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Palladino tra rapporti incrinati, la sfiducia dei tifosi e la fuga dal ruolo di capro espiatorio. Via al toto-allenatore, serve un normalizzatore

Palladino tra rapporti incrinati, la sfiducia dei tifosi e la fuga dal ruolo di capro espiatorio. Via al toto-allenatore, serve un normalizzatoreFirenzeViola.it
© foto di Federico De Luca 2025
Ieri alle 00:00Copertina
di Tommaso Loreto

Era il 9 marzo scorso quando, poco prima di affrontare il Napoli al Maradona, il dg Ferrari ai microfoni di DAZN rassicurò tutti riferendo che "chi non è dentro il viola park non può sapere quanta unità d'intenti c'è". Nemmeno tre mesi dopo la Fiorentina è senza il proprio allenatore, dimissionario a sorpresa 24 ore dopo una conferenza stampa di fine stagione e programmatica in vista di quella nuova. Se l'ultimo anno si è chiuso con la beffa di un sesto posto che vale solo la Conference League quello nuovo è già in sospeso, con il club ancora in silenzio (perchè ancora l'annuncio ufficiale delle dimissioni di Palladino non c'è) e soprattutto alla ricerca di un nuovo allenatore. 

Tanti fattori alla base di una decisione imprevedibile dopo le parole di martedì
Numerose in giornata le ricostruzioni su quanto avrebbe spinto Palladino a fare un passo indietro, tutte ancora da verificare. Di certo la scelta del tecnico è in totale contrasto non solo con la fiducia rinnovata attraverso il prolungamento dell'accordo (e ora come ora ha poco senso tornare a interrogarsi su chi l'abbia deciso) ma pure con le parole di Commisso che aveva definito il tecnico "un figlio". Così è tra le pieghe dell'annata appena conclusa che serve leggere per capire cosa sia successo, anche alla luce di un clima non ideale per cominciare una nuova stagione (reso più elettrico dalle dichiarazioni del presidente verso la curva) e di un mercato che si preannuncia lungo e senza troppe certezze (leggere alla voce Kean e De Gea). 



Rapporti interni, divergenze e forse la chiamata di un altro club
Insomma al netto di una fiducia rinnovata Palladino si sarebbe dimesso anche per un rapporto probabilmente mai decollato con la società, certificato da qualche dichiarazione post partita da parte di Pradè (e pure da quelle di Commisso che accennò a chi "voleva far fuori l'allenatore") ma anche di scelte di mercato forse non del tutto avallate (magari sul rendimento di Gudmundsson sul quale c'erano tutt'altre aspettative). In più andrà tenuto di conto che in assenza di una certa autocritica sulle scelte effettuate nel mercato estivo e invernale è legittimo pensare che Palladino abbia voluto risparmiarsi un'altra stagione da capro espiatorio, lasciando così l'incarico ed evitandosi altri 10 mesi di pressioni pesanti. Certo, nessuno può dire con certezza se dietro queste valutazioni c'è anche la chiamata di un altro club, così com'è evidente che il tempismo scelto dal tecnico non ha fatto altro che mettere in grossa difficoltà il club, ma al tempo stesso risulta difficile comprendere come in casa viola nessuno avesse lontanamente immaginato la condizione mentale di Palladino. 

Via al toto-allenatore
E adesso? Toccherà soprattutto a Pradè sbrogliare la matassa e individuare il nome buono. In giornata il nome di Sarri è stato il più gettonato dalla piazza (e c'è da condividerne la tesi) ma sul tecnico toscano sia la Lazio che l'Atalanta sono più vigili, e poi non è un segreto che in passato i viola abbiano già deciso di non chiamarlo. Così nella lista dei candidati andranno considerati anche Baroni (in uscita dalla Lazio), il vecchio pallino De Rossi, la nuova idea Farioli o persino quel Pioli finito in Arabia. Una rosa di nomi destinata ad allargarsi visto che il casting è appena all'inizio, con l'obbligo da parte della Fiorentina di non sbagliare la scelta davanti a un anno che è appena all'inizio ma che si fa già complicatissimo.