BOLATTI, Il Gringo, il Puntero e il Caudillo

13.08.2010 00:00 di  Marco Gori   vedi letture
BOLATTI, Il Gringo, il Puntero e il Caudillo
FirenzeViola.it
© foto di Giacomo Morini

Sono molti i giocatori argentini che hanno lasciato il segno nella storia della Fiorentina. Qui non parleremo dei due che forse sono stati maggiormente acclamati dal popolo viola, ovvero Miguel Montuori e Gabriel Batistuta, ma di tre calciatori le cui storie, così diverse tra loro, si intrecciano in maniera curiosa.

Daniel Ricardo Bertoni arrivò a Firenze nell'estate del 1980, fu il secondo acquisto della gestione Pontello ed il primo straniero della Fiorentina dopo la riapertura delle frontiere. Giunse con un biglietto da visita di tutto rispetto, un gol messo a segno due anni prima nella finale mundial vinta contro l'Olanda. Dopo una prima stagione di difficile ambientamento fu uno dei protagonisti della squadra che sfiorò lo scudetto nel campionato 1981/82. Dopo un'altra annata non troppo felice, segnata da una grave malattia, esplose definitivamente nel campionato 1983/84, in una Fiorentina spettacolare che dette ancora una volta del filo da torcere alla corrazzata Juventus. I Pontello erano però ancora in una fase in cui volevano imporsi nel calcio che conta, e, per non essere da meno del Napoli, che aveva messo a segno il colpo Maradona, sacrificarono "il puntero" per far posto (allora per ogni squadra erano permessi solo due giocatori di nazionalità straniera) al capitano della Seleçao, il Dr. De Souza Oliveira, in arte Socrates.

Daniel Alberto Passarella fu acquistato nel 1982, pochi giorni dopo la beffa dello scudetto perso all'ultima giornata di campionato e alla vigilia del mondiale spagnolo. Anche lui faticò non poco ad imporsi nel nostro campionato, ma dopo qualche espulsione di troppo diventò l'incubo degli attaccanti ma anche dei difensori e dei portieri avversari, visto che ad un senso della posizione senza eguali abbinava una straordinaria elevazione ed una grande abilità nei calci piazzati. Nei quattro anni trascorsi a Firenze si affermò come vero e proprio leader, dimostrando che il soprannome con cui era conosciuto nel proprio Paese, il "caudillo", era più che giustificato. Nell'estate del 1986, dopo aver contribuito a suon di gol alla qualificazione alla Coppa UEFA e stabilito il nuovo record di reti messe a segno da un difensore, detenuto fino ad allora da Giacinto Facchetti, lasciò Firenze: la Fiorentina targata Pontello aveva già iniziato la propria fase discendente, e fu ceduto all'Inter tra mille rimpianti.

La storia di Mario Ariel Bolatti è assai più recente e molto diversa dalle due precedenti. Arrivato lo scorso gennaio, per rinforzare il centrocampo di una squadra che sudava mille camicie per restare a galla in campionato ma allo stesso tempo stupiva i propri tifosi in Champions League, non è mai riuscito ad imporsi nel team di Cesare Prandelli. Elemento importante della selecciòn di Diego Armando Maradona, in molti speravano che con una preparazione adeguata ed il cambio di allenatore avrebbe potuto finalmente dimostrare il proprio valore anche a Firenze. E invece "el gringo" potrebbe partire proprio nella notte delle stelle cadenti. Del resto, negli utlimi anni, il calcio è cambiato, e la classica stagione di ambientamento la si concede sempre più difficilmente.

Proprio Daniel Bertoni, che per un lungo periodo ha svolto in Argentina il ruolo di osservatore per conto del club gigliato, si è sempre dimostrato assai scettico sull'acquisto del 25enne di La Para: "è troppo lento per il calcio italiano" ha asserito a più riprese l'ex puntero.

Daniel Passarella, invece, che attualmente ricopre il ruolo di Presidente del River Plate, si sta dannando l'anima per regalarlo al proprio allenatore Angel Cappa.

Chi dei due avrà ragione? Che Bolatti sia in procinto di lasciare la Fiorentina ci pare un'ipotesi assai realistica. Se lo farà per tornare in Argentina lo sapremo entro brevissimo, visto che il mercato nel Paese sudamericano sta per chiudere i battenti. E se si dovesse concretizzare il suo passaggio ai "milionarios", forse sia il "puntero" che il "caudillo" potrebbero averci entrambi visto giusto: nonostante il soprannome, dovuto al suo aspetto decisamente poco latino-americano, Mario Ariel Bolatti potrebbe davvero appartenere al sempre meno sparuto gruppo di atleti che sfugge al proverbio nemo propheta in patria sua.