"VERSO IL GENOA", Con quella faccia un po così...
Non sappiamo con quale faccia i tifosi viola andranno allo stadio, stasera, per tifare Fiorentina, ma crediamo di conoscerne almeno l'espressione, incerta, dubbiosa, forse impaurita, certamente curiosa del futuro che li attende. Il Genoa come avversario che ha dalla sua la legge dei grandi numeri, visto che sono 44 anni che non espugna Firenze e che ha vinto solo tre volte nel capoluogo toscano in tutta la sua storia. Messa così l'unica faccia da fare, l'unica espressione da trasmettere è quella dell'orgoglio, dell'appartenenza, da contrapporre ad un destino che sembra aver già deciso il futuro della Fiorentina. L'impressione è che ci aspettino anni bui e tempestosi, fatti di giovani promesse come Neto, giocatori riciclati come Behrami, delusioni ed illusioni come Barreto, grandi scoperte, pianticelle sbocciate e poi rivendute come Pazzini, Kuzmanovic piuttosto che in futuro Jovetic, Ljajic o Babacar. Speriamo di sbagliarci ma gli anni di Prandelli, Luca Toni, Adrian Mutu, dei giovani Frey, Gilardino, e Montolivo appaiono come uno splendido passato, anche se molti di loro fanno parte di un triste presente e l'espressione un pò così che ci viene fuori è di rimpianto, nostalgia, quasi malinconia.
Oggi però dobbiamo pensare all'attualità, ad una classifica che fa paura, a quei famosi 40 punti da raggiungere a tutti i costi, con ogni mezzo. Le partite con Lecce e Lazio ci hanno riportato con i piedi per terra, e Fiorentina-Genoa ha il sapore della sfida salvezza, dell'ultima spiaggia, del match da dentro o fuori. Tutto questo ci riporta a quel 7 maggio 1978 quando una Fiorentina povera ma bella si salvò all'ultima giornata grazie al gol di Scanziani che da San Siro lanciò l'ancora di salvataggio alla Fiorentina di Beppe Chiappella e Giancarlo Antognoni. Quella Fiorentina era ben poca cosa rispetto a quella di oggi. Allora in difesa c'era Galdiolo e non Gamberini, a centrocampo c'erano Zuccheri e Steno Gola e non D'Agostino e Montolivo. In attacco, poi, c'era il piccolo Ezio Sella mentre oggi tocca al grande Alberto Gilardino. Ma sopratutto c'erano facce diverse, che non erano un pò così, con l'espressione un pò così, perchè a molte di loro bastava vestire una maglia, rappresentare una città, cantare l'inno, sventolare una bandiera, per capire di esistere e far parte di qualcosa di grande.