IL MARATONETA, Signori si nasce
Come recitava il grande Totò in una sua celeberrima commedia del 1960, “Signori si nasce” e qualcuno in quel di Palermo neppure se avesse una seconda opportunità di venire al mondo risulterebbe avere charme, classe e aplomb tipici dei Sir.
Infatti dopo la rete del fenomeno rumeno (finalmente qualcuno degno del numero 10 sulle spalle), abbiamo assistito a scene di isteria collettiva, a tentativi di aggressione, ad offese verbali, a puerili tentativi di “combine” per ristabilire subito la parità.
Non c’è che dire, proprio un ottimo esempio soprattutto se si pensa che ha visto come protagonisti gli stessi tesserati che non più tardi di 39 giorni fa, nella tragica notte di Catania, con facce di circostanza, parole da libro cuore, si cospargevano il capo di cenere, professavano atti di dolore e tragici mea culpa perché i primi a dare l’esempio dovessero essere sempre e comunque i protagonisti in campo.
E allora com’è possibile avere una memoria così labile? Oppure com’è possibile avere la faccia del Giano bifronte? Purtroppo è normale amministrazione quando si ha a che fare con gli abatini di turno (mi scuserà Rivera), con i predicatori di correttezza a giorni alterni, con i permalosi per mancata assunzione, con i tarantolati ad immagine e somiglianza del proprio datore di lavoro.
A certi elementi che si stracciano le vesti nei vari salotti televisivi bisognerebbe quindi far visionare le emblematiche immagini di Catania - Palermo e Palermo - Livorno di questo campionato per farsi chiarire perché il fair-play si reclama quando si subisce una rete e non quando la si segna agli avversari: questione di diottrie o di coerenza? Ai lettori l’ardua sentenza.
Nel frattempo mi risulta che molti di questi stiano già facendo sonori gargarismi per attendere al varco come merita chi ha solennemente giurato che non accetterà mai in futuro un goal segnato dalla propria squadra con un avversario a terra, pena l’autorizzazione allo sputo in faccia del dichiarante. Ad ulteriore conferma poi che Mutu non è un delinquente che si è macchiato di crimini contro l’umanità sportiva, al modesto scrivente sembra di ricordare che il gravissimo infortunio occorso a Guana ha permesso al medesimo di rimanere in campo per tutti i restanti sessanta minuti di gara e di giocare più che bene senza risentire minimamente di quanto occorsogli al minuto 33 del primo tempo.
E’ comunque una vita difficile quella del dipendente alle falde del Monte Pellegrino: si è sempre in discussione, sempre sotto esame, sempre al centro di mille critiche, stress e pressioni si sommano quotidianamente, figurarsi poi se si parte tra mille sogni di gloria e strombazzanti dichiarazioni del tipo “Spezzeremo le reni all’Inter” o “ Vinceremo il tricolor” e poi ci si ritrova a – 30 dalla rivale per lo scudetto. La vita si fa più dura, si teme per il proprio orgoglio, per la propria dignità di lavoratore di cose pallonare, si teme di averle sparate grosse all’inizio dell’anno, si viene assaliti da mille dubbi e l’autostima comincia a scricchiolare.
E quindi anziché dotarsi di autocritica ed umiltà, che fare di meglio se non andare ad accusare gli altri di disonestà, di mancanza di sportività, di lealtà e di sciacallaggio? Sicuramente Prandelli, stretto nel suo giubbino portafortuna alla Fonzie, avrà pensato come potesse ritrovarsi a condividere la stessa professione col suo dirimpettaio accusatore. Allontanato con la forza il tribuno veneto, il Cesare da Orzinuovi avrà pensato nella bolgia del Renzo Barbera che Totò aveva proprio ragione: “Signori si nasce, ed io modestamente, lo nacqui!”
S.G.