QUALE L’URGENZA? UNA PUNTA? UN DIFENSORE? NO, C’È UNA QUESTIONE DIRIGENZA. PERCHÉ LA COMPETENZA È UNA NECESSITÀ STRINGENTE
Aguzzare l’ingegno è stata sempre la condanna o la benedizione dei fiorentini fin dai tempi del massimo splendore della città.
Si pensi al Rinascimento e ad una delle arti maggiori, quella della lana, i fiorentini non hanno le greggi, la lana andava comprata in Inghilterra nel nordafrica, ma a Firenze manca lo sbocco al mare, diamine non ricordatelo ad Edmundo che se ne fece una malattia e infatti se ne andò in fretta proprio per tale lacuna geografica, né per la città c’erano le vaste distese agricole della pianura padana dove coltivare cereali, Firenze per venir fuori, per prevalere, doveva ingegnarsi.
Genio, competenza e visione strategica, anche negli anni delle massime fortune della città furono queste le parole chiave del successo dei fiorentini che seppero divenire banchieri ed allearsi con le città più forti del nord.
Passati i secoli, nel calcio non sembra che Firenze possa prescindere da altrettanta perizia e abilità.
Proprio nella gara che ha segnato la ripresa del campionato per i viola, il pari col Monza, s’è registrato l’esordio del giovane centrocampista Bianco, bella prospettiva viola che arriva dalle giovanili di casa, ma che è pure una delle ultime eredità della gestione sportiva di Pantaleo Corvino, perciò prima o poi per la gestione di Commisso verrà l’ora di iniziare a far da soli dopo essersi giovati delle grandi plusvalenze lasciate in pancia del club dai vecchi proprietari.
Presto la competenza diverrà da semplice buona norma una vera e propria urgenza stringente.
Di ciò parliamo perché in questi giorni, in queste ore, si dibatte su quali siano le priorità di casa viola, i bisogni preminenti a cui far fronte più in fretta.
Taluni pensano che tutto sia legato al mercato: al rafforzamento dell’organico attuale e come sempre ci si diverte a discutere se serva di più una punta prolifica o un difensore affidabile.
Altri puntano sul completamento più in fretta possibile del Violapark che par quasi divenuto la panacea di ogni male, come se l’esistenza della Fiorentina come club calcistico dipendesse solo dalla realizzazione del suo centro sportivo, dovrebbero avvisarli che pur costruendo il Violapark, si può anche far altro, come condurre al meglio la vita societaria del club perseguendo gli obiettivi sportivi e rinforzando i vari comparti dell’azienda.
Ebbene, magari non lo sentirete dire né lo leggerete spesso, perché anche nella critica più libera, in chi fa il mio mestiere, è forte il timore di pestare una merda ( perdonerete il linguaggio da trivio).
Ma che alla Fiorentina ci sia da tempo una grossa questione legata al management non lo vede solo chi non lo vuol vedere: i ruoli apicali sono tutt’altro che chiari, le competenze sovrapposte, le catene decisionali farraginose e lente, la comunicazione taltolta poco felice. C’è Pradè di cui si dubita sulla reale autonomia, senza contare gli evidenti errori passati che non elenchiamo per carità di patria.
E c’è Burdisso, tenuto sotto una teca di vetro, sempre zitto, che ogni tanto segnala un giocatore, tipo quel Julian Alvarez, attaccante argentino protagonista del mondiale che la Fiorentina poteva acquistare prima che su di lui piombasse il City, lo segnala, dicevamo, e viene sistematicamente ignorato e rimesso zitto sotto la teca di vetro.
Poi c’è Barone, plenipotenziario di Commisso poiché del padrone gode della piena fiducia.
Barone che è un eccellente dirigente d’azienda, ma del quale non si intravedono i galloni calcistici.
Insomma alla Fiorentina servirebbe un gruppo dirigente con competenza spiccata, ruoli chiari e separati, autorevolezza indiscussa, servirebbe un management che se non il migliore della serie A, fosse almeno tra i migliori, capace di investire al meglio i tanti soldi che Commisso continua a pompare nelle casse del club viola da quando ha acquisito la Fiorentina.
Solo con un surplus di competenza infatti, si potrebbe tentare di colmare lo iato con le società più ricche ed importanti.
La Fiorentina per dimensioni non può avere adesso i migliori calciatori d’Europa.
Avrà invece il miglior centro sportivo del continente, al costo di 100 milioni di euro.
Deve anche puntare ad avere i migliori dirigenti, i più bravi scopritori di talenti, i più lesti e smaliziati sul mercato, i più navigati nei rapporti col potere del calcio.
Tornando alle immagini del riavvio di campionato col Monza, in tribuna al Franchi c’era un certo Adriano Galliani che è stato di certo il miglior dirigente calcistico italiano per un buon torno di tempo, un signore che negli anni del Milan vinse moltissimo in coppia con un altro campione del ruolo come Ariedo Braida, non per caso sono entrambi ancora sulla breccia, rispettivamente al Monza ed alla Cremonese, fuoriclasse di lungo corso nel loro ruolo.
La Fiorentina di Commisso deve puntare a manager di questa levatura, pescandoli anche in tutto il mondo, poiché la società di calcio di Firenze è a vocazione internazionale e il suo presidente egualmente è a capo di una multinazionale.
Dirigenti fuoriclasse che guidino il club e ne investano le risorse, tante o meno che siano, riducendo al minimo sprechi ed errori.
Questa ci sembra, al di là di un terzino o un esterno, l’urgenza di casa viola, anche perché se è vero che la Fiorentina rimarrà ferma nel mercato invernale ( come più volte ribadito negli scorsi giorni), occorrerà poi preparare le mosse per la prossima estate.
E poiché Ezra Pound diceva che l’incompetenza si manifesta con l’uso di troppe parole, chiudiamo dicendo che farsi trovare impreparati sarebbe un delitto.