CADREGARI A RFV: "I RAGAZZI DEVONO GIOCARE. IN ITALIA C'È PAURA"
L'ex tecnico della Fiorentina Adriano Cadregari ha parlato a Radio FirenzeViola durante la trasmissione "Firenze in Campo": "Tra prima squadra e settore giovanile a livelli professionistici c'è un legame inesistente. Ormai la prima squadra è avulsa da ogni cosa ed è come se le giovanili non dovessero nemmeno disturbarla. Il Manchester City ha un centro allenamento con un ponte che porta dalla primavera alla prima squadra, ed è bellissimo perché crea un legame tra i due settori. Oggi invece arrivati in prima squadra si scordano di quanto sia importante il settore giovanile.
Lei come vede questo progetto delle squadre B?
"I giocatori sono sempre usciti anche senza le seconde squadre. Il problema comunque non sono le seconde squadre, ma è la mancanza di coraggio degli allenatori di mandare in campo i ragazzi. Quando c'era Prandelli alcuni ragazzi hanno debuttato. La gente deve capire che sta giocando un ragazzo e che non può essere pronto subito. All'Ajax i ragazzi debuttano ai 18 e 19 anni, mentre in Serie A a 23 anni sei un ragazzino. Questo discorso vale sia per la Serie A ma anche per la Serie B. Ci stupiamo che al Pescara 9 giocatori sono sotto i 23 anni, ma questa dovrebbe essere la normalità".
Secondo lei un giovane dovrebbe giocare in B o in C in prestito o un ragazzo dovrebbe, anche con poco minutaggio, rimanere in prima squadra?
"Questo dipende da quanto crediamo nei giocatori. Dipende anche dal ragazzo, ci sono quelli pronti che con tranquillità possono arrivare ad essere campioni o altri che hanno bisognoso di farsi le ossa. Non siamo tutti uguali. Oggi non conosciamo i nostri giocatori. Messi quando debuttò non era messo alla prova, sapevano che era un grande giocatore. Oggi in Italia il debutto è un banco di prova e appena sbaglia mezza partita allora non vale".
Se Miccoli fosse nato oggi avrebbe più presenze in Nazionale?
"Quando lo vidi uscire dal pullman dissi a Corvino: "Che mi porti i bambini dall'asilo?". Adesso è difficile dire se sarebbe stato uno dei più forti. Sicuramente sarebbe stato un grande giocatore. Per noi non è un problema far debuttare i giocatori a 17 o 18 anni. Le squadre devono avere più coraggio".
Lei ha allenato anche D'Ambrosio.
"Il direttore credeva in lui e il giocatore ha mantenuto le promesse. Insieme a lui c'erano anche altri giocatori che potevano fare bene ma nel calcio non è solo una questione di bravura ma anche di testa e determinazione. Sicuramente si vedeva che era in gamba però è stato bravo anche con la testa".