Fiorentina, così non può bastare. Il crollo delle ambizioni in un’altra annata lontana "dall'Europa che conta"

Non fosse per la matematica che tiene ancora aperta una strettissima strada per l’Europa sarebbe già arrivato il tempo dei processi. Il k.o. di Venezia chiude dieci giorni da incubo per i viola, battuti in campionato da Roma e veneti ed eliminati in Conference dal Betis. Tre sconfitte e un pareggio che speranze a parte sembrano porre una pietra (tombale) sulle ambizioni sbandierate a inizio stagione, le stesse tirate in ballo da Pradè nel dopo gara di lunedì sera.
L’Europa che conta
E se nell’intervento del ds il riferimento a “profonde riflessioni avviate con Ferrari e Commisso” stride con il prolungamento dell’accordo con Palladino, voluto sostanzialmente dal presidente che ha preso di sorpresa un po’ tutti, quello a una Fiorentina assente “dall’Europa che conta” apre scenari inediti, almeno dopo un biennio in cui le finali raggiunte di Conference sembravano rappresentare un traguardo di grande prestigio. Ora che i viola vedono lo spettro di un’annata senza Europa la sensazione che anche quest’anno troppo sia stato dato per scontato è forte. Nel ripercorrere il cammino di questa proprietà gioverà ricordare che le due ultime qualificazioni alla Conference League sono arrivate in virtù di contingenze, l’esclusione della Juve prima e il buon ranking italiano che ha allargato i posti a disposizione poi, mentre quest’anno il primo vero avversario di un certo livello, il Betis, non ha sudato troppe camice nel far fuori la squadra di Palladino. La conseguenza? Che mentre la Fiorentina inseguiva un trofeo nella competizione europea minore altre realtà come Atalanta, Napoli e ora pure il Bologna consolidavano la propria crescita.
Anche quest’anno troppe scommesse e poche alternative ai titolari
In altri termini la ripartenza estiva guidata dalle ambizioni, e rilanciata all’indomani della sconfitta di Atene cui erano seguite le scuse di Commisso, non sembra aver tenuto di conto che per migliorare (davvero) serviva intervenire in modo più radicale, se non proprio con un tecnico di maggior esperienza (che avrà le sue colpe ma non può diventare l'ennesimo capro espiatorio) quanto meno con una rosa più completa e prospettive future più solide. L’avevamo già scritto e lo ribadiamo, al netto di giudizi fin troppo positivi (inclusi i nostri evidentemente non troppo azzeccati) la Fiorentina anche quest’anno si è retta su troppe scommesse e su troppi prestiti, arrivando al finale di stagione stanca, sgonfiata, priva di alternative. Lo testimonia un mercato invernale che non ha regalato sostituti a tre cardini come Kean, Dodò e Cataldi, ma pure una rosa in cui in troppi si ritrovano ancora oggi in bilico senza certezze sul futuro.
Così non può bastare
Nel mezzo c’è perciò un club che al di là del mero e semplice miglioramento in termini di piazzamento, posto come obiettivo principale, sembra continuare a non essere in grado di salire gli scalini della crescita. Forse perché anestetizzata da una dimensione europea – la Conference – che ha illuso, e perché poco propensa a mettersi in discussione. O ancora perché semplicemente poco propensa a investire sulla qualità dei calciatori. D'altronde nel prolungamento di Palladino, che per certi versi ricorda la prima conferma di Iachini di qualche tempo fa, risiede la convinzione che l’annata sia già stata positiva così, ed è un concetto che oltre ad esser stato messo in discussione dallo stesso Pradè al sesto anno di gestione Commisso non può che deludere chi si aspettava un cambio di passo (e di dimensione). Perché ciò che basta (ed è bastato) a questa proprietà non può esser sufficiente a soddisfare una tifoseria che anche quest’anno prima di qualsiasi forma di contestazione non ha fatto altro che dare nuovo tempo, e nuova fiducia, a squadra, tecnico e dirigenti. Salvo ritrovarsi oggi appesa a un filo per non chiudere l'annata in una condizione persino peggiore a quella consolidata nell’ultimo triennio.
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