Oliver Christensen si racconta: "Firenze è un posto del cuore. Con Italiano ho sofferto. Il segreto di De Gea? Le mani"

Quando lo contattiamo, Oliver Christensen è in aeroporto a Vienna. Ci caccia subito il suo sorrisone bambinesco, lo stesso che tira fuori ogni volta che nominiamo la Fiorentina ma soprattutto Firenze. In un ipotetico kolossal sulla storia viola lui sarebbe una comparsa, ma di quelle che magari per solo un'inquadratura rubano il fuoco della camera al protagonista. Dieci partite in un anno e mezzo col giglio sul petto, un paio di serate da eroe in partite che tutti ricordano soprattutto perché c'era lui. Psycho-Olly, come l'avevamo chiamato per il suo fare da 'schizzato', simile (anche fisicamente) a un personaggio di Trainspotting, ci racconta tutto, non si risparmia su nulla nonostante un italiano ancora primordiale. Ci sembra di parlare come un amico, quasi ci scordiamo che sta per prendere un aereo, direzione Copenaghen, per giocare (oggi) una gara di Europa League contro il Midtjylland. In Danimarca. Lui adesso fa il portiere titolare dello Sturm Graz (Austria) e lo fa per ora molto bene. Ma partiamo dalla Danimarca, da casa sua appunto: "Sono emozionato, non gioco in Danimarca da quattro anni. Mi vedrà tutta la mia famiglia, anche mia nonna e mio nonno, che non vedo da tanto".
Tu sei legato in particolare a Kerteminde. A Firenze avevi la numero cinquantatré, 53 come il Codice postale del tuo paese. Hai lo stesso numero anche allo Sturm Graz?
"No, per la prima volta ho trovato la 53 occupata e ho dovuto prendere la uno, incredibile".
Come ti trovi in Austria?
"Sto bene, per me l'importante in questo periodo era giocare. Qui posso avere continuità e fare tante partite".
Parli ancora bene l'italiano.
"Sì lo parlo ogni tanto coi miei amici di Firenze che sento".
Ecco, partiamo con Firenze, dal tuo arrivo. C'era Vincenzo Italiano…
"Sì, sono arrivato (agosto 2023, ndc) per fare il primo portiere, ma non ho fatto bene come in Germania. Devo dire che ho avuto anche tanti infortuni che prima non avevo mai avuto, per questo non ho fatto bene. Ma sono stato benissimo grazie alla società, ai compagni e alla città, mi sono sempre sentito bene a Firenze. Purtroppo delle volte le cose non vanno bene anche per colpa tua, non sono contento a livello professionale ma Firenze per me rimane un ricordo bellissimo".
Tu sei in prestito fino a gennaio, hai idea di cosa farai dopo?
"Non so, punto comunque a giocare, è quello che conta, e farlo a Firenze con uno come De Gea è difficile. Non credo che resterò a Firenze, voglio andare al Mondiale con la Danimarca".
Dicevamo, Fiorentina di Italiano, tu arrivi per fare il primo portiere, poi?
"Lui (Italiano, ndc) sceglieva di partita in partita chi giocava, per me non era facile. Ho fatto due partite in campionato e poi qualche gara di Conference, dove secondo me ho fatto bene. Poi mi sono fatto male durante il ritiro prima della Supercoppa Italiana a gennaio. Sono tornato dopo qualche mese ed era un periodo importante della stagione, non era facile tornare. E poi Pietro (Terracciano, ndc) stava facendo benissimo".
Che rapporto avevi con Terracciano?
"Bello, è un ragazzo bravissimo e un portiere forte".
Poi è arrivato Palladino e, soprattutto, David De Gea?
"Sì, quando è arrivato De Gea, a fine mercato, ho capito che dovevo andarmene, ho cercato una squadra l'estate scorsa ma non c'è stato modo di trovarla. Ho sempre pensato alla mia priorità, giocare, purtroppo non c'era tempo per trovare una soluzione e ho passato quattro mesi fuori rosa".
A gennaio scorso, la Salernitana. Lì ti sei presentato alla grande. In un Salernitana-Cremonese hai parato di tutto…
"Sì, ho fatto tre o quattro parate incredibili. Secondo me è stata la miglior partita della mia carriera. Ci sono giorni in cui, da portiere, pensi: oggi non mi puoi fare gol. Quello era uno di quei giorni".
A fine stagione poi la rocambolesca retrocessione ai playout nel doppio incrocio con la Sampdoria, retrocessa sul campo ma 'salvata' dal fallimento del Brescia. L'avete vissuta come un'ingiustizia?
"Sì, non ho mai provato qualcosa di simile. È stato complicato per tutto. Eravamo in ritiro pronti a sfidare il Frosinone, poi è cambiato tutto, abbiamo aspettato settimane per capire contro chi avremmo giocato, è stato difficile per noi giocatori e per i tifosi. Alla fine abbiamo perso e non abbiamo giocato bene, non so se per la forza della Samp o per una questione mentale".
Tra la fine della regular season e la doppia sfida playout tu sei andato in Nazionale, come hai vissuto quel periodo?
"Direi bene perché ero in Nazionale, mi ha fatto bene cambiare ambiente e in generale quando rappresento la Danimarca sono sempre felice".
Tornando alla Fiorentina. Le guardi le partite?
"Sì, ho visto il primo tempo della gara col Como e l'esordio in campionato col Cagliari".
Tu che hai vissuto anche una parte di ritiro quest'estate, pensi che questa Fiorentina sia più forte di quella dell'ultima stagione?
"Non so, davvero. Pioli e Palladino per certi versi sono anche allenatori simili, con stessa impostazione della difesa. Però non saprei dirvi, è ancora troppo presto, ho visto che non sono partiti bene ma spero che vincano tante partite, anche l'anno scorso eravamo partiti male".
Tu sei entrato nel cuore di alcuni tifosi per quella doppia sfida di Coppa Italia, prima Parma poi Bologna. Entrambe vittorie ai rigori, non ne hai parato uno ma il tuo atteggiamento tra i pali è piaciuto soprattutto alla Curva Fiesole.
"Sì, io gioco sempre così, col cuore. Penso di piacere ai tifosi per quello".
E anche il trash-talking con gli avversari che si presentavano sul dischetto fa parte del tuo carattere?
"Diciamo di sì. Ho imparato da Kasper Schmeichel, un fenomeno con cui ho giocato in Nazionale. Lui mi ha insegnato anche a provocare gli attaccanti, adesso questo è il mio modo di interpretare il ruolo".
Cosa ti manca di più di Firenze?
"Tante cose. Il cibo, il meteo, il vino, è tutto più buono lì. E la città è bellissima".
Qual era il tuo luogo del cuore in città?
"Santo Spirito, posto incredibile, mi son divertito tanto (ride, ndc)".
Ci descrivi con un aggettivo Tommaso Martinelli?
"Umile, è un ragazzo molto tranquillo ma con tanta qualità, un gran talento con tanto futuro davanti".
Tu ci hai detto che per te l'importante è giocare. Lui avrebbe fatto meglio ad andare via in prestito come hai fatto te?
"Non so, questo dipende anche dalla decisione della squadra. Non è facile andare un anno via dalla Fiorentina".
E di David De Gea che ci dici? E' il più forte con cui hai giocato?
"Al primo posto metto lui e Schemichel. Non so come faccia ma è incredibile, riesce sempre ad arrivare sul pallone. Secondo me è per le sue mani, sono gigantesche".
Chi erano i tuoi migliori amici nello spogliatoio della Fiorentina?
"Gudmundsson, Gosens e Pongracic. Mi mancano tutti ma con loro avevo un rapporto stretto e lo ho ancora".
Una curiosità. Perché ti chiamano l'avvoltoio?
"In danese si dice 'grib' (ride, ndc). Beh questa è una storia vecchia. Da piccolo avevo una maglietta con questo animale, me la mettevo sempre per giocare. I miei amici mi chiamavano così, poi a un certo punto anche un giornalista mi ha chiamato allo stesso modo. Adesso in Danimarca sono l'avvoltoio".
Oliver, è stato un piacere e in bocca al lupo per l'Europa League. Un saluto ai tifosi viola?
"Saluto tutti, auguro solo il meglio ai tifosi, ai giocatori e a tutta la Fiorentina".
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