Da incendiario a pompiere: i 40 giorni che hanno cambiato Vanoli
C’è una strofa di Rino Gaetano che più di tante analisi racconta il momento viola: "Partono tutti incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri". Applicata al calcio e alla Fiorentina di oggi, suona quasi profetica. Perché Paolo Vanoli, nei suoi primi 40 giorni a Firenze, ha vissuto una trasformazione comunicativa tanto rapida quanto evidente. Da fiume in piena a voce dimessa, da predicatore instancabile a uomo delle risposte minime. Un cambio di passo che non è passato inosservato.
L’arrivo: parole come dichiarazione d’intenti
Quando Vanoli si è presentato al mondo viola, lo ha fatto senza freni. Lessicali, soprattutto. La conferenza stampa di presentazione - oltre un’ora assieme al dg Ferrari e al ds Goretti - è stata una vera dichiarazione d’intenti. Il tecnico di Varese sembrava voler conquistare Firenze a colpi di parole, senza paura di esporsi e di argomentare ogni scelta (al punto da interrompere pure il ds dopo una domanda sul mercato). Un approccio che si è confermato anche nei primi incontri con la stampa. Emblematico quello dell’antivigilia della sfida con la Juventus: appena sette domande in quasi mezz’ora, oltre quattro minuti di risposta in media, con tanto di botta e risposta con un giornalista presente.
Quel secco "sì" di Losanna
Quella modalità comunicativa, però, non è passata inosservata nemmeno all’interno del club. Tanto che, con il passare delle settimane, l'ufficio stampa della Fiorentina ha suggerito all’allenatore di essere un po' più sintetico. Un’esigenza pratica, per la gestione dei tempi, che Vanoli ha recepito subito. Forse anche troppo. Perché se è vero che l’eccesso di parole può diventare rumore, è altrettanto vero che l'eccessiva sintesi rischia di raccontare più di quanto si vorrebbe. La conferenza di ieri a Losanna ha segnato uno spartiacque. Un Vanoli diverso, con toni bassi, risposte secche e sguardo meno acceso del solito. L’immagine simbolo è quel “Sì” pronunciato dopo una domanda durata 40". Una risposta che ha fatto rumore proprio per la sua assenza di contenuto. Difficile non cogliere il contrasto con il Vanoli di novembre, quello arrivato al Viola Park con il fuoco sacro negli occhi e nelle parole. La sensazione, in sintesi, è quella di un allenatore più dimesso che determinato. E questo forse per più motivi.
Le cause del cambio comunicativo
Quali? La grande (forse troppa) dedizione mostrata negli allenamenti, l’impegno quasi totalizzante nel lavoro quotidiano e, soprattutto, una risposta della squadra che sul piano dei risultati continua a latitare. Quando i risultati non arrivano, le parole pesano di più. E spesso, forse, è meglio ridurle pur di far parlare il campo. Vanoli sembra aver scelto questa strada: meno proclami e più silenzio. Ma il rischio è che, insieme alle parole, si spenga anche quella scintilla emotiva che aveva acceso l’entusiasmo iniziale e che sul piano della reazione di Ranieri e soci aveva portato ai pareggi d'orgoglio con Genoa e Juventus.
Da incendiario a pompiere?
Resta una domanda sospesa: siamo di fronte a una naturale evoluzione o a un progressivo spegnimento? Figlio - magari - delle prime voci su un cambio di guida tecnica che potrebbero a stretto giro riguardarlo. Vanoli non è diventato improvvisamente un altro allenatore ma il suo linguaggio sì, eccome. E nel calcio, si sa, la comunicazione è parte integrante del progetto tecnico. Per ora, Firenze osserva. Ricordando quella strofa di Rino Gaetano che, mai come oggi, sembra raccontare il percorso di un allenatore partito incendiario e fiero, e arrivato - almeno davanti ai microfoni - con l’estintore in mano.
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