TAVOLETTI A RFV, Coaching? Lavoriamo a 360°
Stefano Tavoletti, coach sportivo professionista, ha parlato a Radio Firenzeviola durante "Scanner", a cura di Giulio Dini , del suo mestiere e dell'importanza che hanno all'interno delle società sportive: "Il coaching non è uno psicologo, non deve aggiustare menti malate. C'è una formula per le performance, potenziale meno interferenze, che sono i problemi di tipo emotivo (pubblico che dà noia, l'ansia) il coach ti dà una mano a gestire queste interferenze e a tirare fuori un potenziale che hai dentro di te ma non sai di avere. Il coach ti dà quello che ti manca per arrivare al tuo potenziale. Si allena sempre la parte tecnico-tattica e fisica, ma non quella mentale. Sono tutte collegate. Noi aiutamo i professionisti a riconoscere i loro problemi e superarli.
Quale è il suo modus operandi?
"Quando si inizia un percorso ci incontriamo per dare obiettivi, che devono essere di pari passo con la società, mentre con Fabbri sono ovviamente individuali. Poi passo per passo valutiamo il giorno dopo un incontro cosa è andato e cosa no, uno degli avversari più grandi per i giocatori è pensare al passato o al futuro, bisogna giocare nel presente. Ci rendiamo conto a che punto siamo con il raggiungimento degli obiettivi. La solzione non la dò io, non sono allenatore, ma il calciatore stesso".
Quanto è importante ciò negli allenatori?
"L'esempio perfetto è Mourinho, non è una cima a livello tattico rispetto ad altri ma sa rapportarsi perfettamente con i suoi giocatori. Ho lavorato con molti allenatori, spesso non capiscono che una figura come la mia può lavorare a 360 gradi come tutti gli altri membri dello staff, con Zenga parlavamo molto, gli facevo notare chi lo seguiva e chi no, perché spesso i mister non si rendono contro dell'attenzione della squadra, ogni giocatore ha la sua leva motivazionale, questa spesso è la pecca di alcuni allenatori che non si mettono al livello dei giocatori. I giocatori non sopportano alcuni atteggiamenti degli allenatori. Quando il mister sbraita il giocatore vorrebbe un altro tipo di atteggiamento, alcuni giocatori si caricano ma ad altri fa l'effetto opposto, i mister dovrebbero creare squadre dove ognuno è leader di sé stesso. La figura del coach fa da collante tra allenatori e giocatori per capire le personalità di tutti e far rendere tutta la squadra al massimo. Non esiste un metodo univoco, bisogna adattarsi alla squadra che si ha. Stellone a Frosinone mi disse che aveva una squadra che sposava i suoi ideali caratteriali, e infatti ci è arrivato fino in serie A".
Quanto è importante la stampa per i giocatori?
"Se il calciatore vede la stampa come interferenza, dobbiamo trasformarla come qualcosa di positivo. Per esempio i calciatori leggono sempre le pagelle e avevano timore di fare un passaggio in più per la paura di prendere insufficiente".