E SE MONTOLIVO...
C'è un momento per tutto. Per imprecare, nei primi dieci secondi dall'evento. C'è un momento per riflettere, a mente fredda, dopo una sconfitta prevedibile ma inspiegabile. C'è un terzo momento per fare il punto quando questa storia dura quasi da un anno e ci ha stancati. Correggo il tiro: io sono stufo del tatticismo della famiglia calcistica di Riccardo Montolivo ( faccio riferimento al procuratore e vice ) e degli ultimatum, che non sono tali perchè l'ultimo non è ancora scritto, della famiglia viola. Un mio attento e acuto collega ha accusato di "dilettantismo allo sbaraglio" chi invoca una chiusura totale, da parte della Società, con il giocatore. Suggerimento saggio che non raccolgo per un motivo semplicissimo: le riflessioni sono proprietà di chi le esterna e fatte per eventualmente contestare, senza essere accusati di " dilettantismo". "Allo sbaraglio" non ci sono io ma il calcio che non ha più "uomini simbolo". Giancarlo Antognoni dove sei? Spiegaglielo tu cosa vuol dire. E Riccardo Montolivo ha dimostrato che l'abito non fa il monaco. Ha dimostrato che diventare capitani di una squadra non vuol dire legarsi alla squadra, alla maglia e alla tifoseria. Non capisco perchè, per rincorrere un futuro più radioso, ha fatto vacillare il veliero viola, lo ha accusato di non avere più ambizioni e progetti attendibili. Mi adeguo, ma non capisco. Sono fra quelli che hanno difeso il talento e la personalità del ragazzo quando era più facile criticarlo che applaudirlo. Mai mi sono schierato con gli altri e tantomeno sono un pentito. Montolivo non è banale ed un giocatore importante e lo sarebbe tuttora se " dentro" ci fosse ancora il Riccardo che ho conosciuto prima della rottura. La Società non è esente da colpe, non ha capito che i calciatori e i procuratori vanno affrontati in maniera decisa e malleabile. Per mestiere una volta sono amici, agevolandone il 'cartellinamento' e con altrettanta naturalezza la controparte inflessibile. Loro, i procuratori, non devono avere "cuore" perché sono gli amministratori del talento e del portafoglio dei loro giocatori. Giocano, per mestiere,su più tavoli e non possono accontentare tutti. La Società non può sfoderare la classica "legge del taglione" ma lavorare sotto traccia, con furbizia. Altrimenti va di mezzo la tranquillità della squadra. Non si può pensare che il rendimento della squadra non ne abbia risentito. Un esempio: il testa a testa di venerdì e sabato scorso ha condizionato Montolivo. Nel viso e nell'anima del ragazzo non c'era la solita espressione scanzonata e rilassante. Lo si è visto quando doveva stimolare una squadra senza occhio di tigre e non è intervenuto. Si è visto quando ha rischiato una sacrosanta espulsione. E' vero che prima è stato trattenuto irregolarmente e l'assistente non lo ha sanzionato ma quell'intervento da dietro non attiene al suo repertorio. E' figlio del turbamento che lo ha colpito quando ha scelto fra il pragmatismo puro del mestiere del giocatore di oggi e il calcio tutto sentimento e cuore. Anche l'errore che ha favorito il raddoppio dell'Udinese è un segno degli Dei. Non era giornata. Sostituito è rimasto in panchina e non ha nascosto, alle telecamere, il suo sentimento ferito. Non so se gli è mancato il sostegno del suo procuratore impegnato a Las Vegas ma sembrava un passerotto affamato e bagnato. In quella immagine c'era la sofferenza di un ragazzo ancora attaccato al suo lungo passato fiorentino e ricco di soddisfazioni. Se il viso è lo specchio dell'anima e avrà il coraggio di decidere da solo, lo vedo ancora in viola per oggi e per gli anni a venire.
P.S.: mi era anche stato chiesto un commento alla sconfitta di Udine. La genesi del risultato è nella riflessione sull'affare Montolivo e non la riedizione della Fiorentina 2010/2011.
Franco Ligas
Giornalista di SportMediaset