UN PATTO PER L’EUROPA, ALLA FACCIA DI VLAHOVIC. ITALIANO, ECCO COME HA COMPATTATO IL GRUPPO. PIATEK GIA’ INSERITO, AMRABAT RECUPERATO. IKONE’ E CABRAL PRESTO AL TOP. ROCCO, I TEMPI DEL RITORNO

17.02.2022 11:05 di  Enzo Bucchioni  Twitter:    vedi letture
UN PATTO PER L’EUROPA, ALLA FACCIA DI VLAHOVIC. ITALIANO, ECCO COME HA COMPATTATO IL GRUPPO. PIATEK GIA’ INSERITO, AMRABAT RECUPERATO. IKONE’ E CABRAL PRESTO AL TOP. ROCCO, I TEMPI DEL RITORNO

La Fiorentina ha quattordici punti in più in classifica: il confronto con la ventiquattresima giornata dell’anno scorso è clamoroso e straordinario. Quasi incredibile per certi versi, se pensate che la seconda squadra in questa graduatoria è il Napoli ferma a nove. I numeri sono aridi, ma a volte spiegano le cose più di tante parole.

Quattordici punti, fra l’altro, con una squadra che per l’ottanta per cento è la stessa della passata stagione. Volendo ci sarebbe da aggiungere la semifinale di coppa Italia appena conquistata, ma non voglio infierire su nani, ballerine, opportunisti, voltagabbana di professione, eterni insoddisfatti che vedono sempre il bicchiere mezzo vuoto e comunque rischiano di affogarci dentro. Andiamo oltre, andiamo alla radice del problema: pensare al bene della Fiorentina.

Chi analizza il calcio lo dovrebbe fare liberandosi da simpatie e antipatie, pregiudizi e rancori, lasciando da parte le proprie idee calcistiche e la sindrome dell’indovino. Anzi, pensando che gli errori devono essere concessi a tutti (sarebbe spaventoso non farne) e il calcio non è una scienza esatta.

Quello che è successo nelle ultime settimane a Firenze, diciamo fra la cessione di Vlahovic e la sconfitta con la Lazio, è l’ennesima dimostrazione di come la realtà possa essere mistificata o fatta passare attraverso convinzioni proprie, antiche e radicate che molto spesso appartengono al calcio e a un mondo che non esistono più.

Oggi le cose cambiano a una velocità pazzesca (non dico se è meglio o peggio, è un altro discorso) e questo è innegabile. I nuovi ritmi si possono criticare, possono non piacere, ma vanno accettati da tutti quelli che vogliono stare al passo con i tempi. Se i nostri avi si fossero opposti ai cambiamenti saremmo ancora nelle caverne. Bene.

Il calcio è una parte delle cose del mondo e come tale si comporta. Evolve, muta, cambia, si modifica. Se analizzate le partite di oggi sono uguali a quelli di cinque anni fa?

Certo che no. Ma in troppi continuano a ragionare come si faceva un tempo, con granitiche certezze su tante cose del pallone che non funzionano più, sono sparite, tipo il calcio italico smentito perfino da Mancini e dalla sua Italia che ha vinto l’Europeo l’estate scorsa.

Torno a Firenze. Quelli che si sono fatti prendere dal panico dopo la cessione di Vlahovic e la sconfitta con la Lazio, parlo di quelli in buonafede, gli altri andrebbero cancellati, non hanno capito, non hanno voluto capire, o non hanno analizzato fino in fondo quello che sta succedendo alla Fiorentina dall’estate scorsa, dall’arrivo di Italiano.

Non s’è capito che in questi sette mesi si sono messe delle basi per il presente, ma soprattutto per il futuro della Fiorentina. E, soprattutto, è stato dato un taglio netto al passato. Quando un allenatore mette al centro del suo lavoro il gioco, convince i giocatori che quella è la strada giusta per divertirsi e ottenere risultati, per crescere, non può essere un solo giocatore, neppure il più forte, a far crollare le basi appena gettate. Lo dico per quelli “è finito tutto”, “s’è spaccato lo spogliatoio”, “si pensa solo ai soldi”.

Di Vlahovic e della sua cessione (ottima) ho già parlato e non torno più, vorrei focalizzare l’attenzione su quello che succede dentro il mondo viola e vi invito a guardare i comportamenti in campo di questi ragazzi, gli sguardi, le facce, ma anche un’attenta analisi delle dichiarazioni può servire a capire l’energia di questo gruppo.

A Firenze si sta facendo calcio come non si faceva da anni, forse dal 2012 e dintorni, gli anni buoni di Montella. E’ questo ciò che sta succedendo e dovrebbe essere compreso da chi ama la Fiorentina.

Quante volte ho criticato e ironizzato negli anni scorsi, implorando: “fate qualcosa di calcio”? Semplice. Vedevo scelte sbagliate, senza futuro, a cominciare dall’allenatore che oggi è fondamentale quando si vara un progetto. Ora invece si sta facendo calcio.

Non sono qui a fare l’elegia di nessuno o a santificare qualche altro, chi mi segue lo sa benissimo che quell’atteggiamento non mi appartiene. Semplicemente vedo, analizzo e apprezzo quello che sta succedendo, andando anche oltre i grandi numeri appena ricordati.

Poi, diciamolo forte e chiaro: il lavoro è appena cominciato. I successi non devono far pensare a nessuno di essere arrivato, ma al contrario di avere ancora una montagna da scalare. La società ha messo le basi, ma sulle basi bisogna costruire con materiale più solido. Sul percorso si incontreranno ostacoli e ci saranno battute d’arresto, ma quando davanti c’è un percorso segnato è più facile riprendere la strada. E allora riparto da Vincenzo Italiano, dalla sua idea di calcio e dalla società che ha deciso di condividere, accompagnare e far crescere.

Nel battere l’Atalanta o lo Spezia negli ultimi minuti, ad esempio, c’è sicuramente una componente imponderabile, ma certi risultati arrivano soprattutto perché ci sono dietro una cultura e una mentalità nuove.

L’addio di Vlahovic l’anno scorso sarebbe stato un dramma. Oggi semplicemente un evento difficile da gestire, complicato, un ostacolo che comunque si può superare. E questa squadra lo sta superando. Anzi, grazie alla mentalità e al lavoro anche psicologico fatto dall’allenatore, un evento negativo si sta trasformando in energia positiva per tutti.

Oggi si fa calcio così, soprattutto in realtà come quella della Fiorentina penalizzate da un mondo che mette al centro il business e il successo e non più i valori o la famosa maglia. Questa Fiorentina non è nata attorno a un giocatore, ma attorno al gioco: mi ripeto.

E il gioco lo insegna Vincenzo Italiano, anche lui con una grande voglia di crescere, da poco arrivato nel calcio che conta, che fa errori, ma è sorretto da grandi idee, convinzioni, e la voglia di far giocare alla sua squadra un calcio moderno e spettacolare.

Non sono l’ufficio stampa di Italiano che non ho mai incontrato, ho analizzato e analizzo semplicemente il lavoro che ha fatto nello Spezia prima e sta facendo a Firenze ora. Fatevi una domanda: quanti giocatori sono cresciuti con il lavoro dell’allenatore?

Per me tutti, sono più completi. Ma a questo punto voglio soffermarmi su due dei quali stiamo parlando in questi giorni, vale a dire Amrabat e Piatek. Il marocchino ha fatto la prima partita buona forse da quando è a Firenze. In un ruolo, fra l’altro, che io pensavo impossibile per le sue caratteristiche. E’ cresciuto con la volontà e l’umiltà di mesi passati a imparare, è cresciuto grazie al gioco. Ora servono conferme, ovvio, ma non è più un giocatore da bocciare.

Non sono mai impazzito neppure per Piatek. Quel tipo di attaccante lì o fa un gol a partita o diventa un peso. Ebbene, in un mese Piatek è cambiato, sembra uno diverso. Ci ha messo meno di altri forse per la lingua, perché conosceva l’Italia e il nostro calcio, ma adesso partecipa al gioco, torna, si sacrifica, fa pressing, cerca di lavorare con i compagni. Anche lui deve ancora lavorare tanto, ovvio, ma la strada è giusta.

Ecco così che non mi meraviglio se dentro lo spogliatoio, anche senza dirselo, spontaneamente, è nato un patto per l’Europa. Pensateci: conquistare l’Europa anche senza Vlahovic. Questo è un obiettivo che la Fiorentina ha e questo gruppo vuole regalare e regalarsi, una gratificazione per tutto quello che ha fatto. E uno step di crescita.

Ma ricordate Odriozola quando è arrivato e come è oggi? Lo stesso Biraghi. Ci metto la maturazione di Sottil. Se guardate bene anche Igor. Ma è cresciuto soprattutto il gioco. E’ chiaro poi che c’è da migliorare. Sono sette mesi appena, 24 partite di campionato che questo gruppo lavora assieme.

Sulle marcature preventive, ad esempio, su certi meccanismi nella fase difensiva, ovvio, ma sentir dire che la difesa deve stare più bassa, che a volte serve un difensore in più, o che c’è troppo turn over, vuol dire non aver capito il calcio di Italiano. Non gli si può chiedere di cambiare idea, ma di fare ancora meglio quello che fa, altrimenti non ne usciamo.

E qui vengo a Ikonè e Cabral. Qualche fenomeno parlando di Ikonè ha citato Kokorin. Fermatelo. Ikonè è un giocatore giovane, dal grande talento, che viene da un calcio e da un paese diversi. Italiano sta lavorando su Ikonè e Ikonè sta lavorando su sé stesso. Poi ci sono tempi diversi da ruolo a ruolo, da persona a persona. In un calcio più banale e meno organizzato, magari contropiedista, avrebbe già giocato. Nella Fiorentina è meglio che giochi quando sarà inserito nei meccanismi, avrà imparato un minimo di lingua e il rischio di esporlo a prestazioni non all’altezza sarà ridotto al minimo. Verrà il suo tempo e ne riparleremo presto. Cabral forse avrà meno difficoltà, ha compiti diversi, ma anche lui deve crescere per capire come muoversi in armonia con i compagni. Nel gioco, nei movimenti, ricordiamolo. Con l’impegno infrasettimanale di coppa Italia c’è stato anche meno tempo per gli allenamenti, ma avere Piatek e Cabral, alternativa per un solo ruolo, mi fa stare più tranquillo rispetto a quando c’era Vlahovic. Ora attenzione, Vlahovic è più forte, può diventare un campione, non ho cambiato idea, ma nella Fiorentina anche per lui era più facile segnare per il gioco che lo supportava. Non a caso in questo gioco segna anche Piatek senza essere Vlahovic.

Ho fatto un discorso noioso, lo so. Spero di non doverci tornare sopra, ma sono sicuro che quel 75 per cento che, da sondaggio, appoggiava la Fiorentina quindici giorni fa sia ulteriormente cresciuto. Con la consapevolezza che si perderanno altre partite, che nessuno ha la bacchetta magica, ma che si sta facendo buon calcio al punto che stai lottando con Roma e Lazio per un obiettivo che a inizio anno non esisteva. Ma cosa penserà Rocco di questo momento di positività che purtroppo per lui, si gode solo da lontano?

E’ dentro lo spogliatoio tutti i giorni, parla con l’allenatore, con il capitano. L’altra sera ha chiamato Amrabat, un suo pallino. La vicinanza e la spinta sono percepite dalla squadra, ma la vera forza è all’interno di questo gruppo e Rocco lo sa. Aspetta solo di tornare per abbracciare tutti, ma la tempistica porta a Primavera, quando le temperature saranno più miti e il presidente avrà completamente recuperato la forma fisica e le energie necessarie per accompagnare la fase finale della stagione.

Tornando al campionato, siccome ogni partita è un test, domenica ce n’è un’altra complicatissima. Secondo voi, come arriva al Franchi l’Atalanta battuta due volte, eliminata dalla Coppa?

Una squadra, fra l’altro e ricordiamolo, sulla carta più forte della Fiorentina. La voglia di rivincita sarà tanta, ma per tutto quello che ho scritto fino ad ora, la Fiorentina andrà in campo per giocare la sua partita con grande intensità, per imporre il suo gioco e guardare negli occhi l’Atalanta fino all’ultimo secondo, consapevole che questa è un’altra occasione per crescere. Non ottimismo fine a sé stesso, attese ingenue e immotivate, ma consapevolezza, il resto verrà: questo deve accompagnare chi ama la Fiorentina.