CROCETTI A RFV, Il "mio" Viareggio in una A al top
Lorenzo Crocetti, ex attaccante della Fiorentina e capocannoniere del Torneo di Viareggio 2002, si è così espresso a Radio FirenzeViola: "E' stato uno dei più bei momenti della mia carriera, venivo da anni in cui avevo fatto benissimo, poi arrivò la notizia del fallimento e iniziai il pellegrinaggio a giro per l'Italia. Sicuramente il Torneo di Viareggio era una bellissima competizione, stellare, mentre adesso ha perso un po' di fascino".
Quanto è cambiato l'approccio del settore giovanile al mondo del calcio?
"Io ho un bellissimo ricordo della mia Fiorentina e della scuola calcio viola. Secondo me è un po' cambiato il mondo, forse noi eravamo più abituati a prendere il pallone e ad andare a giocare con l'amichetto... Oggi non è così. Poi, per carità, ci sono anche tanti irresponsabili, però in generale viviamo un mondo in cui tutto sembra più facile. Tanti professionisti dicono che il problema nasce dal basso, bisognerebbe puntare sulla qualità, piuttosto che sulla quantità, degli addetti ai lavori".
Adriano è il giocatore che l'ha stupita di più?
"Ce n'erano tanti... Nuno Gomez, Chiesa, Mijatovic, Taddei, Di Livio... Sembravano tutti irraggiungibili per un ragazzino".
Per un Lorenzo Crocetti di oggi, l'impatto con la prima squadra è diverso?
"Sicuramente il ridimensionamento c'è stato. Le big italiane non sono forti come un tempo, quando il posto in prima squadra sembrava irraggiungibile".
Proprio nel 2002 nasceva Alessandro Bianco, che fa un'enorme fatica a giocare...
"Io intanto mi augurerei sempre che in Italia si riuscisse ad avere un po' più di pazienza. Non è che gli italiani sono più scarsi degli altri, secondo me qui c'è semplicemente più pressione, cosa rispetto a cui non siamo ancora riusciti a fare un'inversione di marcia. Ci si aspetta subito che un giovane parta e faccia il fenomeno. Il prestito è un'arma a doppio taglio, a volte può essere una cosa buona ma altre volte il fatto di rimanere con giocatori più bravi può essere meglio. Io se dovessi prendere una società di calcio formerei i ragazzi in modo da essere poi presi dalle squadre più titolate: partiamo dal basso e insegniamo a giocare a calcio, sennò si fa fatica. Per me i dirigenti delle società devono avere delle mansioni ben precise, perché oggi ci sono tante figure che fanno troppe cose".