DA "ZERU TITULI" AI "ROSICONI"... Benvenuti nell'era del neologismo
Neologismi... che passione. In linguistica, con il termine neologismo, ci si intende riferire ad una parola di recente ideazione costituita dall'uso di una vecchia parola in un nuovo contesto. La storia del calcio è piena di neologismi, perlopiù coniati da opinionisti e addetti ai lavori. Il capostipite fu senza dubbio Gianni Brera, forse il giornalista sportivo italiano più illuminato di sempre. Al popolare "Giuan" piaceva da matti (dall'alto di una cultura difficilmente riscontrabile) creare nuovi termini, nuove definizioni, in una parola creare dei neologismi. Celeberrimo quello di "abatino", dedicato a Gianni Rivera, per sottolinearne l'innata eleganza ma allo stesso tempo la fragilità, lo stile manierato ed in qualche misura finto. Un "cicisbeo" degli anni 70' e non andò meglio a Giancarlo Antognoni che, in qualità di erede designato del milanista, fu definito "abatoncello". Se non è zuppa... Erano tempi in cui la televisione trasmetteva a mala pena il secondo tempo di una partita alla domenica sera, in cui regnava sovrana la domenica sportiva, in cui la moviola (ricordate Sassi e Vitaletti?) si dipanava attraverso un nastro rumoroso, limitandosi all'esame di due-tre episodi dubbi (non come ora che i due-tre episodi sono dedicati al calcio giocato ed il resto è solo una misera gogna mediatica). Erano tempi in cui disquisivano di calcio gente come, appunto Brera, e poi Candido Cannavò, Gualtiero Zanetti, Bruno Roghi, Antonio Ghirelli... nomi che oggi, a molti di voi, non diranno granchè, ma trattasi di stimati professionisti dell'epoca non usi a sbagliare il congiuntivo, abituati a pensare e poi parlare, insomma... non gli ultimi dei "pirla". Ed è proprio da questo termine, prettamente milanese, che mi è venuta l'ispirazione per la riflessione che vado ad esporre, collegata alle ultime esternazioni di Diego della Valle.
Sono tempi, questi, in cui il calcio è completamente dominato dalla televisione, i diritti televisivi spostano, ahimè, gli equilibri del campionato, si creano nuovi fenomeni mediatici grazie ad un espressione curiosa, ad una frase ad effetto, ad un neologismo appunto. Ecco quindi il riferimento al "pirla" di Mourinho pronunciato il giorno della sua presentazione, al celeberrimo "zeru tituli" dello stesso tecnico portoghese (una grande invenzione, va detto), fino ad arrivare al "partito del non fare" ed al recentissimo "rosiconi", copyright del patron viola. Va da se come don Diego sia di gran lunga il miglior comunicatore della società di Viale Fanti. Detto di Corvino sul cui lessico è meglio non soffermarsi (anche lui ci ha provato con i tormentoni della lana e della seta piuttosto che del bicchiere mezzo pieno, mezzo vuoto...), e detto anche di Andrea della Valle che con quella lettera ai tifosi ha realizzato un clamoroso autogol, in termini e contenuti, DDV si è turato il naso e si è abbassato sul terreno della sfida dialettica sfoderando questi due neologismi che, almeno a Firenze, stanno spopolando. Fa tristezza, lo confessiamo, ma è un segno dei tempi. L'importante è stupire, far parlare di se (Mussolini diceva: parlatene male, ma parlatene...), apparire e non essere. Non sappiamo quanto Diego avesse voglia di "scendere" (in tutti i sensi) su questo piano ma ci rendiamo conto che l'abbia dovuto fare per chiudere le falle aperte dal mondo del calcio in generale e, non secondariamente, dall'improvvido fratellino. Il risultato? Eccellente! Firenze si è ricompattata e adesso tutti remano dalla stessa parte. Per questo e molto altro lo applaudiamo, con la speranza che sia l'ultima volta che accade perchè un personaggio dello spessore di Diego della Valle non ha bisogno delle parole (nuove o vecchie non fa differenza) per emergere, per farsi rispettare. Lui ha la forza delle idee. Tutto il resto, come cantava qualcuno...è noia.