VIOLA, TRA RABBIA E TRISTEZZA: ORA LE SPERANZE SONO SU CABRAL. LA VERA SFIDA DI QUESTA SOCIETA’: D’ORA IN POI TRATTENERE I MIGLIORI. IL SEGRETO DI UN CALCIO DI SUCCESSO: EQUILIBRIO TRA CONTI E RISULTATI TECNICI
Una settimana cominciata male, brutto quel pareggio di Cagliari, e finita peggio, con la cessione di Vlahovic alla Juventus e relative dichiarazioni urticanti del neo bianconero. E’ buffo come pur essendo abituati a tutto, non ci si abitua mai al peggio. Ai giocatori migliori che la società viola cede con puntualità svizzera alla Juve e alle parole di plastica di questi giocatori dai sentimenti orientali come una canna al vento. Se per Vlahovic la Juventus dopo poche ore è già famiglia, c’è da domandarsi cosa sia stata la Fiorentina per il serbo. Quel club che lo ha preso minorenne e lo ha fatto conoscere al calcio europeo. In fin dei conti è solo una grande fiction questo pallone, dove ogni attore recita la propria parte in commedia, scaricando la palla sempre nella metà del campo e pensando soltanto al profitto economico. L’incasso di un cartellino, il bonifico di uno stipendio, le commissioni gonfiate - incompatibili col sentire comune - di agenti spregiudicati e dai profili inquietanti. Sullo sfondo la divinità del denaro, la stella polare di ogni azione. Il business per il business, la moltiplicazione che fa a pezzi gli unici che non c’entrano nulla e che magari credono ancora (per fortuna sono sempre meno) a chi bacia la maglia o alza le braccia per chiedere scusa ad uno stadio. Che stranezza: il calcio va avanti solo grazie ai tifosi e quest’ultimi sono presi a mazzate con ogni modalità.
Non che una volta il pallone fosse l’asilo Mariuccia, ma aveva comunque tratti di normalità, di umanità imperfetta, quella che avvicinava molto il calcio al suo popolo. C’erano i calciatori bandiera, gli stadi pieni e i presidenti tifosi.
Oggi no. Non ci si può affezionare ai calciatori perché molti club, la maggioranza, sono hotel con porte girevoli. Si esce e si entra che è una bellezza. Non ci si può affezionare ai presidenti perché anche quelli vanno e vengono che è una bellezza. Lì c’è stato addirittura il salto di qualità: gli italiani hanno abbandonato progressivamente il campo, mentre gli stranieri sono sbarcati in massa. Non certamente attratti da una passione incontenibile per il football, bensì per investire nel calcio italiano, arrivato così in basso da essere quindi costretto a risalire e dunque pronto a riaprire i rubinetti di una volta. E devi pure ringraziarli perché almeno ci mettono i soldi visto che a casa tua non li mette più nessuno. Questi sono fatti. E non puoi criticarli nemmeno più di tanto proprio perché gli altri non ne vogliono più sapere di guidare una società di serie A, i grandi imprenditori di casa nostra si sono voltati dall’altra parte.
Intanto si parla solo di bilanci, di flussi economico-finanziari, molti tifosi si dilettano con la calcolatrice e con i siti specializzati.
Si è passati dal dribbling all’ammortamento di bilancio con la leggerezza di una farfalla.
Questo è il quadro, bisogna prenderne atto e trovare una sintesi tra i desiderata di un presidente che ha scelto il Bel Paese per realizzare infrastrutture e quelli di una tifoseria che spera di vincere ogni tanto.
Il segreto è il punto di equilibrio tra i conti che devono essere sempre a posto e l’obiettivo tecnico. Basti che manchi uno di questi due elementi ed è fallimento. Chiaro, no?
Non conta chi parte ma chi arriva, solo che se ogni volta se ne vanno i più bravi diventa dura creare uno zoccolo di squadra che combatta per qualcosa che abbia un senso.
Una settimana di rabbia e tristezza, ma bisogna ripartire. Intanto fissando la prima sfida che dovrà darsi questa società: trattenere i migliori. Convincere Cabral che è sbarcato da poche ore a Firenze e che ha firmato un contratto di 5 anni, ad innamorarsi della Fiorentina. E con lui gli altri. Ci sono città come Napoli e Roma che sono riuscite negli anni scorsi a consolidare spogliatoi con una pattuglia di 5-6 elementi.
Il secondo punto riguarda proprio Cabral: Vlahovic è il passato remoto, il brasiliano il nuovo che avanza. Va accompagnato e aspettato. Avrà bisogno di tempo per ambientarsi in serie A e capire il gioco di Italiano. Il tecnico dovrà ricominciare da capo perché i meccanismi funzionavano grazie ad una regìa offensiva con precise peculiarità. Adesso si cambia. Speriamo in meglio anche se basterebbe mantenere lo standard di prima, sarebbe già un trionfo. A maggio avremo tutto chiaro. Capiremo se vendere Vlahovic adesso sia stato un affare sul piano economico e un disastro su quello tecnico oppure no. Come sempre il giudice sarà il verdetto del campo.
Firenze è spaccata nei giudizi nella sua miglior tradizione, ma nessuno si meravigli di questo. Vendere un campione alla Juventus nella città più anti-juventina d’Italia non è operazione che può passare inosservata. O no?