Botte, fischi e rosso: la domenica da incubo di Zaniolo, che chiude (o quasi) la sua avventura viola da '007'

Raffaele Palladino lo aveva schierato per fargli interpretare il ruolo del Joker, per replicare lo psicodramma in cui erano caduti i settantamila dell'Olimpico qualche mese prima, quando un suo gol - e soprattutto una sua esultanza - aveva fatto ribollire le viscere del popolo giallorosso; invece la domenica di Nicolò Zaniolo è stata da Agente 007. Zero tiri in porta, zero occasioni create, sette palle perse. Nessuna licenza di 'uccidere', come era successo alla sua ultima esibizione da ex. Allora, nel dicembre 2024, vestiva ancora la numero dieci dell'Atalanta e la perfida mossa da Grinch di Gian Piero Gasperini aveva sortito l'effetto sperato. Stavolta però il vagone emotivo che porta ogni volta l'accostamento delle parole 'Zaniolo' e 'Roma' ha colpito solo il primo dei due.
Alla prima da titolare in campionato dopo due mesi il numero diciassette ha approcciato facendosi subito schiacciare dal contesto, prendendosi a botte con l'ex compagno Gianluca Mancini - pensare che proprio i due che si sono presi a schiaffoni sul prato dell'Olimpico ieri sono la parola inizio e quella finale, da Mancini a Zaniolo, del gol che solo tre anni fa ha portato i giallorossi al primo trionfo europeo ci fa capire bene come il tempo possa logorare tutto -, lasciando un'impronta sulla partita solo a livello sonoro, visto che i pochi palloni toccati sono stati sottolineati da fischi da corrida. Del pomeriggio ricco d'odio (sportivo) di Roma di Zaniolo ci ricorderemo per un tiro finito nei distinti Sud e poco altro. Esce di scena dopo un'ora di (zero) gioco, con Palladino che gli riserva qualcosa che sembra tanto il contrario di una standing ovation, poi si riscrive alla partita dopo il triplice fischio, scagliandosi contro l'arbitro Chiffi che lo espelle a partita finita. Sipario su una delle peggiori prestazioni da ex che si ricordino. E forse anche sull'esperienza viola. Perché il riscatto obbligato è stato sapientemente fatto scivolare via - la Fiorentina avrebbe dovuto versare nelle casse del Galatasaray 16 milioni di euro in caso il calciatore fosse arrivato a disputare almeno il 60% di partite in viola - e qualsiasi altra soluzione per trattenerlo a Firenze non sembra percorribile.
Anche perché al doppio zero di ieri c'è da aggiungerne un altro più rumoroso: zero gol, zero assist in tre mesi a Firenze. A Raffaele Palladino non è riuscita la magia fatta con Moise Kean e quella di Roma sa tanto di ultima chance carbonizzata per un talento tanto sfortunato ma che non sembra voglia aiutarsi molto in questo periodo di carriera. Vedere questo Zaniolo - caricatura grottesca di quello che a 20 anni quasi eliminava da solo il Porto dalla Champions, sempre sullo stesso prato in cui è sfilato mestamente ieri - forse a molti tifosi romanisti avrà fatto più piacere dei tre punti. A venticinque anni il tempo (per non molto) è ancora dalla sua, ma l'impressione è che dopo il buco nell'acqua fatto in maglia viola Zaniolo debba ripartire da lidi più periferici. Col rosso a Roma e la conseguente squalifica nella prossima di campionato col Venezia, rimangono tre partite (forse quattro) per lasciare una minima impronta nel suo soggiorno fiorentino. E rimane soprattutto una suggestione, quella della Conference. Perché se Palladino si è fatto attirare per una volta da un'ancestrale suggestione, quella di provare a rivitalizzarlo in un contesto che conosce molto bene come l'Olimpico, è possibile che possa accanirsi ancora con le suggestioni e provare a risvegliarlo almeno in una notte europea, visto che fino a prova contraria è pur sempre lui il match-winner della prima finale di Conference della storia. Come passa il tempo.
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