"AMARCORD", Nel 2000 un immenso Bati-gol mise paura alla Lazio di Eriksson...
Vatti a fidare degli amici, soprattutto se l’amico in questione è il più grande bomber della storia della Fiorentina e uno dei più grandi nella storia del calcio mondiale. Stiamo parlando, ovviamente, di Gabriel Omar Batistuta, che il 15 aprile del 2000 giocò un brutto scherzo alla Lazio ed in particolare ai due connazionali in maglia biancoceleste, Juan Sebastian Veron e Matias Almeyda. Era una Lazio fortissima che oltre ai due argentini schierava gente come Nedved, Boksic, Mihajlovic, Salas, e che in quella partita fece entrare a metà secondo tempo un certo Roberto Mancini a infoltire la colonia di fuoriclasse presenti in campo. Quella stessa Lazio di lì a pochi giorni si laureerà campione d’Italia e dall’alto del suo primo posto in classifica, si presentò al “Franchi” con intenti bellicosi e da grande favorita. Anche la Fiorentina non era da meno, se consideriamo l’undici mandato in campo da Trapattoni; Toldo, Rui Costa, Chiesa, Mijatovic, e poi lui, Batistuta, l’uomo che batteva le punizioni dal limite meglio di un calcio di rigore. Come vediamo, una parata di stelle che illumineranno un confronto al cardiopalma, con un finale degno del miglior Hitchcock.
Ma andiamo con ordine. Fiorentina – Lazio rappresentava in quel periodo un amarcord in piena regola perché oltre ai già citati connazionali del “Re Leone”, sulla panchina della Lazio sedeva Sven Goran Eriksson, tecnico che visse due stagioni sulle rive dell’Arno, nelle quali si conquistò la sconfinata stima di tutto il pubblico viola. Pressing, fuorigioco, e un calcio tutto d’attacco, queste le prerogative principali del rettore di Torsby e anche la sua Lazio non faceva eccezione. Diversa la situazione in casa viola dove bruciava ancora la fresca eliminazione dalla Champions League e dove il Trap non brillava certo per spirito d’iniziativa. Prima mezzora scoppiettante con botta e risposta Batistuta – Nedved e vantaggio laziale alla fine del primo tempo con il gol di Boksic al 31’. La ripresa sarà il vero piatto forte dell’incontro e l’antipasto lo serve Enrico Chiesa che dopo 9 minuti pareggia per i viola su assist (uno dei pochi in quell’annata) di Predrag Mijatovic, una delle tante ciliegine di Vittorio. Lazio in disperato forcing alla ricerca di una vittoria fondamentale per il suo cammino scudetto e gran finale con Toldo e Batistuta assoluti protagonisti. 84’, atterramento di Nedved, rigore indiscutibile, e matchball sul piede di Mihajlovic che si fa parare il tiro dal portierone viola. Passano cinque minuti e l’arbitro Tombolini (sì proprio lui, l’attuale star moviolistica della Domenica Sportiva), enologo di professione, ma quella volta estremamente lucido, assegna un altro rigore solare ai biancazzurri. Seconda chance per il difensore serbo che (come si dice a Firenze), “a questa girata” non fallisce. Sembra finita, Lazio motivatissima, Fiorentina senza grandi pretese se non seguire l’orgoglio del suo Capitano. E del resto non si fanno 152 gol in maglia viola, non si fanno più gol di Maradona con l’Albiceleste, (questo il nome in gergo della nazionale argentina), non si zittisce il Nou Camp in una memorabile notte catalana, se non si è fuoriclasse fino in fondo. E proprio nel recupero, rigore…(perdon, punizione dal limite) per la Fiorentina, calcia il “conte Mascetti” Bati-gol ed è il 3-3 finale. Gabriel non esulta, rispettoso della disperazione degli “Amici suoi”, e come cantava De Gregori “Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia…”. Tutto questo (e molto di più), era Gabriel Batistuta.