ANDERSHOW, Un altro Gaucho incanterà il mondo (video)
Questa è la favola di un "Pelezinho", orfano di padre e capofamiglia già a 14 anni, che è riuscito a coronare il suo sogno: giocare a calcio ad alti livelli e dimostrare al mondo il suo valore.
Luis De Abreu Oliveira Anderson, nasce il 13 Aprile 1988 a Porto Alegre, capitale del Rio Grande do Sul e soprattutto città natale di Ronaldinho Assis, detto appunto per il luogo “Gaucho”. A 5 anni sua madre, la signora Doralice Oliveira, prende per lui la decisione che gli cambierà la vita: il piccolo Anderson entra a far parte del collegio dell'Olimpico, le giovanili del grande Gremio Porto Alegre. "Se non fossi uscito da lì come giocatore, almeno l'avrei fatto da persona matura e responsabile, da cittadino: è tutto ben organizzato, ci hanno dato molta disciplina. Un'esperienza che, col senno di poi, non perderei per nessuno motivo al mondo" racconta oggi il giovane trequartista: certo per un bambino di 8 anni che amava tanto il pallone e per nulla i libri non doveva essere facile. 130 "meninos", a casa solo nei weekend, quando Luis poteva sfogare per le strade del Parque Rubem Berta (il quartiere popolare a nord di Porto Alegre) la sua voglia di divertirsi con gli amici che lo chiamavano "Pelezinho": in questi anni, Anderson sviluppa una personalità forte, estroversa, ed un carisma da leader delle squadre giovanili dei “Tricolor”. Gol su gol, dribbling, numeri da circo (si dice che a 14 anni fosse già in grado di eseguire perfettamente lo strabiliante gioco riproposto da Taddei con la maglia della Roma e battezzato dal giallorosso “Aurelio”) condiscono le partite del giovane numero 10 nelle “juvaniles” del Gremio, ma la leggenda vuole che la grande occasione per l’esordio nei “pro”, Anderson se la sia guadagnata proprio grazie alla suo carattere fuori dal campo: il giorno prima di un importante derby contro l’Internacional, nel 2004, l’allenatore della prima squadra, Cuca, si trovava casualmente nella mensa dell’istituto e notò la giovane stellina, fino ad allora “nascosta” agli occhi del grande pubblico, mentre giocava con due cellulari. “Sono necessari entrambi per giocare bene?” chiese polemicamente Cuca: “Di che si preoccupa, non credo sia lei a pagarmi le telefonate - rispose con impertinenza il ragazzino che aggiunse, di fronte al mister sbigottito -. Io sono Anderson: ho giocato in Italia, Francia, Germania ed Inghilterra, gioco nella Seleçao con Ronaldo e ho segnato più di 40 gol nella Nazionale... e lei chiede in giro chi sono e perché ho due telefonini?”. Sapeva di rischiare grosso Luis, magari di restare fuori squadra a lungo dopo un simile comportamento... Ma Cuca pretese l’integramento di quel giovane così indisponente ma dalla grande personalità già a partire dalla calda partita del giorno seguente: il Gremio perse 3-1, ma indovinate di chi fu il gol della bandiera? Da quel giorno, “Pelezinho” diventò semplicemente “Andershow”: mattatore di un Gremio in difficoltà, mise a segno 5 reti fondamentali per la risalita dei Tricolores in Serie A. Il suo trionfo definitivo al pubblico internazionale arriva nel 2005: al Mondiale U17 in Perù, Anderson guida il suo Brasile (nella squadra capitanata dal “gunner” Denilson, con il madrileno Marcelo e i due giovani fantasisti Ramòn e Celso) con gol e spettacolo fino alla finale con il Messico, in cui si infortuna al 16’ e nulla può fare per scongiurare il pesante 3-0 inflitto dai rivali. Nonostante la debacle dell’“amarelinha”, Anderson viene premiato come Pallone D’Oro della manifestazione (davanti al messicano del Barça Giovanni dos Santos ed al turco Nuri Sahin) a furor di popolo.
Il cartellino del giovane Anderson viene acquistato nel Novembre del 2005 dalla GestiFute, società di impresari portoghesi che fa capo a Jorge Mendes, procuratore tra gli altri di Cristiano Ronaldo, Deco e Josè Mourinho: per 7 milioni, viene girato così al Porto, dove esordisce il 5 Marzo 2006. Ad oggi, Anderson ha totalizzato 23 presenze nei Dragao e 4 gol, ma soprattutto si è guadagnato la stima dello spogliatoio (che ha deciso di affidargli la maglia numero 10) e dei tifosi, che hanno creato per lui il soprannome di “Ronaldeco”, in onore del Gaucho e dell’ex fantasista del Porto, anch’egli oggi a Barcellona: nonostante un grave infortunio (frattura di tibia e perone nello scontro con il greco del Benfica Katsouranis, nell’ottobre 2006), Luis ha saputo tornare in meno di sei mesi e più forte di prima, mettendo a segno nelle partite successive al suo rientro due gol di pregevole fattura.
Il brutto anatroccolo di Rubem Berta è ormai diventato uno splendido cigno: tecnicamente, il suo mancino è sopraffino, da vero e proprio numero 10 brasiliano. Per quanto riguarda l’aspetto tattico, Anderson è una piacevole sorpresa: nonostante le sue doti potrebbero far pensare ad un giocatore essenzialmente anarchico, il giovane brasiliano ricopre con diligenza più ruoli, in maniera impeccabile. Dalla posizione del “volante” davanti alla difesa, interpretata in qualche occasione in nazionale U17 e nelle giovanili nero-biancazzurre, a quella “naturale” del 10 puro, passando per la seconda punta e soprattutto la posizione della mezz’ala sinistra, dove è in questo momento impiegato al Porto e sta raggiungendo la sua maturità calcistica. Tuttavia c’è da credere che in estate un altro importante avvenimento sconvolga il suo ruolo: la nazionale brasiliana U20, strafavorita sulla carta per la vittoria finale del Mondiale in Canada, gli affiderà senza limiti di posizione le chiavi della squadra, di cui sarà il “Craque” predesignato nonostante la presenza del suo grande amico Alexandre Pato, del Capitano Lucas Pezzini, dell’interessante Tcho dell’Atletico MG, del fantasista del “Timao” William e dell’“ucraino” Luiz Adriano.
Le sue caratteristiche verranno di certo esaltate da questa abbondanza di “piedi buoni”: Anderson è abile sì nell’uno contro uno, ma fa di un’incalzante progressione “alla Kakà” il suo cavallo di battaglia, oltre ad un velenoso tiro dalla distanza, una capacità di realizzazione dei calci piazzati assolutamente di livello e una discreta (seppur migliorabile) freddezza sottoporta. In questo momento gli unici limiti evidenti sembrano essere il pressoché totale utilizzo di un solo piede (il sinistro), cosa che penalizza un po’ la varietà del suo gioco, e il fisico non generosissimo (1.75 per 69 kg) seppur già ben sviluppato.
“Andershow” sembra però in maniera eclatante un giocatore già pronto per una big, senza dubbio un “craque” di spessore: a soli 19 anni, la sua valutazione dovrebbe già aggirarsi oltre i 15 milioni di euro, nonostante non abbia ancora rinnovato il contratto con il Porto in scadenza 30 giugno 2008.
Il suo sogno è quello di giocare nella Nazionale Brasiliana, con i suoi tre idoli Kakà, Ronaldinho e Ronaldo: e proprio a questi tre potrebbe essere legato anche il futuro per squadra di club. Il suo desiderio sarebbe infatti quello di vestire la maglia del Milan dei brasiliani, eppure in molti lo candidano come successore di Ronaldinho (in possibile partenza proprio verso Milano) a Barcellona. Chiunque lo prenda, farà certamente un’affare, specie se riuscirà a farlo prima del Mondiale canadese in cui potrebbe ripetere l’escalation di Leo Messi 2 stagioni fa e le sue quotazioni potrebbero impennarsi su cifre da capogiro: il Porto è storicamente una “bottega cara”, come dimostrato negli affari Deco-Barcellona e soprattutto Ricardo Carvalho-Chelsea, e difficilmente svenderebbe un gioiello così prezioso, che anche a livello pubblicitario comincia ad offrire un buon ritorno (ha firmato un contratto multimilionario da uomo immagine con l’Adidas, seguendo le orme di Messi e Kakà).
Attendendo la consacrazione definitiva, Anderson si può “accontentare” di aver pressoché coronato i suoi due obiettivi prefissatisi all’esordio nel calcio professionistico: “Vorrei comprare una casa a mia madre e costruire delle strutture calcistiche nel mio quartiere” rivelò il giovane fantasista in un’intervista di qualche mese fa. Un talento puro, ma anche un leader in campo ed un ragazzo dal cuore d’oro fuori: questo è Luis Anderson, il craque che con tutta probabilità proverà a riportare in Brasile la Coppa del Mondo nel 2010, nel Mondiale Sudafricano.