FIORENTINA, I giocatori viola nati sotto una buona stella
Tanto per onorare chi è nato nei giorni di Ferragosto e dintorni. Proviamo. Ci sono certamente un’infinità di modi per farlo, feste, aperitivi, baci, abbracci, regalini, regaloni, oppure anche “l’importante è il pensiero” (col cavolo che basta, certe volte).
Il nostro è un cenno e via, un brindisi simbolico, un saluto da lontano e un augurio di buon compleanno a quei giocatori viola, di oggi, d’ieri, dell’altro ieri (una ripassatina alla storia non guasta mai), che appartengono al segno del Leone, il quale Leone darà cavallerescamente il cambio alla Vergine il giorno 24.
COMINCIAMO da quelli di oggi. Non a caso da “Pazzo” Pazzini, nato a Pescia, ma di Montecatini. Per non rubare il mestiere a nessuno, l’augurio più significativo gliel’ha fatto un suo compagno di squadra, in viola e in azzurro, Montolivo, con queste testuali parole: «In qualsiasi campionato europeo nessuno si sarebbe sorpreso e tanto meno scandalizzato se dopo la partenza di Toni fosse stato promosso titolare il giovane Pazzini. Qui invece è stato letto come un evento straordinario». E allora vai, “Pazzo”, che di savi ce ne sono già troppi. Auguri anche a due suoi compagni di squadra, Pazienza e Kroldrup, sempre per la serie i Leoni siamo noi. E così eccoci a due campioni d’Italia, mica uno: Giuseppe Virgili di Udine e Maurilio Prini delle Sieci (Firenze). Beppe Virgili segnò una serie astronomica di gol in quattro anni: 55 in poco più del doppio di partite. Prini era stato l’invenzione tattica di Bernardini, l’ala tornante. O onor di cronaca dobbiamo includere, nel secondo scudetto, anche il portiere di riserva Bandoni di Ponte a Moriano, Lucca. Una sola presenza, esattamente nell’ultima partita, più quindici nel campionato successivo al posto di “Ciocio” Superchi (che comunque non era nato in Ciociaria), insieme con un altro Leone di scorta, l’attaccante Rozzoni di Treviglio, il paese di Facchetti, nove gare, tre gol.
E ora Di Livio. Sembra che siano passati secoli da quando era in viola, a cavallo del 2000.
Un centinaio le sue presenze. Non le avremo mica dimenticate, vero? Ora una sventagliata di stranieri, dai più vicini, o abbastanza vicini, ai più lontani, per non dire remoti. Il brasiliano Leandro (Camara Amaral) era giovane e di passaggio. Un altro brasiliano, molto prima di lui, Dino Da Costa, centravanti silenzioso, l’aria cupa, aveva il tiro forte. Più o meno all’epoca del peruviano Seminario Rodriguez, ’60 o giù di lì.
A QUESTO PUNTO, un salto nella preistoria: Roosenburg, attaccante olandese. Un armadio. Era la prima Fiorentina post bellica. Bisognava contentarsi. Niente a che vedere con l’argentino Ramon Diaz, fine Anni Ottanta, buon goleador.
Auguroni poi a Saliou Lassissi della Costa d’Avorio, al difensore Luppi, a Blasi del recente passato, all’enigmatico argentino Diego La Torre (due presenze nel ‘92), al tedesco Hutwelker di un’epoca non lontana ma dimenticata, e a un altro tedesco, Effenberg, molto diverso e un po’ (anzi parecchio) a modo suo. E poi ai toscani Vigiani, Mirri, Guzzo, Chiellini, Mannini, Lucarelli difensore, l’attaccante Ponticelli e, molto, molto prima, Vinicio Viani detto Garone, ovvero il dopo Petrone, figurarsi. Chiusura con Daniele Amerini, centrocampista, nato al Pian di San Bartolo, ovvero Pratolino, ovvero Firenze. Tredici presenze dal ’93. Ora è nel Frosinone. Lo allena un altro ex viola, Cavasin. Insomma, forza Leoni, e buon Ferragosto.