PESSINA, IL BLUFF DEL PASSAPORTO E L'AUTOGOL SUL FLAMINIO
Se c’è una cosa che più di altre i tifosi viola hanno spulciato in queste ultime ore è stato il proprio passaporto. Non tanto per programmare un improbabile viaggio all’estero (di questi tempi, col fenomeno Covid di rientro, meglio starsene a casa) ma per verificare coi propri occhi quanto raccontato di recente dal Sovrintendente delle Belle Arti di Firenze Andrea Pessina: “A pagina 31” - ha asserito il rappresentate locale del MIBACT - “è raffigurato l’Artemio Franchi, un’opera dal valore storico paragonabile alla Cupola di San Pietro o al Colosseo”. Un’affermazione forte sulla quale, peraltro, si potrebbe anche obiettare visto che se per visitare i Musei Vaticani o l’Anfiteatro Flavio, a Roma, le code di turisti si registrano per tutta via della Conciliazione e via dei Fori Imperiali, dalle parti di viale Fanti a Firenze le uniche figure che si avvicinano alla tribuna coperta o alle scale elicoidali del Comunale in un normale giorno di lavoro sono stormi di piccioni o, nella migliore delle ipotesi, i muratori che da mesi provvedendo a mettere a posto un “monumento” che sta ormai cadendo a pezzi, a causa dell’incuria alla quale è stato lasciato.
Ma al di là di questa frase improvvida, fa specie un’altra affermazione rilasciata da Pessina nell’intervista concessa ieri a La Nazione: “Nel nostro passaporto” - insiste il Sovrintendente - “sono raffigurate ben tre opere del Nervi: oltre all’impianto di Firenze, sono presenti anche la Sala delle udienze Paolo VI in Vaticano e lo stadio di Roma”. Ed in effetti è così: l’aula magna utilizzata per le conferenze del Pontefice (che ancora risponde al suo scopo originario) si trova a pagina 33 mentre l’impianto sportivo della Capitale trova spazio sempre a pagina 31, accanto al Franchi: si tratta, nella fattispecie, di una porzione del Palazzetto dello Sport di piazza Apollodoro e dell’adiacente stadio Flaminio, arena che ormai è passata tristemente alle cronache per essere diventata una cattedrale nel deserto. Ovvero lo stesso destino che - con le norme vigenti - attende con buona probabilità anche il Franchi, qualora un giorno la Fiorentina decidesse di traslocare in uno stadio nuovo. Se c’è infatti un aspetto che cozza tremendamente con quanto affermato da Pessina è proprio il fatto che costruzioni come quelle di Firenze e di Roma possano essere messe in paragone con strutture, antiche o moderne che siano, divenute col tempo simbolo dell’Italia: patrimoni che vengono ancora oggi studiati, custoditi e soprattutto visitati di continuo. Il Franchi ma in special modo il Flaminio più che fiori all’occhiello del nostro Paese sono semmai divenuti le pecore nere.
Il recente emendamento sblocca-stadi presentato dal Governo italiano (testo del PD e firma Renzi) è volto proprio a questo: ad evitare che strutture-monumento come quello dei viola facciano la fine dell’impianto romano. E magari a far sì che davvero lo stadio di Firenze possa diventare un’opera in tutto e per tutto simile (stavolta sì) alla Cupola di San Pietro e al Colosseo, ovvero attrazioni da vivere sette giorni su sette per turisti e curiosi, pronti a formare code per visitare un Museo o le innovative costruzioni interne e non solo per aggiudicarsi un biglietto al botteghino a ridosso del fischio d’inizio della partita o, peggio ancora, per trovare un pertugio negli attuali bagni sotto le decadenti curve, luoghi maleodoranti che trasudano sporcizia da ogni mattonella divelta: un autentico "scempio", per sposare un'espressione tanto cara al Sovrintendente usata però in riferimento ad uno stadio del tutto ristrutturato. Spulciando scrupolosamente il suo (datato) passaporto, il dottor Pessina se ne sarà accorto?