"STORIE DI CALCIO" Antognoni e Martina "Attrazione... (quasi) fatale". Il video
C’era qualcosa di strano quel giorno nell’atteggiamento del “Capitano”. Si notava nell’incedere, nello sguardo, nelle sue giocate, caratterizzate da un furore agonistico che non gli apparteneva. E forse fu proprio quello a spingerlo verso l’ineluttabile destino, una vera e propria “Attrazione” che per una manciata di secondi sembrò “Fatale”. Era il 22 novembre 1981, e al Comunale di Firenze per la nona di campionato, si presenta il Genoa che nelle sue fila schiera un futuro idolo del tifo viola, Pasquale Iachini, ed un signore di nome Faccenda che, improvvidamente, anni dopo per la Fiesole diverrà “leggenda”. “Se mi ricordo quella partita? Come faccio a dimenticarla, stavo anche giocando molto bene, fino a quel maledetto scontro. Da quel momento il buio. Ricordo che quando riaprii gli occhi la prima persona che vidi fu mia moglie…”. Dicevamo di quel furore agonistico, e qualcuno lo addebitò ad una vendetta, ad un sentimento di rivalsa verso le solite critiche, costruite e preconcette che accompagnavano le sue prove in Nazionale. Pochi giorni prima, infatti, Giancarlo Antognoni era stato autore di una prova, invero incolore, a Torino, in maglia azzurra contro la Grecia. Quella gara volle dire qualificazione matematica a Spagna 82’, ma si trattò di un 1-1 giocato quasi controvoglia dagli undici di Bearzot. “Antonio” non fece eccezione e si allineò a tale mediocrità, scatenando i giornali del nord che da tempo spingevano la candidatura del loro pupillo a strisce (nerazzurre), Evaristo Beccalossi. “Può darsi fu anche quello il motivo ma la verità è che mi sentivo bene, anzi mi sembra che avevo segnato su rigore poco prima…”. Si ricorda bene “Antonio”. Il minuto era il 56’, e con la Fiorentina in vantaggio per 2-1, su lancio calibrato di Bertoni avvenne il tragico impatto fra il ginocchio del portiere del Genoa, tale Silvano Martina, e la tempia del “Capitano”. “Fu un colpo tremendo, certo non lo fece apposta, ma non fu un bell’intervento, se lo poteva risparmiare”. Da quel momento la lancetta dell’orologio scandì i 4 minuti più lunghi della storia viola, fatti di un silenzio assordante, rotto di tanto in tanto dai singhiozzi di qualche tifoso che evidentemente non resse all’emozione. Un’attrazione, abbiamo detto, che per un niente non fu fatale, grazie all’intervento del mitico “Pallino” Raveggi, massaggiatore viola dell’epoca e del dottor Gatto, medico del Genoa che, tenendo fede al suo cognome, spiccò un balzo felino a prestare la propria opera che si rivelerà poi determinante. ”Mi stette vicino la gente, non lo dimenticherò mai. Anche grazie a loro rientrai velocemente, dopo soli quattro mesi. Certo con me in campo forse avremmo vinto lo scudetto, 3/4 punti in più di sicuro gli avrei portati…o forse no, chi può dirlo.”
Fra qualche giorno “Antonio” festeggerà le 56 primavere e la modestia è quella di un tempo. Prima di salutarlo gli chiediamo: Giancarlo, cosa ti ha lasciato quell’esperienza? “Sicuramente mi ha fatto capire tante cose, mi ha maturato, sarà una frase fatta ma dopo apprezzi di più quello che la vita ti offre. Comunque nessun rancore. Quando rivedo Martina (attualmente fa il procuratore n.d.r) ne parliamo tranquillamente, quasi con un sorriso…”. Questo è il vero Antognoni, buono fino all’eccesso, disponibile fino all’autolesionismo. Ecco perché aveva ragione chi diceva che in quel furore agonistico, in quella corsa verso il proprio destino, in quella voglia di raggiungere il pallone a tutti i costi, c’era qualcosa di strano…