IL MARATONETA, Incompreso?!?
Quella di oggi non sarà una rubrica dove tratteremo di elogi sperticati per un Frey assoluto protagonista del prezioso punto aggiunto alla classifica viola o di encomi solenni al Prandelli-pensiero in fatto di calcio, ma quella che vi apprestate a leggere è una vera e propria lettera aperta al signor Riccardo Montolivo da Caravaggio - Milano, classe 1985.
Egregio Signor Montolivo,
chi le scrive segue le vicende calcistiche della squadra viola dal lontano campionato 1977/78 ed è quindi con una minima esperienza al riguardo che mi permetto di muoverle alcune critiche.
Come Lei ben sa, questa è una città che adora ed adotta prontamente i giocatori dai piedi buoni, i raffinati produttori di “giorgine” e “veroniche”, i calciatori fantasiosi che accendono la passione per chi si presenta al pubblico quasi come un “predestinato”. Come vede caro signor Montolivo, questo è più o meno il suo profilo calcistico, il suo identik di professionista del pallone, l’idea che Firenze ha di Lei.
Fatta sua questa doverosa premessa, il passaggio successivo mi obbliga chiederle signor Montolivo come giudica, in tutta sincerità, la prova che Lei ha offerto contro la Roma? Le faccio questa domanda perché personalmente (ma non credo di essere il solo) l’ho giudicata fortemente deludente con consequenziale rendimento.
Le premetto che il mio giudizio nei suoi confronti non è aprioristico e neppure dettato da un’analisi superficiale della sua prova, ma frutto di riflessione attenta e minuziosa. Contro la Roma, Prandelli ha creduto in Lei decidendo di non snaturare il suo disegno tattico schierandola in un centrocampo che, anche in 11 contro 11, aveva un “peso” ben diverso da quello giallorosso. Eppure quando la squadra è rimasta in inferiorità numerica, al momento del doppio cambio, quasi tutti hanno pensato che un candidato ad uscire fosse proprio Lei.
Ed invece mister Prandelli, sacrificando Liverani, ci ha sorpreso: in quel momento particolare l’ha investita ufficialmente di una grande responsabilità (“inventare” gioco per i compagni), disegnandole opportunamente intorno un reparto dotato di compagni che la sollevassero da compiti di “mastino” a Lei non troppo familiari.
Quindi le premesse per far bene c’erano tutte: la partita casalinga, l’importanza della posta in palio, due “guardaspalle” a sua disposizione come Pazienza e Blasi, il “monopolio” dell’invenzione dopo la rinuncia al suo collega Liverani, ma nonostante questi accorgimenti dai suoi piedi, caro signor Montolivo, non è scaturito nulla che meriti di essere ricordato, nemmeno una giocata degna di nota.
Il mister aveva creduto in Lei come regista arretrato, come il cervello pensante del centrocampo, come la mezzala degli anni 70 che “illumina” per i compagni, l’ha immaginata come il Pirlo, il Dunga, l’Ancelotti o anche più semplicemente il Liverani di turno, da cui, in quasi nove mesi di convivenza lavorativa, dovrebbe aver imparato ad imitare gesti e visione di gioco. Ed invece niente. In fase difensiva Lei ha spesso spazzato via il pallone come un mediano qualsiasi, come uno stopper vecchio stampo poco avvezzo ad addomesticare la sfera; in fase offensiva poi non ha inciso minimamente, facendosi addirittura fregare un pallone d’oro, solo perché non immaginava che dietro di Lei si potesse materializzare un avversario.
Dopo la prova offerta contro la Roma, Lei, caro signor Montolivo, si riconfermerebbe? Vorrebbe ancora considerarsi un titolare inamovibile? Crede di meritare un’altra chance? Se mi permette la brutale sincerità, Le dico che se Lei è un “predestinato” del calcio, lo dimostri. Lo dimostri prendendosi responsabilità, tirando fuori la grinta ed il piglio del leader; si faccia carico di infondere sicurezza ai compagni, smetta di fare il “compitino” e prenda per mano la squadra, soprattutto quando è il solo “faro” a centrocampo.
Lei probabilmente vorrebbe obbiettarmi che quella di domenica contro la Roma era “soltanto” la sua settantaseiesima presenza in serie A, e che perciò difetta di esperienza e che in fondo la sua carta d’identità dice che ha appena compiuto 22 primavere. Ma la fermo subito, signor Montolivo, facendole notare che da queste parti, forse, siamo abituati male perché alla sua stessa età si era già affermato “un ragazzo che giocava guardando le stelle”.Mi dispiacerebbe molto vederla come il ragazzo dalle eterne promesse, come un incompiuto, come un calciatore dalle enormi potenzialità ma dalla scarsa personalità. Tralasciando il campionato scorso, Lei quest’anno è stato utilizzato con continuità dal suo allenatore, ma fino ad ieri ricordo solo (colpa della mia senilità?) una partita giocata col piglio del leader (quella persa in casa col Palermo), per il resto mai un tiro da fuori (eppure in Nazionale Lei segna), una punizione calciata con furbizia o velenosità verso la porta avversaria, una prova in cui abbia trascinato i suoi compagni verso una vittoria che porti la sua degna firma.
A Firenze probabilmente siamo di gusti troppo difficili, abbiamo palati troppo raffinati, ma non vorremmo mai che Lei si indispettisse al punto di immaginarsi al centro di una congiura mediatica contro la sua persona e le sue qualità pedatorie.
Il pubblico viola ama follemente i propri giocatori, ma non sopporta chi si erge a “vittima” o si autocommisera definendosi “incompreso” come il povero protagonista (lui sì, davvero incompreso dal padre) del romanzo di Florence Montgomery, perché, fine tragica a parte, la città di Firenze, caro signor Montolivo, non glielo perdonerebbe mai.
S.G.