VENUTI CE LO RICORDA: ANCHE LORO SONO PERSONE, IL CALCIO E IL FATTORE UMANO

15.10.2021 11:30 di  Stefano Prizio  Twitter:    vedi letture
VENUTI CE LO RICORDA: ANCHE LORO SONO PERSONE, IL CALCIO E IL FATTORE UMANO

E’ raro e mi ha colpito: nel conformista mondo del pallone non è consueto leggere parole franche e interessanti come quelle pronunciate da Lorenzo Venuti, parole che meritano un approfondimento e qualche riflessione: "Sicuramente la comunicazione nel calcio tende ad essere monotona. Ma la vita del calciatore in generale è monotona. A livello di quotidianità ti ritrovi a ripetere sempre le stesse cose, e quindi ti viene anche ad esprimerti così dopo le partite, ripetendo le medesime cose. Anche perché c’è un po' di attenzione in più, perché sei sempre soggetto a critiche. Magari fai un’intervista lunga di mezz’ora, viene presa solo una frase e ci vengono scritti 50 articoli. Di conseguenza, essendo soggetti a queste cose, si tende a dire il minimo indispensabile. E il minimo indispensabile sono sempre le stesse cose: quando vinci son quelle, quando perdi sono altre. Se ci fosse più obiettività e oggettività da parte dei giornalisti che riportano le cose, e da parte nostra nell’esprimersi ci potrebbe essere una comunicazione migliore".

Che la comunicazione nel calcio sia monotona è un fatto, ma lo è anche perché tale monotonia è meno divisiva e disturbante agli occhi delle società e dei loro uffici stampa, ma c’è di più, anche ai tifosi la comunicazione piace così, piatta piatta, facilmente comprensibile e digeribile e non foriera di polemiche, per le quali, nel caso vi siano, è facile dare la colpa al nemico esterno, al ‘ giornalista terrorista’, che poi per il tifoso è più confortante seguire il luogo comune del calciatore super privilegiato, ricco, pieno di donne, osannato e sempre felice, invece Lorenzo Venuti ci parla della "vita monotona" del calciatore, una vita fatta di orari rigidi per gli allenamenti, di giornate spesso uguali le une alle altre, una routine del privilegiato che è stressante come la giornata media dell’operaio.

Ma non temete, non è il remake de "la classe operaia va in paradiso", col titolo: "la classe calciatrice va in paradiso".

Ma è interessante quel che ci dice Lorenzo Venuti, che come calciatore magari, non è un fenomeno e lo sa anche lui, ma confesso mi piacerebbe intervistarlo perché sembra un uomo con cose da dire, tuttavia la comunicazione viola inizia e si esaurisce in un house organ gestito da due giovani giornaliste (che se fossero giornalisti sarebbe uguale), certamente brave ed empatiche, ma che non si distinguono per la profondità e il pepe delle loro domande, gli altri media, giornali, radio o siti che siano, pescano la velina e la rilanciano, ovvio che poi la  comunicazione sia "monotona" e che ci siano decine e decine di "articoli uguali", come dice Venuti.

Giochi come il Fantacalcio hanno rovinato la percezione del tifoso il quale assembla una serie di nomi, spendendo un budget virtuale e forma la sua squadra senza dover tenere conto del fatto umano, detti giochini illudono i tifosi di essere provetti manager,  essi poi inconsciamente si abituano a pensare a calciatori, allenatori e addetti come pezzi di carne, in pantaloncini i giocatori,  portafogli ambulanti i proprietari, banche dati umane i dirigenti, piccoli Dante Alighieri i giornalisti, e a tutti loro nulla concedono, nulla perdonano, anzi li invidiano immaginandone le vite come lunghe favole felici.

E invece sono (siamo) persone, coi loro limiti, le emozioni, i problemi, talvolta i drammi, le idiosincrasie e tutto il bagaglio di miserie e glorie che si porta dietro la condizione umana, qualunque essa sia, anche col culo sulla Ferrari.

Anche se sai fare bene i palleggi e guadagni centomila euro al mese, anche se il tuo patrimonio si conta in miliardi di dollari, anche se giochi male, o bene, una partita, se non firmi una proposta di contratto da 4 milioni l’anno come Vlahovic, anche se invece firmi un rinnovo di contratto da 1 milione come Sottil, sei una persona come tutte.

E’ anche questo, mi pare, ciò che il brav’uomo Lorenzo Venuti ci ha voluto dire.