I 53 ANNI DI ANTONIO DI GENNARO, UN "PROPHETA"... LONTANO DA FIRENZE
Auguri ad Antonio Di Gennaro per i suoi primi 53 anni. "Dige" (questo il nomignolo affettuoso che si porta dietro fin da ragazzo) nasce a Firenze il 5 ottobre del 1958, zona Soffiano, a due passi dalla Cattolica Virtus. Ci piace immaginare che l'Antonio bambino abbia respirato l'aria, il fascino, la magia della società di San Michele, dalla quale sono usciti campioni del mondo del calibro di Paolo Rossi (ma anche Andrea Barzagli), e ne abbia tratto giovamento. "Nemo propheta in patria" dicevano i latini, e la storia di Antonio ne è la conferma. "Dige" viene scoperto da quell'immenso talent-scout di Egisto Pandolfini, cresce nelle giovanili viola, ed annusa la prima squadra sul finire del campionato '76-'77. E' il 10 aprile 1977, al "Comunale" si gioca Fiorentina-Juventus per la 24° giornata di un torneo dominato dalle torinesi (lo vincerà proprio la Juve con il punteggio record di 51 punti, davanti al Torino con 50) con la Fiorentina buona terza. Quella domenica Giancarlo Antognoni è squalificato, ed il destino scrive il primo incrocio tra Di Gennaro ed il "capitano": gioca Antonio dall'inizio, e sarà il suo esordio in serie A. La partita è senza storia, vince la Juve per 3-1, e "Dige" farà fatica a farsi largo tra i vari Benetti, Causio, Tardelli... Ma ormai il ghiaccio è rotto, siamo di fronte al primo atto di una carriera luminosa. Purtroppo, come capiterà a parecchi altri (da qui il riferimento al... "nemo propheta in patria") i successi ed un posto da titolare arriveranno lontano da Firenze. Quell'anno Di Gennaro totalizzerà 4 presenze, l'anno dopo ('77-'78, quello della quasi retrocessione) i gettoni saranno 8. Nella stagione '79-'79 arriva la consacrazione con 21 presenze e 3 reti. Le prime due arrivano in coppia, l'8 ottobre 1978, rifilate al Napoli alla 2° giornata di campionato, per un 2-1 firmato Di Gennaro con il gol vincente siglato a 4 minuti dalla fine. Il terzo gol (ironia della sorte) Antonio lo realizzerà al Verona, il 19 novembre 1978, proprio la squadra che rappresenterà il punto più alto della sua carriera. Firenze e la Fiorentina, però, cominciano a stargli strette. Il ragazzo ha talento, fisico, gran tiro da fuori area, classe e geometrie, tutte doti che possiede anche Giancarlo Antognoni (ubi maior...). In realtà, Antonio sarebbe più regista di Giancarlo, i due sarebbero anche compatibili... "dige" un numero 8, il "capitano" un 10 in piena regola. Ma tant'è, l'anno dopo Di Gennaro gioca poco, appena 11 partite con 2 gol, e la decisione è presa: per lui a Firenze non c'è più posto. La stagione '80-'81 va al Perugia e retrocede. Quindi la destinazione Verona (in B), dove trova Osvaldo Bagnoli, e subito al primo colpo conquista la serie A. Da lì inizia una cavalcata personale e di squadra senza precedenti: lo scudetto del 1985 è la perla, ma anche la convocazione nella nazionale di Bearzot, e la maglia numero 14 (come Rivera, come Crujiff, come Tardelli) da titolare ai mondiali di Mexico '86. Con gli azzurri collezionerà 15 gettoni e 4 gol. Poi l'inevitabile declino: nell'88' il trasferimento a Bari dove resterà tre stagioni, quindi la chiusura al Barletta nella stagione '91-'92. Intraprende la carriera di allenatore e nella stagione 2000-2001 sarà il vice di Fatih Terim sulla panchina viola, ma anche in quel caso, nonostante le buone premesse, non riuscirà ad essere "propheta in patria". Causa i dissapori con Vittorio Cecchi Gori, infatti, Terim e tutto il suo staff (compreso Di Gennaro) si dimisero nel febbraio 2001. Attualmente Antonio Di Gennaro è uno dei commentatori di punta dell'emittente satellitare Sky, ed opinionista di Lady Radio.
In chiusura, un ritorno al nostro titolo "un propheta lontano da Firenze". Il caso di Antonio non è certo isolato, è piuttosto uno dei tanti "emigranti di successo" che si sono registrati nel mondo del calcio. Citavamo in apertura la Cattolica Virtus ed i casi di Paolo Rossi (certamente il più eclatante, vista la straordinaria carriera di "pablito") e di Andrea Barzagli (comunque campione del mondo con l'Italia a Germania 2006). Potremmo aggiungere Francesco Flachi, grande promessa a metà anni '90 con Ranieri allenatore, definitivamente esploso a Genova sponda blucerchiata. Lorenzo Stovini, originario di Scandicci, protagonista di una buona carriera (gioca ancora, nell'Empoli in serie B) ma anch'esso lontano da Firenze. Ed il più recente, Emiliano Viviano esploso a Bologna, adesso sospeso tra Inter e Genoa. Dispiace, in un mondo dove le bandiere non esistono più, dove il calcio business ha preso ormai il sopravvento, che i talenti cresciuti sotto casa vadano a fare fortuna altrove, lasciando un amaro retrogusto di nostalgia e rimpianto. Molti di loro (quasi tutti) a fine carriera tornano ad abitare a Firenze, mettono su famiglia a Firenze, invecchieranno a Firenze. E poi, come dice la canzone? "La porti un bacione a Firenze, chell'è la mì città, l'è tanto che 'un ci vò..."