MANUEL RUI COSTA, TAGLIA 42
Se parliamo di eleganza, di corsa, regalità e portamento, parliamo di lui: Manuel Rui Costa. Ancora oggi in perfetta forma, dirigente del Benfica, ancora oggi una sorta di "taglia 42" del gioco del calcio. Come i suoi anni. Certo, la "noblesse oblige" direbbe Giancarlo Antognoni, e non è un caso se proprio il "capitano" fu lo scopritore, il pigmalione, il mentore numero uno del portoghese. Era il 2004, si giocava a Montpellier la finale dell'Europeo Under 21 tra Italia e Portogallo. Col numero 10 della Selecao Portuguesa giocava un certo Manuel Cèsar Rui Costa. In tribuna Antognoni osservava, annotava, ad un certo punto prese il telefono e disse... "Questo va preso, subito!" E così fu. Nell'estate del '94 Manuel era agli ordini di Ranieri, accanto a Batistuta, già nel cuore dei tifosi viola.
Celebriamo oggi i primi 42 anni di Manuel Rui Costa. Nato a Lisbona il 29 marzo 1972, per lui 276 partite con la maglia della Fiorentina condite da 50 gol. E poi due coppe Italia (1996 e 2001), una supercoppa italiana (1996), un anno da capitano. Sopratutto l'eterna gratitudine di tutta la Firenze viola. Quando Antognoni lo portò a Firenze, la Fiorentina era appena risalita dalla serie B e "Antonio", in qualità di direttore generale viola, lo individuò come l'elemento della rinascita, colui che (insieme a Batistuta) avrebbe permesso il salto di qualità. In poche ore arrivò anche l'ok di Vittorio Cecchi Gori: costo del cartellino 11 miliardi e contratto di quattro anni. Obiettivo? Vincere il terzo scudetto con la Fiorentina. Com'è andata lo sappiamo tutti. Manuel disputò il primo campionato da rifinitore puro, segnò il primo gol il 23 ottobre 1994 contro il Padova (un destro mirabolante al “sette”) per un totale quell'anno di 9 reti. In più un rapporto burrascoso con Claudio Ranieri, che da buon propugnatore del 4-4-2 non vedeva di buon occhio i fantasisti. Andò molto meglio nel 97-98 con Malesani, che lo trasformò in vertice basso del rombo nell'innovativo 3-4-3. Sempre e comunque col numero 10 sulle spalle. Poi il ritorno alle origini con Trapattoni, rifinitore tra le linee a supporto di Batistuta ed Edmundo. Fino all'apoteosi, nel 2000, con Fatih Terim: capitano, condottiero, simbolo di una Fiorentina travolgente, spettacolare, da poco orfana del “Re Leone” passato alla Roma. L'ultima cartolina furono le lacrime di quel pomeriggio di maggio, nel suo stadio, di fronte alla sua gente, per annunciare e soffrire insieme il trasferimento al Milan. Per i pochi che non lo ricordassero Rui Costa verticalizzava come nessuno, forniva assist deliziosi sui quali Batistuta ha costruito fama e record. In più vantava dribbling, tocco morbido e intelligenza tattica, il tutto unito ad una predisposizione al sacrificio... rara, rarissima per uno di cachemire come lui. Insomma, un giocatore completo, un campione, un idolo per Firenze e la Fiorentina. Auguri!