MARESCA, Se vedo Bosman gliene dico quattro
Enzo Maresca è uno dei tanti giocatori italiani che ha dovuto espatriare per conoscere finalmente la gloria che cercava da tempo nel proprio paese: al Siviglia è esploso, ma nelle sue parole c'è l'amarezza di chi vorrebbe essere riconosciuto grande anche nella nazione in cui è nato.
Caro Maresca, con tanti stranieri in serie A, oltre quota 200, che ci fa uno come lei, 27 anni, all'estero? «Me lo chiedo anch'io: gli italiani sono più apprezzati fuori che non in casa propria».
Adesso non esageri. Nelle sue parole c'è forse un po' di veleno? «Veleno è poco. So io cosa ho passato pur di stare in Italia. Non voglio ricordare, ma se sono andato via, ho avuto le mie buone ragioni».
Anche quella di essere definito un cavallo pazzo e un po' indisciplinato? «Non voglio parlare di genio e sregolatezza, non pretendo tanto, forse non sono all'altezza. Ma ce ne sono tanti peggio di me che se ne stanno tranquillamente in grossi club italiani».
Forse perché i club nostrani pretendono troppi soldi. «Anche questo è vero, ma noi costruiamo i campioncini in casa e non è bello vederli messi da parte perché arriva un Carneade da non so nemmeno dove e gli porta via il posto solo perché è a costo zero».
Lei come si trova a Siviglia? «Da re. Gioco, sfioro il titolo, vinco le coppe europee e a fine agosto ho tanta voglia di fare un brutto scherzo al Milan nella Supercoppa europea. Almeno potrei far vedere a tanti che gli italiani non sono così scarsi».
Allora è sbagliato il sistema? «Aprire le frontiere a tutti è stato un errore. Se incontro Bosman, gliene canto quattro. E poi tra comunitari ed extra è proprio una bella confusione».
Sia sincero, Maresca, tornerebbe volentieri a casa? «Chiunque vorrebbe giocare in Italia, anch'io, ma oggi sto bene qui. Si era parlato di un interessamento dell'Inter, mi sarebbe anche piaciuto vestire il nerazzurro, ma non se n'è fatto niente. Peccato davvero».