"AMARCORD", Il cucchiaio del dottor Socrates e la cinquina di Malesani
Fiorentina-Atalanta è una partita dalla lacrima facile, nel bene e nel male, vissuta tra drammi sportivi, imprese e commoventi addii. Ripercorrendo con la memoria gli ultimi vent'anni di confronti tra viola e nerazzurri troviamo 14 precedenti con 8 vittorie gigliate, 5 pareggi ed una sola sconfitta. Il "fattaccio" accadde il 3 gennaio 1993 con l’Atalanta di Lippi e il gol di Perrone che, di fatto, decretarono la retrocessione in B della Fiorentina dopo ben 55 anni di onorata carriera nella massima serie. La scellerata pantomima di Vittorio Cecchi Gori, l'esonero di Radice ed il successivo ingaggio di Agroppi fecero il resto. La tradizione al "Franchi" contro gli orobici è comunque favorevole (29 vittorie contro 7 sconfitte) accompagnata spesso da punteggi altisonanti. Ricordiamo tra gli altri un 5-0 dell’ottobre 84’ con il primo gol in viola di Socrates (splendido cucchiaio sotto la Fiesole), e un’altra roboante cinquina nel dicembre 97’ con Malesani in panchina. Fiorentina–Atalanta però, significa anche il canto del cigno di due immensi fuoriclasse che a loro modo hanno reso grande la nostra storia. Il 17 maggio 87’ chiude la sua carriera in viola, con 341 presenze, 61 gol e una misera Coppa Italia, Giancarlo Antognoni. Per lui l’ultima col giglio sul petto fu un Fiorentina–Atalanta 1-0, decisa da un gol di Alberto di Chiara allo scadere. Il 29 aprile 90’ disputa la sua ultima partita di campionato con la Fiorentina Roberto Baggio. Anche per lui l’ultima con gli orobici fu salutata da una vittoria, stavolta per 4-1, e per la serie…corsi e ricorsi storici, in quella partita dette l’addio al calcio professionistico anche il mister viola Cesare Prandelli, dopo un’onesta carriera caratterizzata da 215 presenze in serie A e due soli gol. Fu un addio in sordina, quello del “Capitano”, che continuerà la sua carriera in Svizzera (Losanna) dove vestirà i panni del messia, in un calcio ai confini del dilettantismo. Diverso, invece, il destino di Baggio che a soli 23 anni "tradiva" la causa viola per vestirsi di bianconero e protagonista di un clamoroso ritorno a Firenze l’anno seguente nella partita del rigore rifiutato e della sciarpa lanciata dalla tribuna e (colpevolmente per i tifosi juventini) raccolta. Un amarcord, come vediamo, grandi firme. A Frey e Gilardino, sopravvissuti al richiamo irresistibile dell'infermeria viola, il compito di continuare degnamente la tradizione.