CALCIOPOLI, I magistrati di Napoli presentano il conto

L'accusa: gare pilotate e sorteggi alterati. Coinvolti 37 fra dirigenti federali e di club e arbitri. Moggi: «Finalmente potrò difendermi»
11.07.2007 07:11 di  Redazione FV   vedi letture
Fonte: La Nazione

La stretta finale dell’inchiesta su Calciopoli arriva con le 23 pagine firmate dai sostituti procuratori della Repubblica Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci, titolari dell’inchiesta su Calciopoli e firmatari delle 37 richieste di rinvio a giudizio indirizzate al Gip, che dovrà ora decidere se processare gli imputati. Secondo i pm napoletani, venti di questi erano il cuore pulsante dell’organizzazione, per i quali hanno ravvisato il reato di associazione a delinquere: Luciano Moggi, Antonio Giraudo, Innocenzo Mazzini, Paolo Bergamo, Pierluigi Pairetto, Tullio Lanese, Massimo De Santis, Maria Grazia Fazi, Gennaro Mazzei, Francesco Ghirelli, Duccio Baglioni (già prosciolto dalla giustizia sportiva, ndr), Mariano Fabiani, Salvatore Racalbuto, Stefano Cassarà, Antonio Dattilo, Paolo Bertini, Marco Gabriele, Tiziano Pieri, Marcello Ambrosino, Ignazio Scardina. Dirigenti federali e di società, arbitri, guardalinee e anche un giornalista spostavano la bussola degli interessi della «cupola», secondo l’accusa, e «lo stabile vincolo associativo» correva tra le antenne dei telefonini «su riservatissime utenze anonime», svizzere.



In particolare, fornite da Moggi ai designatori arbitrali Bergamo e Pairetto, al ds del Messina Fabiani, a sei arbitri (Racalbuto, Cassarà, Dattilo, Bertini, Gabriele, De Santis, Pieri) e a un assistente (Ambrosino), per contatti «finalizzati al conseguimento di consolidata egemonia all’interno del settore arbitrale e della Figc» e causando «una serie indeterminata di delitti di frode allo scopo di prdeterminare i risultati delle partite nella stagione 2004-2005». Pronta la reazione di Luciano Moggi alla richiesta di rinvio a giudizio: «Scontata, ora attendo fiducioso l’eventualità di un processo. Potrò fare quello che fino ad ora non mi è stato permesso: difendermi». Moggi ha poi commentato la notizia secondo la quale sarebbe proprietario di un tesoretto nascosto da 150 milioni di euro. «Assurda. La fantasia è da film di Harry Potter. Mio padre mi ha sempre detto che la lingua maldicente è indizio di mente malvagia...».
Per gli altri 17 personaggi coinvolti nell’inchiesta, il reato ipotizzato è invece quello della frode sportiva. I pm Beatrice e Narducci hanno archiviato le posizioni del presidente della Samp Riccardo Garrone, dei due arbitri De Marco e Tagliavento e degli assistenti Alvino, Contini, Ivaldi, Niccolai, Papi, Pisacreta, Rossomando. Stralciata invece la posizione di Gianluca Paparesta che nell’avviso di chiusura indagini, era tra coloro per i quali era stato ravvisato il reato di associazione a delinquere. Paparesta, coinvolto nella seconda fase delle indagini, quella relativa alle sim svizzere, si era presentato in Procura a Napoli per essere interrogato e il suo verbale era stato secretato.
Nella sua deposizione avrebbe dichiarato che la sim svizzera, Moggi in realtà la diede a suo padre Romeo, che si è poi dimesso dall’Aia. E’ per questo che i pm hanno stralciato la posizione di Paparesta, maturando la convinzione che i nuovi elementi introdotti necessitino di un supplemento d’indagine. Il fischietto pugliese avrebbe poi raccontato come funzionava, dal suo punto di vista, il «sistema Moggi», qual era la condizione di pressione, enorme, alla quale erano sottoposti gli arbitri in un sistema ampiamente distorto. Un atteggiamento collaborativo, quello di Paparesta, che nelle segrete stanze dell’Ufficio Indagini, avrebbe alimentato la convinzione che il muro d’omerta stia per crollare. Alla fine, sono 29 le partite di A e una di B nelle quali sarebbero stati commessi «atti fraudolenti» tesi a predeterminare il risultato (in particolare attraverso sorteggi arbitrali pilotati, circostanza non provata dalla giustizia sportiva) o in prospettiva, come nel caso delle ammonizioni «chirurgiche» o delle espulsioni ingiustificate, che servivano a rendere più debole una squadra per la partita successiva, nel nome di interessi diversi del «sodalizio». Lunghissima la lista delle «persone offese», tra queste, i massimi rappresentanti di Figc, Coni, Monopoli di Stato (per concorsi e scommesse ndr), Rai, Lega, Ministero delle Finanze.
La patata bollente passa ora nelle mani del presidente dell’Aia Cesare Gussoni, per le posizioni di Rocchi e Dondarini, prosciolti al processo sportivo, ma non in quello penale, al pari di Pieri e Bertini, per ora sospesi (al pari di Paparesta) per il filone d’inchiesta sulle sim svizzere. Il dilemma da sciogliere non è da poco: fermare gli arbitri puliti per la giustizia sportiva o no? Gussoni avrebbe chiesto alla Figc una verifica formale delle posizioni dei fischietti in attività rinviati a giudizio dai pm, in attesa di prendere una decisione. Nelle conclusioni della Procura entra in scena anche il Bologna, ovviamente come parte lesa, quando si legge che furono favoriti «gli interessi di società calcistiche alleate al sodalizio e in particolare per garantire l’iscrizione al campionato 2005/06 del Messina e della Reggina nonostante l’assenza di presupposti finanziari».