascia come Dimarco che riesce a diventare un prezioso assist man arrivando spesso sulla linea di fondo, non ha Dumfries ma Dodo nella versione opaca di se stesso. E non ha Lautaro, più Thuram o Pio Esposito che a parte la forza tecnica individuale si integrano con grande disinvoltura, ammirare i loro movimenti per rifarsi gli occhi. Insomma, se l’idea era quella di copiare l’assetto dell’Inter, diciamo che c’è stata un po’ di presunzione.
Ora il lavoro di Vanoli deve fare un salto di qualità e proporre soluzioni perché, insistiamo, solo avendo un’idea di gioco diversa dalla precedente la Fiorentina riuscirà a salvarsi. Il gruppo è prigioniero di quello che già non riusciva a fare prima. Qualcosa di più e di meglio si è visto, certo la fortuna non sta aiutando la Fiorentina, ma resta quella patina di rassegnazione che proprio non deve avvolgere una squadra che dovrà lottare per salvarsi. Resiste ancora un atteggiamento troppo snob, come se l’ultimo posto in classifica fosse un incidente di percorso che prima o poi sarà superato, ma sì, siamo forti, guardate che rosa di qualità.
Il ‘patto per la salvezza’ stretto con la Curva ci sembra un modo molto parziale per mettersi la coscienza a posto, oppure garantirsi un ambiente meno difficile: cosa vogliamo chiedere di più al tifo della Fiesole, che una pazienza mai vista - perfino sorprendente - ha mostrato nel corso di questi sette anni di una confronti delle scelte societarie? Tempi grami e c’è la corsa per la benevolenza, un ombrello contro le grandinate sentimentali. ‘Noi e la Fiesole ci salveremo’: il Ds Goretti ha riportato le parole dei giocatori raccolte dopo l’incontro bergamasco a colpi di megafono, il che va bene, ci mancherebbe, ma l’impressione è che insieme alla squadra e ai tifosi debba scendere in campo tutto l’ambiente. Giovedì dopo l’Aek, Dzeko aveva sbagliato tempi e modi per il suo grido d’allarme e, insistiamo, un club strutturato dovrebbe ‘istruire’ i giocatori prima di mandarli davanti alle telecamere per criticare chi manifesta il proprio malumore. Dzeko voleva dire altro? Sì, ma era passato il messaggio opposto, perché la comunicazione ha regole precise e non si inventano a caldo dopo una partita giocata male. Dopo l’ennesima sconfitta, abbiamo visto che la squadra ha cercato di ricucire e Dzeko ha cercato di rattoppare: non con la Curva - che in realtà ha sempre sostenuto la squadra - ma con tutta Firenze dovrà essere ricostruito un rapporto che si è sempre più sfilacciato. Gli ultimi sette anni sono stati pieni di incomprensioni e non stiamo qui a ricordare le guerricciole che sono state fatte per affermare, sempre e comunque, la superiorità e l’indipendenza dell’azienda Fiorentina nei confronti di tutti gli altri.
L’astronavona del Viola Park è stata l’immagine delle volontà di investire nelle strutture, ma anche una gigantesca bolla in cui tutto l’ambiente si è chiuso al riparo dalla città. Ecco perché nei prossimi giorni il club dovrebbe aprire il più possibile le sue porte a tutta la comunità, serve vicinanza e non distanza. Bisogna far capire che dopo le affermazioni di forza e - se ci permettete - anche di una certa presunzione, c’è davvero la volontà di fare un passo indietro e chiedere l’aiuto di tutti. Se la Fiorentina retrocede, non va giù solo la proprietà americana, ma retrocede tutta Firenze.
Sarebbe davvero il caso di mettere da parte tutte le incomprensioni e da questo punto di vista alcune scelte dirigenziali recenti hanno riproposto la volontà di una separazione cercata, ostentata e perseguita negli anni con ogni mezzo. Non entriamo nei particolari, perché poi sono anche vicende di bottega, mentre qui si tratta di salvare qualcosa che interessa tutti quelli che vogliono davvero bene alla Fiorentina, in molti casi più di chi temporaneamente la gestisce.
Infine, un suggerimento per riconquistare tutta Firenze e non solo i tifosi della Curva che, lo ripetiamo, hanno sempre fatto il loro dovere e anche qualcosa di più in termini di sostegno incondizionato al presidente Commisso, un attestato che non abbiamo mai visto negli anni nei confronti di altre proprietà: l’astronavona del Viola Park apra le sue porte, gli allenamenti siano liberi. La squadra uscirà dalla sua prestigiosa e a quanto pare soffocante bolla, magari ci sarà anche qualche piccolo fischio, ma che importa, meglio il sangue che scorre nelle vene rispetto all’isolamento che ha portato a tutto questo.
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