Milena Bertolini a FV: “La Fiorentina un club che lavora bene, sarebbe un onore se un giorno mi chiamasse”

“Le partite di oggi hanno una maggiore intensità rispetto al passato ma non ho riscontrato grandi sorprese a livello di risultati e piazzamenti in classifica”. L’ex CT della Nazionale Femminile Milena Bertolini si esprime così quando le chiediamo un pensiero sulla stagione appena terminata. La coach, attualmente ancora ferma dopo il suo addio alla guida della selezione nazionale, ha scelto Firenzeviola per tornare a raccontarsi in una lunga intervista esclusiva che sarà divisa in due parti. “La Roma forse avrebbe potuto fare qualcosa di più – prosegue Bertolini -, ma le annate non sempre rispettano le aspettative poiché ci sono variabili e dinamiche interne che chi è fuori non conosce ma che possono essere determinanti sia in senso negativo sia positivo. Non basta avere un ottimo organico, come lo hanno le giallorosse, per far bene”.
Come pensa stia andando la crescita del movimento avendola vissuta dall’interno come ex calciatrice e come ct della Nazionale?
"Il calcio femminile sta crescendo. La possibilità di allenarsi di più e meglio nel tempo migliora la qualità del gioco. Il livello medio è cresciuto e tanto, ma ci sono ancora margini di crescita sotto ogni punto di vista".
Cosa significava per lei giocare a calcio?
"Il calcio per me è stato una grande passione sin da piccola. Giocare è stato bellissimo! Ho vissuto momenti di grandi emozioni. Il significato di quello che ti lascia dentro lo comprendi molto dopo, quando acquisisci la consapevolezza degli insegnamenti che ti dona nella vita, se sei in grado di mettere a valore e di dare un senso più ampio al gioco nel suo complesso".
Com’è stato il passaggio da calciatrice ad allenatrice?
"Meno traumatico del previsto. Amavo giocare, ma passare nell’altro ruolo per me è stato molto naturale. Già da giocatrice ero curiosa e appassionata di tutti quegli aspetti che migliorano le prestazioni individuale e collettiva di una squadra Avevo qualità di medio livello come giocatrice, ma molta determinazione nel volermi migliorare su tutto e questo forse mi ha spinto ad interessarmi a tutto quello che c’è dietro una partita di calcio, dalla preparazione fisica agli aspetti tecnico tattici".
Le è mai capitato di essere vittima di discriminazioni o di violenze verbali?
"Discriminazioni si, come tante mie colleghe di quegli anni abbiamo lottato e molto per acquisire diritti e riconoscimenti. Lo sport che amavamo fare non godeva certo del consenso culturale, ma fortunatamente non ho mai subito violenze verbali".
Lei ha vinto tantissimi trofei sia come giocatrice sia in panchina. Qual è quello che più l’ha soddisfatta?
"I trofei sono il riconoscimento di un percorso fatto ed è giusto ricordarli tutti con grande piacere. Non c’è una vittoria che valga più di un’altra, tutte sono l’epilogo di esperienze e storie differenti. Ma sono i percorsi ad avere i maggiori significati! E pensare che mentre sei dentro vivi ogni giorno per vincere e raggiungere gli obiettivi prefissati. Quando ti guardi e li guardi da fuori sono altri aspetti che ti rimangono dentro e assumono un significato profondo. Le esperienze ti cambiano e ti fanno crescere tanto e in questo senso le sconfitte ancora di più".
Il prossimo anno il campionato tornerà a girone unico a dodici squadre. Pensa sia la scelta giusta?
"L’aspetto più importante è che il campionato sia competitivo e di qualità alta. I numeri a dieci o dodici dipendono da quello. Se ci sono dodici squadre di alto livello in Serie A ben venga".
Cosa direbbe a quei presidenti che ancora oggi non hanno un settore femminile al loro interno?
"Il calcio femminile è ormai conosciuto da tutti, presidenti e non solo. É difficile oggi trovare un appassionato di calcio che non abbia mai visto una partita femminile. Pertanto non ho nulla da dire o suggerire a nessun presidente. Posso solo dire che il movimento sta crescendo in Italia e nel mondo e sarebbe bello se tutti ne cogliessero l’opportunità per farlo crescere ancora di più".
Lei è intervenuta molte volte in scuole e incontri coi giovani. Cosa direbbe ad una bambina che sogna di diventare una calciatrice?
"I bambini hanno tanto da insegnare a noi adulti. É bello ascoltarli e sentire il loro entusiasmo. Noi adulti spesso perdiamo la spontaneità e la freschezza sincera dei bambini. Le bambine che amano giocare a calcio lo fanno senza alcun problema, in passato e oggi. La differenza è forse che oggi possono farlo senza tutti quegli ostacoli che abbiamo avuto noi e soprattutto con l’approvazione della famiglia".
Nel 2017 lei assume la guida della Nazionale e arriva al famoso mondiale di Francia 2019. Che ricordi ha di quel periodo?
"Del Mondiale in Francia ho un ricordo bellissimo. Quello è stato l’epilogo di un percorso fatto insieme a tutte le componenti: Federazione, dirigenti, staff tecnico e giocatrici. Un percorso che nasce da lontano, dalla storia del movimento. C’era un ‘energia incredibile che ci spingeva! Era il riconoscimento di un intero settore. Non è stato l’anno zero, come ho sentito dire da più parte in modo erroneo, ma la circolarità di quella impresa era sotto gli occhi di tutti. Il raggiungimento di un qualcosa è sempre anche il risultato di una storia! Quello che lascia non è il risultato, ma l’insegnamento che insieme tutto è possibile. Quando le motivazioni di tutti convergono all’unisono i risultati arrivano".
Dopo il Mondiale, l’Europeo in Inghilterra e l’avventura in Nuova Zelanda.
"Il percorso che ha portato all’Europeo inglese,così come quello che ha portato in Nuova Zelanda non è stato tutto negativo. Dopo il mondiale in Francia ci sono state le qualificazioni che ci hanno permesso comunque di raggiungere le fase finali eil torneo dell’Algarve Cup, nel quale siamoarrivate in finale (contro la Germania poi non giocata causa pandemia ndr). Spesso di un percorso si tende a buttare via tutto se non c’è unbuon risultato finale. Ma come ti ho detto anche prima le esperienze negative insegnano di più di quelle positive, a patto che ognuno si faccia carico del proprio pezzo e ne tragga beneficio per migliorarsi. Come le vittorie appartengono a tutti, così anche le sconfitte".
Cosa ricorda dei sei anni alla guida della Nazionale?
"Sono stati un’esperienza straordinaria! Ci sonotanti momenti che ricordo con affetto, altrimomenti meno piacevoli, ma tutto il percorso lo porterò sempre con me".
Come la sta vivendo l'attuale Nazionale dall’esterno?
"Mister Soncin sta facendo un ottimo lavoro! Ha trovato un gruppo molto motivato dopo iprecedenti risultati non esaltanti. Ci sonogiocatrici giovani di grande talento che stanno crescendo, alcune delle quali avevano già esordito precedentemente. Giovani brave ce ne sono, ma bisogna farle giocare, si paga un po’ lo scotto all’inizio, ma poi crescono e i risultati arrivano. Mi fa piacere vedere che non avevo poi visto così male a credere in loro. Le seguo"
Dove si aspetta possa arrivare l’Italia all’Europeo in Svizzera?
"L’Italia sta raggiungendo una buona consapevolezza delle proprie possibilità. Credo che possa raggiungere qualsiasi risultato, soprattutto se c’è la compattezza e l’unione perchéfare insieme è il valore più importante. Le qualità individuali ci sono".
Quale calciatrice secondo lei potrebbe essere determinante nella rosa azzurra?
"L’Italia per fare bene ha bisogno che il collettivo sia di livello superiore all’individualità. Ma una citazione particolare la faccio per Arianna Caruso, credo che potrà essere fondamentale, poiché è un’individualità forte nella capacità di dare molto al collettivo".
Secondo lei quale o quali nazionali deve temere l’Italia alla competizione continentale?
"Tutte le Nazionali sono da rispettare in una fase finale dell’Europeo, poiché il livello è molto alto. Ma anche l’Italia è più che competitiva".
Lei è ferma da dopo il Mondiale, le piacerebbe tornare in panchina?
"Ho ricevuto qualche offerta, ma ho ritenuto che non fossero le mie in questo momento della mia vita. Certo che vorrei allenare, ho tanta voglia di rimettermi in gioco e lo farei con entusiasmo e tante motivazioni. Ma la mia non è un’ossessione, se c’è la possibilità di un buon progetto e di persone che hanno fiducia e stima nei miei confronti ne sarò felice. In caso contrario continuerò a seguire le mie attività e quelle di famiglia. Le mie giornate sono molto piene e soddisfacenti, perché non si vive solo di calcio. Inoltre in questo periodo ne ho approfittato per viaggiare molto, dopo tanti anni che alleno è la prima volta che ho tanto tempo per me e per i miei affetti più cari"
C’era anche la Fiorentina tra le proposte che ha ricevuto?
"No, la società non mi ha mai cercata. Ma la Fiorentina è un club che lavora molto bene nel femminile. Se mi chiamassero ad allenarla un giorno ne sarei onorata".
Qual è stato il momento più alto che lei ha vissuto alla guida della Nazionale e quale il più basso?
"Gli estremi non fanno parte del mio carattere. La mia personalità si è formata in campagna, con ritmi consoni e più naturali. Bisogna tendere all’equilibrio e alla serenità interna, poiché ti permette di stare bene sia quando le cose sono positive che quando sono negative. Un cattivo raccolto non è sempre dovuto alle tue non qualità, così come un buon raccolto non è sempre solo merito tuo. Certo quando le cose non vanno bene si sta male, ma non tanto per i risultati, ma per altre ragioni che considero più importanti. Nel calcio così come nella vita bisogna saper accettare i momenti e metterli a valore. Il successo è effimero e di passaggio, non è mai stato il mioobiettivo principale. Ho sempre allenato, perché mi sentivo bene in quello che facevo. Potrei dirti che il Mondiale in Francia è stato il punto più alto e quello in Nuova Zelanda il più basso? Direi di no, tutto fa parte di me e del percorso e non rinnego nulla. Molto di quello che accade non è sotto il nostro controllo, quel senso di onnipotenza di chi si considera al centro del mondo non mi appartiene".
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